Carnate

Treno deragliato in stazione a Carnate. Morto il passeggero, processo rinviato

L’uomo è deceduto un paio di settimane fa: ora i famigliari potranno costituirsi parte civile al suo posto

Treno deragliato in stazione a Carnate. Morto il passeggero, processo rinviato
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La parte offesa è deceduta due settimane fa, e il processo per il deragliamento del «treno fantasma» slitta a dicembre. E’ quanto emerso ieri a palazzo di giustizia di Monza davanti alla Gup Angela Colella, la quale avrebbe dovuto celebrare l’udienza preliminari nei confronti dei sei imputati coinvolti in presunti reati (contestati a vario titolo), di disastro ferroviario e depistaggio, in relazione al deragliamento del convoglio regionale Milano Porta Garibaldi-Paderno D’Adda.

Treno deragliato in stazione a Carnate. Morto il passeggero, processo rinviato

Il treno che, fermo al binario di Paderno, il 18 agosto 2020 si avviò da solo, a seguito di un guasto al sistema frenante, dopo essere stato lasciato incustodito dal macchinista e dal capotreno, e venne fatto deragliare su un binario morto alla stazione di Carnate.

A bordo c’era un cittadino marocchino che probabilmente si era addormentato sul treno, e che riportò lievi ferite. L’uomo, secondo quanto emerso, è venuto a mancare da poco, e per questo il processo è stato aggiornato al prossimo 11 dicembre, per permettere una eventuale costituzione di parte civile ai familiari (atto non banale, vista la mole di documenti richiesti, a partire dalla dichiarazione di successione).

Di questi, ne è stato individuato uno in Italia, mentre gli altri sono tutti in Marocco: circostanza, quest’ultima, che rende ancora più difficoltose eventuali notifiche e comunicazioni formali.

Oltre ai due ferrovieri (Mauro Zorzan e Massimiliano Torre) sono coinvolti anche due membri della squadra manutentiva (Francesco Cirillo e Livio Romano) che avevano sottoposto a revisione l’impianto frenante, senza essersi accorti di un malfunzionamento dello stesso, nonché due figure dirigenziali di Trenord, Giorgio Colombo (direttore della manutenzione) e Giancarlo Devichic (responsabile del deposito locomotive Milano Fiorenza).

Per Colombo e Devichic l’accusa è di frode in processo penale e depistaggio, poiché, «intuita la causa del guasto, al fine di ostacolare le indagini sul disastro ferroviario», avrebbero fatto «rimuovere», e poi avrebbero «occultato» i pezzi malfunzionanti del sistema frenante.

Le analisi della scatola nera

Dalle analisi della scatola nera del treno, era emerso un «trafilamento» del rubinetto del freno, che faceva passare aria in una condotta, aumentando la pressione all'interno e quindi «sfrenando» il convoglio. Anomalia verificatasi nello stesso periodo anche in un altro treno fermo alla stazione di Brescia.

Secondo quanto ricostruito dai pm di Monza, inoltre, quando ci si è resi conto che una delle cause avrebbe potuto essere ricondotte al malfunzionamento dei componenti del sistema frenante (i cosiddetti «rubinetti del freno e di intercettazione») i consulenti tecnici nominati dagli inquirenti non avrebbero trovato i pezzi da sottoporre ad accertamenti, letteralmente spariti dal «treno fantasma».

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