Negozi che chiudono, altri che aprono: il turn over fa bene al commercio?
Per l'assessore al Commercio Abbà è sinonimo di vitalità, per il presidente di Confcommercio Riga non sempre lo è
Luci spente, saracinesche abbassate e, talvolta, pure un messaggio di affettuoso saluto ai clienti affisso alla vetrina ormai vuota. Camminando per le vie del centro non si può non notare la presenza di un certo numero di negozi sfitti. E questo interessa alcune strade del centro di Monza piuttosto che altre.
Negozi che chiudono, altri che aprono
Se infatti via Carlo Alberto sembra godere di ottima salute, via Vittorio Emanuele, negli ultimi tempi, sembra invece perdere terreno con la cessazione di una serie di attività. Ad esempio ha chiuso dopo 19 anni il punto vendita Benetton Undercolors che si trovava all’angolo con piazza Garibaldi e che vendeva intimo e pigiami, così come si sono spente le luci del negozio di abbigliamento Soldout Disctrict e quelle del fast food Roll Eat. Anche Original Marines sta svuotando il magazzino «per chiusura attività», come si evince dall’annuncio apparso sulla vetrina. In via Mantegazza (una strada nel complesso sicuramente vivace dal punto di vista commerciale) si sta registrando una cessazione, quella della storica Orologeria Balì.
I dati della Camera di Commercio
Eppure i dati della Camera di Commercio mostrano un quadro che nel complesso appare vivace. Se nel 2021 nel registro erano indicate 11.176 imprese (di ogni tipologia) attive sul territorio, queste nel 2022 sono diventate 14.246, per passare a 14.324 nel 2023. Le imprese artigiane attive negli ultimi tre anni sono 300. Le attività all’ingrosso e al dettaglio erano 2.567 nel 2021, 3.470 nel 2022 e 3.363 lo scorso anno. Medesimo trend per le attività di alloggio e ristorazione che erano 678 nel 2021, 1.035 nel 2022 e 1.041 nel 2023. Come si spiega, dunque, la presenza di negozi vuoti, con i numeri in crescita delle imprese attive?
L'assessore Carlo Abbà sul turn over
«Stiamo assistendo a un importante turn over che sta interessando soprattutto il centro città - ha osservato l’assessore al Commercio e al turismo Carlo Abbà - E sono diversi i motivi alla base di questo cambio, talvolta molto rapido, di presenze. Il mondo del lavoro sta diventando sempre più complesso ed è difficile stare al passo col mercato. Ci sono poi le mode passeggere che portano alla celere apertura e alla altrettanto repentina chiusura di attività nel momento in cui quella moda passa. Penso ad esempio alle attività legate alla vendita di sigarette elettroniche o a quelle che si occupano di manicure».
"C'è anche chi apre"
Anche non riuscire stare al passo coi tempi e con i gusti dei consumatori può penalizzare. «Feltrinelli aveva deciso di chiudere lo store di via Italia perché lo spazio non si prestava a diventare Red, il fortunato format che unisce la vendita di libri alla presenza di ristoranti, bar o bistrot», ha evidenziato l’assessore. Al suo posto, dopo la breve parentesi del negozio di elettronica, ha recentemente aperto una filiale Upim, «che è gestita dal colosso Ovs, già presente a Monza in piazza Centemero e Paleari. In pratica ha raddoppiato la sua presenza su Monza, fattore importantissimo perché se i vertici hanno deciso di rafforzare la presenza in città è perché gli studi di mercato hanno dato risposte positive»
"Fino a qualche decennio fa era più semplice"
Non tutti hanno ovviamente la possibilità di effettuare studi di mercato prima di avviare un’attività. «Resta il fatto che c’è sempre più consapevolezza che si debba avere alle spalle una grande professionalità - ha aggiunto l’assessore Abbà - Fino a venti, trent’anni fa era tutto più semplice e infatti la presenza dei negozi era più stabile. Ora il mondo è cambiato drasticamente, ci sono le grandi catene che fanno concorrenza ai negozi storici, ma anche in questo caso non è detto che poi il trend non si inverta. Fino a pochi anni fa si pensava che i centri commerciali avrebbero tagliato definitivamente fuori i negozi dei centri storici e per Monza, fortunatamente non è stato così. Anzi, ora sono proprio i centri commerciali a essere in difficoltà». La liberalizzazione delle licenze ha poi fatto il resto. «Fino anche solo all’inizio degli anni Duemila per avviare un esercizio pubblico si doveva prima passare da una commissione comunale ad hoc e, non lo si dimentichi, non si potevano aprire due negozi della stessa tipologia uno accanto all’altro. Ora c’è invece la massima libertà».
Il numero delle atività
Il commercio online ha sì inciso, ma non nella misura in cui si temeva inizialmente. «Non si può giudicare il commercio con lo stesso sguardo di vent’anni fa - ha spiegato ancora l’assessore Abbà - Adesso è tutto molto più veloce, frenetico. E quando chiude un negozio ci vuole anche il tempo “fisiologico” per fare entrare il successivo. In molti casi ci sono le ristrutturazioni da fare. Penso al celebre ristorante alle Arcate che aveva chiuso qualche anno fa, al cui posto c’è ora un altro ristorante». Una vivacità che, spiega l’assessore, può essere desunta anche dai dati relativi al rapporto aperture e cessazioni, forniti dagli uffici comunali di competenza. «Nel 2021 si sono registrate 304 aperture a fronte di 217 cessazioni, nel 2022, passato il picco della crisi legata alla pandemia, le aperture sono state 777 a fronte di 383 cessazioni e nel 2023 gli avvii di attività sono stati ben 843, mentre le chiusure sono state 401».
Affitti alle stelle
Tenere aperto un negozio in pieno centro non è semplice anche per via dei prezzi. «Nelle zone centrali come Carlo Alberto o via Italia l’affitto può arrivare anche a mille euro al metro quadro. Insomma, anche un negozio di venti metri quadri può costare fino a 25mila euro all’anno, sono costi notevoli».
Il commento di Confcommercio
Se da un lato il turn over delle attività rappresenta un fatto positivo «soprattutto per l’immagine della città», dall’altro «non è certo indice di buona salute per il commercio».
A spiegarlo è il presidente di Confcommercio Monza Domenico Riga che, nell’analizzare il fenomeno che sta interessando il centro, ha voluto mettere in luce entrambi i lati della medaglia.
«E’ vero che vedere le luci accese nei negozi, con nuove attività che arrivano, giova all’immagine di Monza - ha ribadito - Ma, contestualmente, è altrettanto vero che un avvicendamento repentino di attività significa anche che qualcuno chiude. E che lo fa pure in fretta. Purtroppo stiamo assistendo sempre più di frequente a chiusure di attività a pochi anni dal loro avvio. Parlo di due, tre anni. Non è facile farcela. E chiudere per una famiglia significa vedere svanire un investimento ingente. Per molte persone avviare un’attività coincide con la decisione di investire i risparmi di una vita, oppure i soldi del Tfr. E chiudere, di conseguenza, significa non solo mancati introiti, ma anche la perdita dell’investimento iniziale. Spesso le aspettative da parte di chi apre negozi sono alte, ma poi si scontrano col mercato che non è certo buono con tutti. Se non si riesce a crearsi uno zoccolo duro di clienti non è facile riuscire a tenere aperto».