Monza

«La mia odissea dopo la caduta»

Tre operazioni e dieci giorni di ricovero per la 77enne Mariella Fumagalli

«La mia odissea dopo la caduta»
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Tre operazioni, dieci giorni di ricovero, cicli di antibiotico che perdurano tuttora, senza scordare la riabilitazione che si preannuncia piuttosto lunga e complicata.

«La mia odissea dopo la caduta»

Il tutto per una caduta dal marciapiede che, almeno inizialmente, sembrava non avesse avuto conseguenze particolarmente preoccupanti. Se non fosse che poi la ferita riportata, nonostante la celere medicazione, si è gravemente infettata, tanto da necessitare l’intervento di un’équipe di chirurghi del Niguarda.

I fatti in via Raiberti

E’ una vera odissea quella che sta vivendo ancora adesso Mariella Fumagalli, 77enne di Monza. I fatti si sono verificati lunedì 22 luglio.
«Erano circa le 10 e, insieme a mio marito, stavo percorrendo a piedi via Raiberti - ha ricostruito Fumagalli, mostrando anche carte e referti che, di lì a poco, ospedali e medici le avrebbero rilasciato - Eravamo sul marciapiede uno accanto all’altra, quando, a causa della presenza di un elemento di segnaletica stradale verticale posizionato in via provvisoria, ma di fatto ormai lì da mesi, mi sono vista costretta a deviare il percorso, scendendo dal marciapiede stesso».

La ferita sul gomito

E proprio mentre stava compiendo quest’azione, è caduta. «Ho sbattuto il gomito sulla strada, proprio in un punto particolarmente sporco - ha sottolineato - Per terra c’era un manto spesso di foglie, rifiuti e chissà cos’altro ancora».
Una caduta piuttosto brusca «e dolorosa, nella quale ho riportato una ferita, apertasi sul gomito sinistro».
Fumagalli, a quel punto, aiutata dal marito, si è fatta disinfettare. In quel momento sembrava che, con la medicazione, la situazione fosse sotto controllo, tanto che, nonostante un certo dolore, ha proseguito con le attività che aveva in programma. «Continuavo ad avvertire un dolore accentuato, ma ritenevo fosse una normale conseguenza dell’urto con l’asfalto - ha spiegato ancora Fumagalli - Il giovedì, però, la situazione si è fatta critica. Il braccio ha cominciato a gonfiarsi in maniera preoccupante».

La visita al Niguarda

Dopo qualche giorno, vedendo che la situazione non migliorava, si è rivolta al suo medico di base, il dottor Giovanni Ciuffo, «che non smetterò mai di ringraziare. E’ stato lui che mi ha affidata al Niguarda, a dei professionisti - anzi...a delle professioniste, visto che si sarebbero rivelate quasi tutte donne medico - che mi hanno letteralmente salvato il braccio». La ferita si era infatti infettata (un’infezione che gli esami riveleranno poi essere stata di origine batterica), andando progressivamente a compromettere l’uso dell’intero arto che «si è gonfiato e arrossato notevolmente - ha spiegato ancora Fumagalli - A un certo punto ho davvero temuto che nessuno sarebbe riuscito a salvarmelo». Il giorno successivo al consulto, la donna si è presentata al Niguarda, presso l’ambulatorio di Chirurgia vascolare, così come consigliatole dal medico.

L'operazione e il ricovero

«Fortunatamente ho incontrato professionisti bravissimi - ha precisato - Non appena mi hanno visto il braccio mi hanno subito mandata al pronto soccorso, dove tutti sono stati efficientissimi. Mi avrebbero ricoverata subito se non fosse che, proprio in quel momento, era sopraggiunta un’emergenza che avrebbe necessitato della presenza di molti chirurghi. Così mi hanno fatto scegliere se rimanere e pazientare, o se tornare l’indomani, cosa che ho preferito fare».
Tornata a Milano il giorno successivo, Fumagalli è stata sottoposta ad altri esami e visite prima di essere portata in sala operatoria. «Sono entrata alle 21 di venerdì 2 agosto - ha ricordato - L’intervento è durato due ore. Poi mi hanno operata nuovamente il 4 e il 6 agosto».
Dopo tre interventi, e con una terapia antibiotica che continua tuttora, la situazione del braccio ha cominciato a migliorare. «Sono stata dimessa il 10 agosto e nel decorso mi sta aiutando il dottor Ciuffo - ha evidenziato ancora la 77enne - Un aiuto indispensabile visto che da sola non riesco a gestire bene le medicazioni del taglio chirurgico che mi hanno dovuto effettuare lungo l’intero avambraccio per eliminare l’infezione».

L'infezione alla ferita

Il decorso, ha aggiunto, «sarà lungo e dovrò presumibilmente fare anche la riabilitazione, visto che ancora adesso accuso non poche criticità nell’uso del braccio e della mano».
Ora che le sue condizioni sono in via di miglioramento, Fumagalli non può fare altro che chiedersi se la sporcizia sulla quale è caduta - e che è entrata in contatto con la ferita aperta - possa costituire la possibile causa dell’infezione.
«Dalle analisi è emerso che si è trattata di un’infezione di tipo batterico - ha concluso Fumagalli - Ovviamente non ci sono prove per dire che sia direttamente responsabile di tale conseguenza. Certo è che non si possono lasciare i marciapiedi e le strade in queste condizioni, tanto più che sono caduta proprio davanti alla scuola. Serve una maggiore attenzione nei confronti dell’igiene degli spazi pubblici».

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