L'intervista

Superbonus addio? Ecco cosa accade a chi non finisce in tempo i lavori

L'Amministratrice Mariella Li Puma traccia un bilancio della costosissima misura

Superbonus addio? Ecco cosa accade a chi non finisce in tempo i lavori
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«C’è stato un grande equivoco di fondo: molti hanno pensato che si potesse rimettere a posto il condominio a spese dello Stato e guadagnandoci anche, visto che si sarebbe recuperato il 110% della spesa. In realtà quel 10 per cento in più sarebbe dovuto servire a coprire i costi bancari, visto che le banche, ovviamente, non avrebbero assunto i crediti fiscali gratuitamente. E poi è mancato un sano contrasto di interessi tra chi paga e chi incassa: i costi sono lievitati, tanto a pagare era lo Stato».

Superbonus? "Un grande equivoco"

Mariella Li Puma, consigliera per l’Anaci provinciale di Monza e Brianza  (l’Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari) nonché componente del Centro Studi della stessa, ripercorre con lucidità la vicenda del Superbonus che, secondo stime del governo, è costato alla collettività finora 100 miliardi di euro solo per la riqualificazione energetica e la riduzione del rischio sismico, più un’altra cinquantina di miliardi per le altre tipologie (Ecobonus, ristrutturazioni, bonus facciate, Sismabonus).

I tipi di pagamento

Per limitarci al Superbonus per la riqualificazione energetica (Decreto Rilancio del maggio 2020), esso prevedeva che si dovesse avviare uno dei due lavori cosiddetti «trainanti» (l’isolamento termico e la riqualificazione della centrale termica), con uno o più lavori «trainati» (infissi, fotovoltaico, colonnine di ricarica elettrica), con il risultato finale di far guadagnare all’edificio almeno due classi energetiche. Con tre tipologie di pagamento, a scelta: pago tutto e detraggo il 110% in cinque anni; cedo il credito fiscale a una banca; l’impresa applica al committente lo sconto in fattura e prende lei il credito fiscale del committente.

"Enormi pressioni su noi amministratori"

«Siccome non tutti hanno capienza fiscale sufficiente -spiega Li Puma- le ipotesi prevalenti a essere applicate sono state la seconda e ancor di più la terza. I condòmini insistevano nell’attivare il Superbonus, convinti addirittura di guadagnarci. Le pressioni sugli amministratori erano enormi. Tra l’altro era proprio il periodo pandemico in cui era impossibile svolgere assemblee condominiali in presenza. Le aspettative erano alte: si pensava che si sarebbe potuto rimettere a posto la casa, gratis».

Le conseguenze

E invece? «La legge era stata anche scritta bene, ma poi i decreti attuativi e l’Agenzia delle Entrate hanno cominciato a porre paletti. Non sono state pesate bene le conseguenze sia sui conti pubblici che sulle complicazioni e le responsabilità connesse alla cessione del credito o allo sconto in fattura. All’inizio si potevano fare cessioni all’infinito, e questo ha generato anche truffe, i primi tempi. Gli amministratori di immobili si sono trovati tra il martello dei condòmini che insistevano e l’incudine delle difficoltà e delle responsabilità che avviare il Superbonus implicava. Per un cantiere tra progettisti edili e termotecnici, direttori dei lavori, coordinatori della sicurezza, asseveratori e fiscalisti si dovevano coinvolgere numerosi profili professionali, e ognuno di loro si prendeva una fetta di responsabilità».

Il nodo dei crediti incagliati

A partire dal novembre 2021 «le banche hanno cominciato a peggiorare le condizioni di acquisto se non a rifiutare l’assunzione di crediti fiscali dai condomini. Con le imprese è andata ancora peggio. Nel 2022 i crediti si sono incagliati del tutto, generando un problema enorme per chi i lavori nel frattempo li aveva iniziati».
A fine 2021 una proroga ha allungato i tempi a tutto il 2023 «un po’ perché i tempi decisionali dei condomini, tra assemblee, ricerca delle imprese, incarichi e decisioni sono lunghi, un po’ per le modifiche normative intervenute che hanno creato problemi».

Cosa accede se i lavori non sono finiti

Ora il termine ultimo del 31 dicembre di quest’anno: «A fine anno  il 110% scade, salvo proroghe dell’ultimo minuto. Se non ho finito i lavori, dopo potrò scontare solo il 70%. Chi non fa il Sal (stato di avanzamento lavori) finale entro il 31/12 rischia di perdere gli sconti. C’è il rischio concreto di contenziosi tra condomini e imprese perché, se sconto il 70% in fattura, il resto devo pagarlo. Non mi meraviglierei se dei cantieri venissero abbandonati e i lavori sospesi o interrotti». Con pesanti disagi per i condomini e un impatto negativo generale su tutta la città «anche se a Monza, tutto sommato, di condomini che si sono imbarcati col 110% ce ne sono stati pochi, tutto sommato».

Le distorsioni del mercato

Un primo bilancio di questa esperienza si può fare? «A fronte di grandi aspettative, il meccanismo ha generato più ombre che luci, per la complessità intrinseca delle procedure. In più l’Agenzia delle Entrate ha subito iniziato a mettere paletti, anche giustamente per evitare abusi. L’intuizione iniziale era buona, forse la percentuale del 110 troppo alta. L’applicazione complessa e i continui interventi legislativi, soprattutto fiscali, col cambio delle regole in corsa, ha generato grandi difficoltà. Ci sono state anche distorsioni di mercato: se paga un altro, posso alzare i prezzi quanto voglio. E poi, di imprese brave ad applicare il cappotto non ce ne sono tante, molte si sono improvvisate, spesso il committente ha avuto scarso controllo sui lavori. La misura è scaturita in pieno Covid e uscire dalla pandemia ha generato una sorta di sbornia dei lavori a debito. Il clima è poi cambiato quando ci si è resi conto che il tuo efficientamento energetico lo pagavo io».

Non salviamo proprio niente? «Un aspetto positivo è questo: in alcuni immobili il 110% era oggettivamente utile, certo. Poi il fatto che ci siamo resi conto che oggi, per usufruire delle varie agevolazioni, devi avere la casa a posto sotto il profilo urbanistico. Credo che comunque adesso, per quanti hanno crediti incagliati, il legislatore dovrebbe trovare dei meccanismi per risolvere la situazione, altrimenti si rischia di avere cantieri sospesi, aziende in difficoltà, disagi sociali e città più brutte».

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