Bovisio Masciago

Pietra d'inciampo per ricordare Antonio Moi, un galantuomo

Questa mattina, giovedì, con le autorità cittadine, l'Anpi e gli studenti, l'omaggio al direttore della Zari che si unì alla Resistenza

Pietra d'inciampo per ricordare Antonio Moi, un galantuomo
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Pietra d'inciampo per ricordare Antonio Moi, un galantuomo. Questa mattina, giovedì, con le autorità cittadine, l'Anpi e gli studenti, l'omaggio al direttore della Zari che si unì alla Resistenza

Pietra d'inciampo per ricordare Antonio Moi, un galantuomo

"Non son tempi questi per un galantuomo di stare alla finestra a guardare". Sono parole senza tempo quelle pronunciate da Antonio Moi, partigiano  e deportato nei lager nazisti dove morì nel 1945: a lui  è stata dedicata la seconda pietra d'inciampo di Bovisio Masciago. La cerimonia questa mattina, giovedì 27 gennaio, nel cortile del Municipio alla presenza delle autorità cittadine, consiglieri comunali, Anpi, studenti e semplici cittadini.

Le parole del sindaco

Il sindaco Giovanni Sartori ha ricordato il sacrificio di Antonio Moi e degli altri cittadini che hanno pagato le barbarie con la vita. "Abbiamo l'obbligo di conoscere le nostre radici e le nostre origini, abbiamo il dovere di tramandare alle nuove generazioni. L'idea della pace  e del rispetto sono la miglior garanzia di un futuro sereno"

"Un inciampo per non cadere di nuovo"

I ragazzi di seconda della media Cairoli hanno esposto ai presenti il lavoro svolto in classe. Inizialmente gli alunni hanno contestualizzato i fatti e cercato informazioni significative sull'iniziativa, poi hanno ricostruito la biografia di Moi e realizzato il  cartello "Un inciampo per non cadere di nuovo". La parola "inciampo" in rosso sta ad indicare un inciampo visivo ed emotivo che induce a riflettere su ciò che è accaduto. Al centro del cartello una pietra d'inciampo "piccola ma dal valore potentissimo". Il filo spinato disegnato intorno alla pietra ricorda tutti i deportati. "Con questo piccolo contributo desideriamo onorare e non dimenticare tutte le vittime sterminate nei lager nazisti" hanno detto  infine gli alunni

La posa della pietra

La pietra d'inciampo per Antonio Moi è stata posata accanto a quella già a dimora dal 2020, per Ferruccio Sala. Il blocco è stato incastonato nel cortile dal nipote di Moi, Paolo Consonni: "Ringrazio tutte le persone che come mio nonno ci hanno garantito 75 anni di libertà e democrazia, l'Anpi che ricorda chi si è sacrificato e l'Amministrazione comunale per l'iniziativa"

L'omaggio dell'Anpi

"Oggi i tempi sono fortunatamente molto diversi, ma dagli uomini come Antonio Moi ci viene, se la vogliamo cogliere una severa lezione. L’Europa risorta dopo la guerra, grazie agli ideali maturati nella resistenza è enormemente diversa, migliore. Godiamo il periodo di pace più lungo mai cosciuto fino ad ora. Ma i pericoli per la nostra libertà, per la democrazia, per il nostro benessere non sono scomparsi.
Oggi mentre ricordiamo un imprenditore che seppe resistere, non possiamo non ricordare quanti di loro, nel nostro tempo, resistono alle lusinghe, alle pressioni e alle minacce della criminalità, cercando di restare galantuomini in contesti dove il prezzo di questa scelta può essere molto alto, resistono ad una concorrenza spesso molto sleale tentando di salvaguardare salute e dignità delle loro maestranze e dell’ambiente. La pietra che oggi posiamo non deve essere una nuova sepoltura per un galantuomo, ma il suo ritorno tra i concittadini, esempio per i nostri costumi e comportamenti"

Chi era Antonio Moi

Di origine sarda, Antonio Moi nacque il 26 febbraio 1902, abitava a Bovisio, in via Marangoni 12. Sposato e padre di due figli, dirigeva la Zari, storica industria che nel periodo bellico aveva convertito la produzione a cassoni per munizioni e barconi per ponti. Fu lui a coniare una frase passata alla storia: "Non son tempi questi per un galantuomo di stare alla finestra a guardare". Fu partigiano e attivo componente del Cln della Brianza occidentale. Vincenzo Pappalettera lo definì "Uomo di poche parole, animava il nostro movimento". Moi si oppose alla richiesta delle locali autorità fasciste di manodopera da inviare in Germania. Fu arrestato durante il rastrellamento del novembre 1944. Un delatore fascista infiltrato nella Brigata Mazzini riuscì a celare un ordigno in un deposito di armi che il partigiano aveva nascosto in un cascinale. L’esplosione consentì ai nazifascisti di individuare il proprietario del sito e buona parte degli altri sostenitori della Resistenza. Deportato nel campo di sterminio di Mauthausen venne poi trasferito ad Auschwitz. Stremato dalla marcia della morte, arrivò in condizioni disperate a Mauthausen dove morì il 24 marzo 1945

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