Bernareggio

Striscioni, applausi e lacrime: l'ultimo saluto a Jordan Jeffrey

Folla al cimitero per la commemorazione del giovane trapper morto in carcere: tantissimi i giovani presenti che hanno voluto ricordare l'amico scomparso

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Striscioni, applausi e lacrime che rigano i volti segnati da occhiali scuri e tatuaggi dei tanti giovani presenti. Grande partecipazione questa mattina, martedì 26 marzo, per l'ultimo saluto a Jordan Jeffrey Baby, al secolo Jordan Tinti, il 26enne di Bernareggio ritrovato morto in carcere due settimane fa a Pavia.

L'ultimo saluto a Jordan Jeffrey

La cerimonia si è tenuta direttamente al cimitero di Bernareggio davanti a una folla commossa. Tantissimi giovani e colleghi del panorama musicale, ma anche gente comune, semplici cittadini e famiglie che hanno voluto stringersi intorno a papà Roberto, affranto da dolore e sorretto dal calore e dagli abbracci degli amici di Jordan. Sulla bara nera e lucida, le dediche scritte con l'indelebile bianco di chi gli ha voluto bene; poi ancora una felpa rossa, il cappellino del Monza e la statuetta di Michael Jordan, il suo idolo.

Le parole di don Claudio Burgio

A guidare la cerimonia è stato don Claudio Burgio, cappellano del carcere "Beccaria" di Milano e da sempre accanto ai detenuti anche nelle comunità di recupero:

"Non ho conosciuto direttamente Jordan, ma ogni giorno sono a contatto con tanti ragazzi che fanno musica e quindi immagino benissimo quello che anche Jordan ha vissuto. Non c'è una storia sbagliata, ogni vita è una storia sacra e per questo ho accolto questo invito perché voglio insieme a voi accompagnare Jordan nella vita di Dio. Anche per quelli che non credono, perché c'è sempre una vita che va oltre il nostro cammino terreno. Dobbiamo saper chiedere aiuto e vivere con un senso, perché troppe volte siamo in preda a una giustizia che è più giustizialismo. Troppe volte pensiamo che si affrontino i ragazzi semplicemente con la legge dura, con la forza muscolare di una legge che non rispetta le persone. Non è il momento di fare polemica questo, ma da qui oggi deve levarsi un grido. Nella vita si soffre e queste sofferenze devono essere raccolte da qualcuno con maggior clemenza e misericordia anche per chi è più giovane e fragile. Credo che in questo momento la cosa più bella sia pensare che Jordan sia stato raccolto tra le braccia di un padre in Cielo esattamente com'è stato qui in terra"

I ricordi degli amici

Poi la parola è passata ad alcuni degli amici presenti che hanno voluto ricordare Jordan:

"L'energia di Jordan in questo momento è ancora viva in mezzo a tutti noi, si sente e si può toccare con mano: basta guardare quante persone sono qui riunite nel suo ricordo. Quindi guardiamo in alto e diciamogli grazie Jordan per questa benedizione"

"Avevamo passato gli stessi problemi e ci siamo trovati e capiti al volo. Jordan è stato vittima di tanti pregiudizi: si era creato il suo mondo e stava cercando di realizzare qualcosa che per lui contava davvero tanto. La musica era la sua passione e la sua ossessione. Da tutto ciò che si era creato era evidente che c'era un malessere evidente che arrivava dal principio. Dopo quanto accaduto spero che tante gente capisca che dietro un personaggio, un ragazzo tatuato con tanta voglia di fare e tanti casini, non ci dev'essere per forza una persona cattiva"

"Impariamo ad ascoltare di più"

Un ricordo è arrivato anche da Iole Bandini, storica vicepreside della scuola di Bernareggio:

"Non ero la sua insegnante, però spesso me le portavano in ufficio perché ne combinava qualcuna. E lì, essendo da soli, avevamo occasione di parlare e di conoscerci, tanto che siamo diventati amici. Era un bambino curioso e gli regalai un libro sulla formazione della Terra e dei dinosauri. Ho dei ricordi molto dolci di Jordan: ne combinava come le combinavano tutti, ma di lui ho il ricordo di un bambino veramente buono. Così come ho il ricordo di un papà sempre presente e molto affettuoso"

Profonda, poi, la riflessione del sindaco Andrea Esposito sul ruolo delle istituzioni e non solo:

"Conoscevo Jordan da quando era solo un bambino e io il suo animatore ai tempi dell'oratorio, anche se poi ci siamo persi di vista. In questi giorni mi sono interrogato tanto da rappresentante delle istituzioni e della comunità. Quali errori commettiamo? Cosa sbagliamo? Perché quando si affrontano i problemi dei ragazzi spesso si sente dire che bisogna punire, che l'unica cosa che possono capire i giovani è la punizione? Quando invece si parla di educazione, di ascolto e di capire si dice invece che si è sempre buonisti. La comunità, anche la nostra, è fatta di chi vuole saper ascoltare. Mi chiedo e vi chiedo: quanto siamo in grado di ascoltare davvero gli altri e capire le altre persone? Spesso invece ci limitiamo ad applicare etichette e stereotipi. Ecco il grande errore del nostro tempo: abbiamo perso la voglia di metterci in relazione con gli altri. Ci trinceriamo nei nostri egoismi, pensando che il mondo giri intorno a noi. Abbiamo sbagliato anche noi, ho sbagliato anche io. Ma spero che queste tragedie ci portino a sbagliare meno, a capire un po' di più e soprattutto a cambiare"

Striscioni, fumogeni e applausi

All'uscita dalla sala del commiato, il feretro è stato accompagnato da un lungo applauso che la folla ha voluto tributare anche a papà Roberto, "il miglior papà del mondo" ha voluto rimarcare qualcuno al microfono. Poi, all'esterno del cimitero, striscioni e fumogeni per porgere l'ultimo vulcanico saluto a un ragazzo che con la sua musica e le sue provocazioni ha sempre lottato con il mondo, fino all'ultimo. E che ora, dopo tante tribolazioni, ha trovato la pace eterna.

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