Non è un lavoro per soli uomini
La storia di Jessica Pozzoni, 35 anni, una delle primissime operatrici funebri assunta da un’agenzia della Brianza
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Un grande sogno che si realizza e una vocazione che diventa professione. Ma anche un tabù, l’ennesimo, che si rompe sotto i colpi della dedizione e della perseveranza.
Non è un lavoro per soli uomini
E’ la storia di Jessica Pozzoni, 35 anni di Carnate, che da qualche mese è diventata ufficialmente la prima (se non l’unica al momento) operatrice funebre della Brianza assunta da un’impresa. Un’esperienza molto particolare in un settore che, nell’intendere comune, pare essere esclusiva degli uomini e sicuramente non adatto alle donne. Figuriamoci per una ragazza. Eppure Jessica ha cullato questo desiderio per molti anni, senza arrendersi di fronte a pregiudizi e stereotipi, puntando unicamente sulla propria forza di volontà.
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«Ho sempre considerato molto importante accompagnare le persone nell’ultimo viaggio - racconta lei - Quando viene a mancare una persona, le “attenzioni” si rivolgono ovviamente al defunto, ma si tende a trascurare i familiari o le persone a lui care che vivono un momento di grande dolore. Si tratta di una situazione molto delicata, nella quale tutti abbiamo bisogno di aiuto e sostegno per affrontarla. Ecco, a me ha sempre colpito questo aspetto anche per via di alcuni lutti personali. Motivo per cui ho iniziato a mostrare interesse verso questa professione».
Ma, si sa, la vita è ciò che ci accade mentre facciamo altri progetti. Per cui Jessica è costretta a tenere il proprio sogno in pausa per qualche tempo. Lo scorso anno, però, il cassetto le si apre. E quel desiderio inizia a diventare un vero progetto di vita.
«Ho cominciato a frequentare alcuni corsi che insegnassero a prendersi cura delle persone che non sono più tra noi fisicamente: su venti partecipanti eravamo solo due donne, però vedere che c’era anche un’altra ragazza che aveva la mia stessa determinazione mi ha motivato ancora di più - prosegue - Sapevo però che la mia formazione non era finita lì, perché in realtà il mio grande obiettivo era quello di lavorare in questo mondo a 360 gradi. Quindi ho iniziato a mandare moltissimi curriculum, ma in diversi casi mi sono sentita dire che l’essere una donna poteva essere un ostacolo. Io però non mi sono arresa e ho tirato dritta per la mia strada fino a che non si è aperta la porta giusta».
La titolare "In lei ho visto la passione che in altre persone non c'era"
Quella dell’agenzia funebre «Carnio» di Casatenovo, che per prima ha deciso di puntare su Jessica. Una scommessa? Non secondo Maristella Carnio, la titolare. Sì, anche lei una donna, che di pregiudizi ne aveva già sepolti parecchi: «Per certi versi siamo una realtà a trazione femminile, ma personalmente non ho mai guardato al genere di una persona in fase di colloquio - spiega - Io stessa ho sempre lavorato con mio papà e mio fratello in questo campo, quindi non l’ho mai considerato un mestiere per soli uomini. Ho scelto di assumere Jessica non perché donna, ma semplicemente perché mi ha dimostrato di avere quella passione e quella volontà che in altre persone non avevo visto. Mi è piaciuto il suo approccio fin da subito e alla fine ho deciso di prenderla con noi».
E qui Jessica si sente subito a casa, trova un ambiente stimolante che investe su di lei attraverso la formazione. E che, alla fine del percorso, le permette di indossare quella divisa tanto sognata.
«Hanno creduto in me quando nessuno lo aveva fatto finora e di questo non posso che essere loro grata - aggiunge Jessica - Personalmente ho scelto di provare a mettermi in gioco in questo settore per stare vicina alle famiglie, ho sempre sentito di poter dare qualcosa a chi rimane. Spesso non si pensa ai dolenti, a quanto un lutto possa lasciare: invece per me è stato uno dei primi pensieri, ma chi pensa a loro nel momento del dolore? Nella mia famiglia abbiamo subito un lutto importante e ho ben presente cosa si provi in quei giorni, tra organizzazione, pensieri, domande. Mettendomi nei panni dei dolenti è iniziato di fatto il mio percorso. Oltre al fatto che l’immagine che noi diamo al defunto è l’ultima che un figlio, un nipote, un amico, vedrà della persona amata. In questi primi mesi di lavoro ho colto qualche sguardo sorpreso nelle persone nel vedere una donna entrare nelle loro case come operatrice funebre. Però sono certa che il “tocco femminile” anche in questi casi sia importante, soprattutto per una donna che perde un proprio caro e che magari cerca il conforto, o anche solo un consiglio, in un’altra donna».
Un sogno, dicevamo, ma anche un insegnamento.
«Ho trovato tante porte chiuse prima di arrivare qui, persone che vedevano il mio essere donna come un problema - conclude Jessica - Ora però mi sento davvero realizzata. E spero che anche tante altre donne possano entrare in questo mondo se lo desiderano. Durante i corsi ho potuto vedere che le cose stanno cambiando e che qualche altra ragazza sta intraprendendo la mia stessa strada. Mi auguro davvero che la mia storia, nel suo piccolo, possa essere un esempio per tante altre. E che un domani la presenza di una “necrofora” non faccia più scalpore».