Scavi a Brugora sulle rive del Pegorino alla scoperta dell’antica fornace romana
Soprintendenza, autorità e associazioni riunite lunedì scorso nell’ex monastero per fare il punto sulle ricerche partite nel 2022

Nel 1979 il Gruppo di Ricerche Archeostoriche del Lambro (Gral) di Biassono aveva effettuato il recupero di uno scarico di fornace romana.
Scavi a Brugora sulle rive del Pegorino alla scoperta dell’antica fornace romana
Oggi, a distanza di tanti anni, si scava ancora nella località di Brugora (Besana in Brianza), alla ricerca dell’antica fornace romana risalente al primo secolo dopo Cristo.
Un intervento che sta a cuore ai besanesi e non solo. Sono diverse, infatti, le realtà che hanno partecipato alla riunione di lunedì sera della scorsa settimana, all’interno dell’ex monastero di Brugora, interessate agli scavi archeologici, iniziati nel 2022.
Presenti oltre alle autorità cittadine, anche i rappresentanti delle associazioni e dell’imprenditoria locale, e la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Milano che, periodicamente, si occupa degli scavi.
Nei pressi delle sponde del Rio Pegorino sono state scoperte due vasche comunicanti di decantazione dell’argilla, di forma rettangolare, che un tempo erano utilizzate per la produzione di argilla sigillata, che consentiva di produrre vasellame della migliore ceramica del tempo. Un’area di circa tre ettari, propizia per questo tipo di produzione, probabilmente scelta proprio per la presenza di terreno argilloso, dove era presente un insediamento artigianale romano.
Una scoperta che riporta alla mente l’intervento, nel 1979, dei ricercatori del museo di Biassono, che avevano rinvenuto una grande quantità di frammenti ceramici, probabilmente residui di una fornace del II e III secolo dopo Cristo. Nel V secolo i romani dovettero abbandonare il territorio della Brianza perché, con la caduta dell’Impero, le zone brianzole divennero territori di conquista.
«Lo scavo dell’epoca aveva interessato una piccola area coltivata a granoturco, delimitata a nord da un’altura erbosa a due terrazzamenti e a ovest dal Pegorino, il piccolo corso d’acqua che attraversa una stretta valletta boscosa - spiegano dal museo Pietro Verri di Biassono, dove sono custoditi alcuni reperti - Il torrente in certi punti ha scavato in profondità e l’azione dell’acqua ha provocato un movimento franoso che ha messo in luce numerosi frammenti ceramici di epoca romana: oltre 5mila pezzi. Un altro importante indizio di fornace sono alcuni frammenti deformati e in parte vetrificati, che testimoniano l’azione violenta del fuoco ad altissima temperatura. Il ritrovamento può essere dunque lo scarico di una fornace che sorgeva nei pressi. Forse l’anomala conformazione della piccola altura che sovrasta il campo, nella sua parte più vicina alla strada, potrebbe far pensare che quello fosse il punto esatto. Anche la tipologia delle forme, comuni nel territorio, conferma l’ipotesi della fornace locale. La ceramica è del tipo terra sigillata nord-italica datata tra il 30 dopo Cristo e la metà del II secolo. Le forme più numerose sono le patere (piatti). Sono stati ritrovati anche frammenti piccoli di ceramica comune (non verniciata). Una forma frequente è quella dell’olla (vaso a forma di pentola), impiegata per la conservazione di alimenti e per la cottura dei cibi sul fuoco. Non mancano anche alcuni olpai o brocche (vasi con un manico), utilizzate per il vino».