Monza

Nata due volte da una pancia e un cuore: «Ho capito cosa voleva dire essere adottata»

La storia della monzese Simona Rivellini, che ha «perso» e ritrovato i genitori biologici

Nata due volte da una pancia e un cuore: «Ho capito cosa voleva dire essere adottata»
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«Ognuno nella propria vita vive un abbandono. C’è chi si trova ad affrontarlo presto: da neonato. E’ quello che è capitato a me. Ma sono stata fortunata, perché una famiglia mi è stata data. L’adozione per me è un “più” non un meno». Sono le parole di Simona Rivellini, 22enne monzese, laureata in Graphic Design, abbandonata alla nascita in ospedale e adottata a un mese di vita.

Nata due volte da una pancia e un cuore: «Ho capito cosa voleva dire essere adottata»

I suoi occhi vispi e la sua voce argentina trasmettono gioia e positività mentre racconta della sua adozione: un tema per qualcuno duro da affrontare, per altri un tabù.

«Parlare di adozione è difficile perché sembra risvegliare un dolore, la si collega a qualcosa di negativo – ha detto Simona – Io voglio dare uno sguardo diverso: vorrei sdoganare l’idea che chi è adottato è una vittima. Gli è stata concessa una nuova vita e una nuova opportunità. Non è così scontato essere adottati».

A un mese di vita, Simona ha incontrato i suoi genitori adottivi, trovando il loro immenso amore e da quel giorno non è stata più sola. Con loro è cresciuta, diventando una giovane donna, che ha raggiunto il traguardo di una laurea, e che si sta facendo largo nel mondo.

«Per me loro sono la mia mamma e il mio papà. Non ho un ricordo di quando ho scoperto di essere stata adottata», ha spiegato. Con molto tatto e sensibilità i genitori adottivi hanno voluto approcciare Simona alla verità sin da quando era una bambina. «Quando ero piccola mi leggevano una storia di adozione che avevano scritto, dove una bambina cercava i genitori e due genitori erano alla ricerca di una bambina – ha spiegato la 22enne – E’ capitato anche che facessi qualche domanda pungente e la loro risposta era che io ero “nata 2 volte: non solo da una pancia ma anche da un cuore”».

I dolori psicosomatici

E’ durante gli anni dell’adolescenza che Simona ha dovuto cominciare ad affrontare il fattore «adozione», che si è manifestato anche attraverso dei disturbi fisici. E’ stata colta da dolori allo stomaco che si sono protratti per un lungo periodo senza una motivazione per cui deve ricorrere alle cure in ospedale. Dopo diversi tentativi di diagnosi si è scoperto che erano di origine psicosomatica, legati all’adozione.

«Il mal di stomaco è stato un campanello di allarme. Io ho sempre vissuto la mia adozione con una serenità e una gratitudine immensa nei confronti dei miei genitori. Solo che io non avevo mai considerato l’aspetto dell’abbandono, cioè la parte prima dell’adozione – ha detto Simona – Ho iniziato ad affrontare l’aspetto “abbandono” mentre in quegli anni ero diventata volontaria di Italia Adozione e anche il mal di stomaco se ne è andato».

Ha ritrovato i genitori biologici

Nel 2020, nella vita di Simona è capitato un evento inaspettato: ha ritrovato i genitori biologici. E’ successo che la sua mamma adottiva si è imbattuta in un annuncio online della madre biologica che stava cercando Simona. «Ci siamo incontrati con tanta curiosità ed emozione. Siamo sempre in contatto soprattutto con la sorella che ho scoperto di avere –  ha spiegato – Al momento non ho una risposta per quella decisione che li ha portati ad abbandonarmi. Ma sono consapevole che sono percorsi lunghi da fare».

C’è chi riesce a ritrovare o incontrare i genitori biologici e chi invece è alla ricerca, o chi prosegue dritto per la sua vita.

«Dietro ogni abbandono e ogni adozione ci sono tanti perché. Il messaggio che vorrei far passare è che un adottato per risolvere i problemi e per essere se stesso non deve ricercare necessariamente le sue origini, ma piuttosto lavorare su stesso – ha concluso Simona – Il mio sogno è quello di dare vita a un’associazione mirata proprio alle persone adottate, oltre che per fare rete, per realizzare un percorso costruito e mirato per dare un supporto, ma soprattutto per trasmettere l’importanza e la bellezza dell’adozione».

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