Scoperti fossili risalenti a 280 milioni di anni fa. Il paleontologo concorezzese Dal Sasso "Giacimento ricchissimo"
In Valtellina un intero ecosistema fossilizzato su lastre di arenaria a grana finissima, che hanno conservato dettagli inimmaginabili
Incredibile ritrovamento ora in esposizione al Museo di Storia Naturale, dove il concorezzese Cristiano Dal Sasso è a capo del team di paleontologi.
Scoperti fossili risalenti a 280 milioni di anni fa: in esposizione al Museo di Storia Naturale
La scoperta è stata fatta in Valtellina: si tratta di un giacimento ricchissimo di orme appartenenti a specie diverse che ci apre una finestra davvero unica su un tempo molto lontano.
"Un intero ecosistema fossilizzato su lastre di arenaria a grana finissima, che hanno conservato dettagli inimmaginabili" - è quanto emerso ieri mattina presso il museo delle Scienze Naturali a Milano dove sono stati presentati alcuni fossili risalenti a 280 milioni di anni fa, 50 milioni di anni prima della comparsa dei dinosauri sulla terra.
Le parole di Cristiano Del Sasso:
Scoperto "per caso" da una escursionista
La scoperta - è stato spiegato durante l'incontro - è stata casuale. Il primo reperto, rinominato “Masso 0” è stato scoperto da Claudia Steffensen, una escursionista di Lovero (SO), mentre percorreva un sentiero della Val d’Ambria, nel comune di Piateda (SO), a 1.700 metri di quota e che ha poi avvisato il fotografo naturalista Elio Della Ferrera, il quale ha poi incontrato casualmente Cristiano Dal Sasso, di Concorezzo e paleontologo dei Vertebrati presso il Museo di Storia Naturale di Milano.
Un giacimento ricchissimo di orme appartenenti a specie diverse
“Questi giacimenti erano già noti, ma questo affioramento in particolare è ricchissimo di orme appartenenti a specie diverse e quindi ci apre una finestra davvero unica su un sistema remoto che se non si fosse fossilizzato e poi portato fino a 3000 metri dalla deriva dei continenti noi non conosceremmo”, ha spiegato Dal Sasso, che ritiene che questo sia solo l’inizio: grazie infatti a sopralluoghi successivi, a partire dall’estate del 2023 Elio Della Ferrera e i ricercatori hanno mappato e fotografato centinaia di tracce fossili, che affiorano ancora in siti a quasi 3000 metri di quota sulle pareti verticali del Pizzo del Diavolo di Tenda, del Pizzo dell’Omo e del Pizzo Rondenino e negli accumuli di frana sottostanti.
Per il direttore del Parco Orobie Valtellinesi Massimo Merati:
“Le scoperte sono in continuità con quanto evidenziato alla fine del secolo scorso in Val Gerola e sul versante bergamasco: il territorio orobico si sta dimostrando un grande laboratorio a cielo aperto. Ma i ricercatori hanno bisogno di droni e altra strumentazione appropriata per mappare i fossili sulle pareti verticali, e per recuperare i reperti che rischiano di essere sepolti dalle frane ci vorrà ancora l’elicottero. Trasportare a valle anche i massi situati a quote più alte è altrimenti impossibile”.