Monza

Lo straordinario viaggio in Ucraina per salvare 44 profughi

E’ un’esperienza che ha definito «fra le più forti» della sua vita quella vissuta dal giornalista e speaker radiofonico monzese Carlo Mondonico, partito per una missione umanitaria.

Lo straordinario viaggio in Ucraina per salvare 44 profughi
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Più di tre tonnellate di generi di prima necessità consegnati ai resistenti ucraini. E ancora 44 profughi tratti in salvo e portati in Italia. Il tutto raccontato via radio ai suoi ascoltatori.

Lo straordinario viaggio in Ucraina per salvare 44 profughi

E’ un’esperienza che ha definito «fra le più forti» della sua vita quella vissuta dal giornalista e speaker radiofonico monzese Carlo Mondonico, partito martedì scorso per una missione umanitaria in Ucraina insieme ai volontari delle associazioni Children in Crisis e Maidan, ai volontari dei Vigili del Fuoco di Milano e alla Croce RosaCeleste di Milano con l’obiettivo di aiutare la popolazione locale.
«Il convoglio era costituito di un furgone, di una Jeep, di un pullman e di due altri furgoni ambulanze che abbiamo caricato con tutto il necessario - ha spiegato il giornalista - Non solo cibo, acqua, vestiti e pannolini e alimenti per animali. Ma anche le medicine, indispensabili per riuscire a curare i feriti che altrimenti (con gli ospedali ormai distrutti) finirebbero per morire, e ancora 300 sacche per le salme. Con gli obitori ormai al collasso, infatti, anche sistemare i morti in Ucraina è diventato un problema».

Accompagnato dal collega e amico Filippo Jarach e da Lesia Kozac, ucraina di stanza in Italia da molti anni che ha funto da interprete, Mondonico e gli altri volontari sono giunti a Medika, città di confine tra Polonia e Ucraina, vicino a Leopoli. Ma la consegna degli aiuti, oltre tre tonnellate di prodotti, ai resistenti, è stata solo la prima parte del suo viaggio.

"Gente che ha perso tutto, gente senza più nulla"

«Di lì abbiamo raggiunto il centro di accoglienza dove si radunano i profughi in fuga dalla guerra - ha continuato - E davvero in quel momento ho scoperto un mondo altro. Di fatto altri non è che un centro commerciale completamente svuotato. All’interno dei negozi, dove ancora capeggiano le insegne, la trafila di brandine e coperte. Ho visto arrivare centinaia di donne, bambini e anziani, molti dei quali con solo un sacchetto della spesa in mano con dentro appena poche cose. Ricordo in particolare di una donna che con la stessa disinvoltura di chi si trova a casa propria era intenta a cambiare il pannolino al suo bambino e farlo giocare. Mi ha colpito molto. Pareva cercare di aggrapparsi a una normalità laddove non c’era».

Gente che ha perso tutto, gente senza più nulla. Con lo sguardo mesto e il silenzio sulle labbra  ma che pure ha saputo raccontare al giornalista monzese la verità sulla quotidianità della guerra, dura e commovente al tempo stesso, più di ogni altra forma di comunicazione. Una realtà che per dovere di cronaca il giornalista ha poi raccontato in diretta ai suoi ascoltatori alla radio con collegamenti a ripetizione. Fino all’ultimo importante tassello che ha caratterizzato lo straordinario viaggio. «L’unico volere di quegli sfollati è cercare di lasciare quanto prima e il centro e provare a espatriare per sfuggire all’orrore. Ragione per la quale, una vota terminata l’operazione, ci siamo attivati per intercettare il maggior numero di persone e portarle in Italia».

"Una delle esperienze più forti"

A salire sul convoglio umanitario 44 persone, per inciso 22 donne, 23 bambini, e un anziano. Che una volta arrivati a Milano sono stati affidati per la maggiore al Comune di Milano. «La notte prima di partire ho dormito con loro e sono davvero felice di averli accompagnati nel nostro Paese - ha terminato Mondonico - Se dovessi fare un bilancio dell’esperienza non potrei che concludere definendola illuminante. Una delle più forti della mia vita. Ma certamente formativa. Ho potuto ammirare l’orgoglio del popolo ucraino esemplificato nello sguardo delle donne arruolate. Con i capelli sistemati e il volto pulito. Come le nostre sorelle, vicine di casa, amiche e fidanzate. Ma con la mimetica addosso e il kalashnikov in mano pronto a sparare. E ancora l’impegno indefesso dei Carabinieri italiani nel centro di accoglienza insieme a quello di decine di coraggiosi volontari. Sono immagini che non dimenticherò mai e che si susseguono nella mia mente insieme alle emozioni. Trasferendole agli altri spero di contribuire a far capire quanto ancora sia importante dare una mano al popolo ucraino».

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