L'inferno delle carceri: avvocati, politici e associazioni scendono in piazza
La mobilitazione questa mattina sotto l'Arengario

Una mobilitazione sotto i portici dell’Arengario di Monza per denunciare la situazione insostenibile delle carceri. Si è tenuta nella mattinata di oggi, giovedì, promossa dalle Camere Penali di Monza insieme a quelle di Busto Arsizio, Como-Lecco, Milano, Pavia, Sondrio e Varese. Ad ispirarla l'intervento della direttrice della casa circondariale di Monza Cosima Buccoliero nella seduta straordinaria del Consiglio comunale cittadino dello scorso giugno.
La denuncia
"R-estate in cella: il tema caldo del carcere", il titolo della manifestazione che ha visto protagonisti i presidenti delle Camere penali promotrici, colleghi avvocati, associazioni ed esponenti politici. Uniti a chi in cella c'è stato, per denunciare insieme "qualcosa che per noi è profondamente sbagliato", come detto in apertura della mattinata da Marco Negrini, presidente della Camera Penale di Monza.
Vale a dire le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i detenuti: dentro il carcere e poi anche una volta fuori. E insieme per accendere i riflettori su una realtà drammatica e trascurata perché "solo conoscendo si può capire", ha sottolineato il presidente della Camera Penale di Milano Federico Papa parafrasando Piero Calamandrei. Un dato su tutti per capire il dramma: nei penitenziari italiani si registra in media un suicidio ogni cinque giorni.
909 giorni in carcere da innocente
Condizioni disumane che ha ben descritto Marco Sorbara. Ex consigliere regionale in Valle d’Aosta, nel gennaio nel 2019 fu arrestato, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. 909 giorni di custodia cautelare in carcere "da innocente" secondo quanto poi provato dalla sentenza di assoluzione, che gli hanno cambiato la vita per sempre.
"Ho trascorso 45 giorni in isolamento, una condizione che nessuno dovrebbe mai sperimentare. La mia cella era una minuscola stanza di quattro passi per due, priva di televisione, radio, senza doccia e senza acqua calda. Un letto in ferro cementato per terra».
Riprodotta fedelmente e montata anche questa mattina all'ombra dell'Arengario.
Dignità e umanità vanno garantite
Due i concetti cardine della manifestazione. Primo il carcere priva della libertà chi ci finisce - da colpevole ma purtroppo tante volte anche da innocente - ma deve garantire la dignità e l'umanità del detenuto. Un dovere negato oggi: un tradimento a quelli che sono i principi del diritto penale secondo Nicola Mazzacuva, presidente del Consiglio delle Camere penali nazionale. Secondo: il carcere deve rieducare. Un servizio che va a giovamento dell'intera società, anche di chi inneggia "al carcere duro", al "rinchiudiamo e buttiamo via la chiave". Perché il 70 per cento dei detenuti che una volta usciti tornano a delinquere sono un peso, un pericolo per tutti. Ecco allora la necessità di interventi mirati durante la detenzione e dopo, con il diritto al lavoro che diviene base per un efficace reinserimento che superi lo stigma sociale.
L'impegno della politica
E la politica? " Se ne frega", ha detto caustico Marco Sorbara. Anche se i politici - bipartisan - presenti hanno dimostrato il contrario. Dalla consigliera regionale di Fratelli d'Italia Alessia Villa, presidente della Commissione carceri del Pirellone, alla collega dem Roberta Vallacchi, a diversi esponenti del Consiglio comunale e della Giunta monzese (a partire dall'assessore a Welfare e Salute Egidio Riva) passando per il Garante dei detenuti Roberto Rampi, è stato unanime l'impegno per un'azione concreta verso la risoluzione di quella che erroneamente viene definita "emergenza" carceri perché in realtà, ha sottolineato Villa, "è una situazione cronica che, come per un paziente, necessita di essere presa in carico".