L’Arcivescovo ospite in redazione: «Avete una grande responsabilità»
Mario Delpini ospite della nostra redazione. Con il direttore Sergio Nicastro ha affrontato alcuni temi di principale importanza: dal ruolo del giornalismo e dell’informazione alla necessità di rilanciare gli oratori, fino a un appello ai sindaci che hanno partecipato all’incontro
Un richiamo alla responsabilità. Perché se la Chiesa non è solo la comunità religiosa ma si identifica con tutti i battezzati, allora il suo ruolo profetico si concretizza nell’impegno di ogni cristiano, là dove si trova ad operare. Chiamato a proclamare il Vangelo attraverso comportamenti praticabili: un sindaco che guarda a uno sviluppo urbanistico solidale; un imprenditore che investe il guadagno nella crescita dei dipendenti; un ricco che vede nei suoi beni non un privilegio, ma una missione. Un passo dopo l’altro, giorno dopo giorno, nella convinzione che il segreto della guarigione del mondo stia «nel frammento, non nella soluzione generale».
L’Arcivescovo Delpini ospite in redazione
Potente nonostante la mitezza del tono, acutissimo, pragmatico: chi giovedì pomeriggio ha ascoltato l’intervento di monsignor Mario Delpini, è tornata a casa arricchito. L’occasione è stata offerta dalla tavola rotonda organizzata dai cinque settimanali dell’asse Monza e Brianza del gruppo editoriale Netweek nella redazione del Giornale di Monza, la terza dopo quelle dedicate all’emergenza siccità e al disagio giovanile.
Accolto dall’amministratore delegato di Netweek Alessio Laurenzano e intervistato dal direttore Sergio Nicastro, l’Arcivescovo di Milano ha parlato a una platea composta da monsignor Silvano Provasi, arciprete del Duomo di Monza, da don Simone Riva e da diversi sindaci del territorio (Paolo Pilotto di Monza, Alberto Rossi di Seregno, Mauro Capitanio di Concorezzo, Marco Troiano di Brugherio, Marco Beretta di Correzzana e con Luca Santambrogio nella doppia veste di primo cittadino di Meda e presidente della Provincia MB), questi ultimi principali destinatari del suo tradizionale discorso alla città di Milano pronunciato il 6 dicembre in occasione della festa patronale di Sant'Ambrogio.
Il monito dell’Arcivescovo ai sindaci: «Favorite uno sviluppo urbanistico orientato al benessere dei cittadini»
Delpini ha espresso stima e rispetto nei confronti degli amministratori locali, riconoscendone il lodevole impegno rivolto alla cura «dell’insieme della società». Una società tanto complessa, però, da impedire l’eliminazione della marginalità. Un esempio concreto l’Arcivescovo l’ha trovato nello sviluppo urbanistico, proprio di Milano, ma paragonabile a quello di altre città, Monza in testa. Riqualificazioni di intere aree che accrescono la qualità dei complessi abitativi e con questa, giocoforza, i prezzi, tanto da costringere i «vecchi» residenti meno abbienti a traslocare. Tanto da rendere estrema mente difficoltosa la ricerca di un’abitazione a studenti, giovani coppie, famiglie a basso reddito. Quale soluzione?
I sindaci possono non avere le risorse necessarie per una svolta decisiva, affidata al Governo, le hanno invece per «incoraggiare la soluzione del problema». «Credo che i Comuni dovrebbero favorire forme di sviluppo orientate non al profitto ma al benessere dei cittadini». Sul modello dello cooperative edilizie.
Delpini si è soffermato poi sulle «straordinarie forme di solidarietà» facilmente riscontrabili nel nostro territorio: sempre presenti, preziose, anche se talvolta offuscate «dall’organizzazione del benessere economico», da forme di «cattiveria, suscettibilità, egoismo», dall’egoismo di chi vive con la paura di perdere la propria condizione di privilegio. Due pesi contrapposti sulla bilancia che non rendono il mondo di oggi peggiore di quello del passato, nonostante sempre più spesso ci si soffermi solo su quanto di negativo c’è, dimenticando che «è la speranza a farci andare avanti». Ecco allora il rischio da evitare: «La nostra società andrà a sparire se non trova una ragione per vivere».
Una prima pagina speciale in segno di sincera gratitudine
«Se sbaglio, voglio farlo per troppa bontà, piuttosto che per troppo rigore». E’ la celebre frase di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, riportata sulla targa che il gruppo editoriale Netweek, per mano dell’ad Alessio Laurenzano e del direttore Sergio Nicastro, ha voluto donare a monsignor Mario Delpini. Segno di gratitudine per il tempo offerto a giornalisti e amministratori locali giovedì pomeriggio. Insieme a un secondo regalo: una prima pagina speciale dedicata all’Arcivescovo di Milano, alla sua presenza sul territorio e al suo costante sguardo all’altro, impressa su una lastra di alluminio, primo supporto dal quale nasce un giornale.
«I ragazzi avranno voglia di crescere se gli adulti sono così scontenti di sé?»
«I ragazzi avranno voglia di diventare adulti se gli adulti sono così scontenti di sé? Se genitori, insegnanti, educatori, sacerdoti dicono solo male del nostro mondo? Se sono costantemente arrabbiati, tristi, nervosi?».
