Monza

La neo consigliera: "Io guarita dall'anoressia"

Il messaggio di speranza di Sarah Brizzolara, consigliera comunale, che si è ammalata quando aveva 12 anni.

La neo consigliera: "Io guarita dall'anoressia"
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«Mi avevano fatto credere che, perdendo peso, avrei corso più veloce. Ho finito per non avere le forze nemmeno per camminare. Eppure, per quanto possa essere difficile, guarire dall’anoressia è possibile».

«Si può guarire dall’anoressia»

Sarah Brizzolara oggi ha 26 anni e uno splendido sorriso che le illumina il viso. Ha appena finito la campagna elettorale per la coalizione di Centrosinistra e si prepara a sedere tra i banchi della Maggioranza in veste di Consigliera Comunale. Attivista di Fridays for Future e laureata in Lettere Moderne, ha il futuro nelle sue mani.

Eppure dietro quegli occhi pieni di energia si nasconde un passato segnato dalla lotta contro i disturbi del comportamento alimentare. Anni di privazioni, di ricoveri e pure di incomprensioni coi compagni di classe di allora (quelli delle medie) «che era come se avessero paura di me».

Ma sono stati anni caratterizzati anche dalla determinazione e dalla volontà di uscirne. «Perché guarire si può. E’ difficile, Ci sono momenti bui e ostacoli da superare. Ma l’anoressia la si può sconfiggere. E si può uscirne più forti di prima».

L’inizio dell’incubo ad appena 12 anni

La spirale verso l’anoressia è cominciata quando Brizzolara aveva appena 12 anni. All’epoca giocava in una squadra di calcio femminile. Una passione, quello per lo sport, che aveva fin da piccola.
Il desiderio di eccellere nella disciplina si è però incrociato con le parole dell’allenatore. «Ci spronava a perdere peso. Diceva che essere leggere avrebbe significato essere più veloci, più performanti. E io desideravo davvero diventare un’ottima calciatrice», ha spiegato Brizzolara.

Così le porzioni di cibo sono andate sempre più assottigliandosi. E i chili svanivano sempre più rapidamente, insieme alle forze e alla possibilità di realizzare il suo sogno.

«Ero in terza media e dopo sei mesi dall’inizio della dieta è arrivato il primo ricovero - ha ricostruito - Ma il percorso intrapreso non ha dato l’esito sperato. Una volta uscita dall’ospedale ho ricominciato a perdere chili. Tanto che, a fine anno scolastico, sono stata ricoverata di nuovo, questa volta in un ospedale milanese». Un ricovero che ha coinciso con l’esame di terza media. «Sono riuscita a non perdere l’anno recuperando a settembre. Poi sono cominciate le superiori. Andavo al Mapelli e per tutti e cinque gli anni ho convissuto con l’anoressia. La mia vita era normale solo in apparenza, perché interamente ero condizionata dal pensiero fisso del cibo». La situazione è precipitata nell’estate tra la quarta e la quinta superiore, quando ha ricominciato a perdere molto peso.

La svolta

Poi la svolta, arrivata il giorno del suo diciottesimo compleanno. «Qualche giorno prima di compiere gli anni sono andata a fare una visita da un endocrinologo al San Gerardo che mi ha messo davanti a una realtà che fino ad allora avevo cercato di non vedere. Mi ha detto che gli organi interni avevano cominciato già da tempo a risentire della perdita di peso. Erano compromessi e le conseguenze non si sarebbero fatte attendere».

Il percorso fino alla guarigione

Il giorno del 18esimo Sarah Brizzolara ha firmato per il ricovero a Villa Garda. «La costante perdita di peso mi aveva tolto le energie. Non riuscivo nemmeno più a uscire di casa. Anni prima avevo cominciato la dieta per correre più veloce, mi sono ritrovata a non riuscire nemmeno a camminare». Un lungo percorso l’ha portata a uscire dal vortice dei disturbi del comportamento alimentare. Sei mesi in reparto dove è stata sottoposta a terapia alimentare e psicoterapeutica, ma anche a riabilitazione motoria. Poi altri sei mesi in day hospital. «Non è stato facile. Ho visto purtroppo tante ragazze abbandonare il percorso. E’ indispensabile affidarsi a specialisti, ma deve anche scattare qualcosa in se stessi».

Ora, a distanza di anni dal percorso che l’ha portata verso la guarigione, è tornata a Villa Garda per dare il suo contributo nella ricerca nell’ambito dei disturbi alimentari. «La struttura ha un centro di ricerca che, previo consenso, raccoglie i dati medici delle persone guarite per inserirli in un database utile a confrontare i parametri tra il prima e il dopo. C’è infatti ancora molto da studiare sul post anoressia e ho voluto così dare il mio contributo».

Per lei tornare là dove l’hanno aiutata «è stata una grande emozione - ha spiegato anche sui social - Questo luogo ha significato la fine di un incubo. Un incubo che ha occupato 10 anni della mia vita dalle scuole medie. Ci si entra senza accorgersi, per motivi inaspettati. Nel mio caso il calcio, essere più magra, più veloce, più prestazionale. Un allenatore che ti sprona a dimagrire. Tu che ti senti più forte e più bella. E inizia una spirale da cui non è semplice sganciarsi».

"I disturbi alimentari non possono essere un tabù"

E conclude. «Serve un impegno anche culturale. I disturbi alimentari non possono essere un tabù. Occorre parlarne. Dire a ragazze e famiglie che si possono affrontare. Anche per me non è stato facile parlarne. Per tanto tempo andavo in paranoia all’idea. Mi sentivo giudicata. La me di allora avrebbe voluto sapere che non era solo un mio problema. Che qualcuno ci era già passato. E ne era uscito. Che con il giusto aiuto si può farcela».

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