Un interrogativo, quello di monsignor Mario Delpini, capace di richiamare chi ha la responsabilità educativa dei più giovani ad una riflessione seria ed insieme dolorosa, riconoscendosi nella triste immagine di una generazione che - ha detto senza fronzoli il porporato - «mette poca voglia di crescere».
«Vedo genitori inquieti, ansiosi, sinceramente desiderosi del bene per i loro figli, sebbene ignari di quale sia il bene», ha evidenziato l’Arcivescovo. La domanda da porsi è una: abbiamo qualcosa da dire a questi ragazzi o sappiamo solo ripetere che siamo preoccupati per loro? Abbiamo una proposta educativa?
Una condizione della quale risentono anche gli oratori. Nati, questi ultimi, come proposta educativa attraverso l’aggregazione e chiamati a modificarsi di pari passo con la società che cambia intorno a loro.
«Il rapporto tra i due capitoli, la proposta educativa e l’aggregazione, può essere instabile. Oggi ambedue risultano indeboliti», ha ammesso. Sbagliato però limitare la soluzione nella ricerca di persone ancora pronte a dedicare il loro tempo ai centri parrocchiali - quindi volontari, sacerdoti, educatori -; il tema importante è quello sulla «natura dell’educazione» che si offre perché «i ragazzi non sono fatti per stare in oratorio», ma per «divenire uomini e donne».
L’oratorio, ha concluso Delpini, «dal punto di vista cristiano è un aiuto per trovare la propria vocazione, per realizzare la propria vita». Una vita che non può essere quella che viene sempre più spesso proposta: «difficile, complicata e deprimente».
«La stampa dovrebbe aiutare a riflettere»
Sebbene abbia ripetuto a più riprese di «non aver nulla da insegnare», monsignor Delpini ha impartito una lezione preziosa sul ruolo della stampa nella società. Racchiusa nell’incipit del suo intervento: i mezzi d’informazione dovrebbero «aiutare a riflettere». Stella polare per ciascun giornalista la responsabilità da non sacrificare sull’altare dello share, delle vendite, delle condivisioni.
L’Arcivescovo è sceso nel dettaglio, soffermandosi sul ruolo chiave del titolo, al quale la gran parte dei lettori si limita. Uno «strumento finalizzato ad attirare l’attenzione agendo sull’emotività», da scrivere «domandandosi quale tipo di immagine del mondo si vuole trasmettere». E poi l’articolo, «luogo in cui la cronaca dell’evento diviene fatto umano». La voce pacata non ha indebolito la potenza del messaggio: «Il giornalista dovrebbe domandarsi quale effetto intende ottenere con la sua comunicazione». Perché «non racconta mai tutto quello che è successo, sceglie ciò che merita di essere riportato: ogni notizia è frutto di una selezione», selezione nella quale «si gioca la moralità, il servizio che si rende a una visione giusta della vita». Insomma, non si scappa, «cosa e come comunica è responsabilità del giornalista». Che ha un ruolo chiave anche nelle paure che attanagliano i cuori.
«La paura è un sentimento in parte sano - ha chiarito Delpini - L’insidia sta nella paura artificiosa, costruita anche dal sistema di comunicazione che talvolta enfatizza alcune problematiche, non so quanto realistiche. Una tendenza al clamoroso, allo scandaloso che oscura la realtà». L’esempio offerto è stato quello dello straniero dipinto come minaccia, del quale si ha quindi paura. Una paura cattiva, artificiosa, destinata a sgretolarsi nell’incontro diretto con l’altro che è semplicemente come noi, con i nostri stessi peccati e santità.
«Non togliamo la speranza»
Giovedì pomeriggio ha raggiunto la redazione del Giornale di Monza in sella alla sua bicicletta. Con la stessa semplicità monsignor Silvano Provasi, arciprete di Monza, ha chiesto ai presenti di chiamarlo «don Silvano» per poi sedersi tra il pubblico con il quale, terminato l’intervento dell’Arcivescovo, ha condiviso una riflessione nata dal tempo trascorso portando la Parola del Signore nelle case dei monzesi.
«La solitudine è in aumento, soprattutto tra gli anziani», ha detto. Per chi vive senza nessuno di caro accanto, sarebbe importante poter contare almeno sui dirimpettai: perché allora non tentare di ricreare nei condomini lo stesso clima di condivisione che aleggiava nei cortili di una volta? Tutt’altro che un nostalgico sguardo al passato quello di don Silvano, piuttosto una proposta di riflessione concreta per chi disegnerà le città del futuro. Anche il sindaco di Seregno Alberto Rossi ha puntato i riflettori sulla solitudine. Una povertà d’affetti che intacca tutte le fasce d’età: difficile da intercettare per un amministratore pubblico, che urge di essere risolta ancora prima della povertà economica.
L’omologo di Monza Paolo Pilotto ha infine portato la sua esperienza da insegnante e da amministratore.
«Quando ci assegnano una responsabilità nei confronti dei cittadini, credo che il primo compito che abbiamo è quello di non togliere loro la possibilità della speranza». Che non vuol dire «che possiamo offrire tutto, perché non possiamo offrire tutto, ma non dobbiamo metterci in quella condizione per cui è solo il negativo, solo il senso di impotenza che prevale».
Ci sono scelte che i Comuni possono compiere, ha proseguito Pilotto, altre che competono a enti superiori. Tra le prime rientrano quelle sul tema della casa caro a Delpini: «riqualificare un territorio anche rinunciando ad alcuni valori economici» non è un’utopia.