Seregno

Via libera al centro islamico di via Milano. Il Comune ko anche al Consiglio di Stato

Respinto il ricorso contro la sentenza del Tar nel 2020. Sì alla «moschea» dell’associazione Anasr

Via libera al centro islamico di via Milano. Il Comune ko anche al Consiglio di Stato
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Il Comune di Seregno di nuovo ko con l’associazione Anasr per la vicenda della cosiddetta «moschea» di via Milano, l’immobile al civico 3 utilizzato come luogo di incontro e di culto.

Via libera al centro islamico di via Milano

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso proposto dall’Amministrazione per la riforma della sentenza emessa dal Tar nel 2020. La sentenza della Sezione terza, presieduta da Oreste Mario Caputo, è stata pubblicata all’inizio della scorsa settimana dopo la camera di consiglio del 23 ottobre.
Come è noto, il Comune contestava ad Anasr un «abusivo» cambio di destinazione d’uso del capannone e ordinava il ripristino come laboratorio artigianale.

Il Consiglio di Stato, pur rilevando il cambio di destinazione d’uso solo funzionale dell’edificio, ritiene che l’attività associativa non abbia comportato «una significativa modifica del carico urbanistico» nell’area di via Milano, come invece sosteneva il Comune attraverso i sopralluoghi della Polizia Locale. I controlli degli agenti, in più occasioni, avevano accertato «la presenza di adulti e bambini» che studiavano e un «afflusso non sporadico di persone» nella struttura vicina alla stazione, peraltro priva di «elementi d’arredo o macchinari» tali da testimoniare un’attività artigianale.

Secondo il collegio dei magistrati, il fatto che le attività nella sede dell’associazione «siano state oggetto di pubblicizzazione allo scopo di invitare persone a parteciparvi non è evidentemente di alcun supporto rispetto alla dimostrazione dell’incremento di carico urbanistico, ove non sia stata accompagnata dall’effettivo rilievo di una reale partecipazione massiva conseguente a tali inviti».

Inoltre il Comune nel ricorso - proposto dagli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Vincenzo Andrea Piscopo - avrebbe dato «per scontato» che l’attività artigianale «ha o avrebbe prodotto un carico urbanistico certamente inferiore» rispetto a quello conseguente al centro culturale islamico.
In altre parole, «non è affatto scontato che il mutamento funzionale produca di per sé una variazione del carico urbanistico» e «la liceità del mutamento» dell’edificio, in assenza di opere edilizie, rientra nel diritto del proprietario, laddove «non incida negativamente sugli interessi della collettività ad un ordinato assetto del territorio ai quali è preordinata la disciplina urbanistica».

"Attività Anasr lecita e non richiede alcun particolare titolo edilizio"

Nella sentenza di Palazzo Spada si sottolinea che l’attività di Anasr «è lecita e non richiede alcun particolare titolo edilizio. È fuori di dubbio che, come affermato in sede di discussione dal difensore del Comune appellante, la libertà religiosa deve potersi svolgere nell’osservanza anche degli adempimenti di natura urbanistica: ma è altrettanto incontestabile che non possono ipotizzarsi adempimenti ingiustificatamente penalizzanti e sproporzionati rispetto a quelli ordinariamente individuati come limite all’esercizio della proprietà edilizia».

In ultima analisi, afferma il Consiglio di Stato, si «conferma la sussistenza del deficit istruttorio» lamentato dall’associazione culturale nei confronti dell’Amministrazione, che «ha esercitato un potere in assenza dei relativi presupposti, secondo un’esegesi della norma attributiva di tale potere non consentita dalla necessità di praticare un’applicazione della stessa conforme a Costituzione».

«Una sentenza destinata a fare scuola»

L’avvocato Vincenzo Latorraca, che assiste l’associazione culturale Anasr, esprime soddisfazione per la decisione del Consiglio di Stato.

Vincenzo Latorraca

«Una sentenza importante, destinata a fare scuola, perché fornisce delle indicazioni precise sulle modalità per individuare le situazioni in cui si verifica un incremento significativo del carico urbanistico - commenta il legale - Nel caso esaminato, secondo il Consiglio di Stato, il Comune non ha accertato alcun incremento del carico urbanistico. Difatti, con particolare riferimento alla questione del carico urbanistico, si legge: “(…) una attenta e serena lettura dei verbali della Polizia Locale posti a fondamento del provvedimento impugnato non può infatti che confermare quanto osservato dal Tar - all’esito di una ricognizione analitica di ciascun verbale - in merito al fatto che “gli accertamenti compiuti dalla Polizia locale constatano o la mancanza di attività in corso (cfr. i verbali del 15 ottobre 2019 e del 9 novembre 2019) o lo svolgimento di attività di studio (cfr. i verbali del 19 ottobre 2019, del 5 novembre 2019 e del 23 novembre 2019)”, ma non testimoniano un effettivo incremento del carico urbanistico nei termini sopra indicati».

Inoltre «la decisione considera anche la qualità di Aps (associazione di promozione sociale, ndr.) dell’associazione che opera nel terzo settore e che, essendo iscritta al Registro unico nazionale terzo settore, può insediarsi in ogni ambito del territorio comunale come previsto dal D.lgs. 117/2017 “Codice del Terzo settore”. L’associazione può dunque operare in quanto non sussiste alcun stravolgimento nell’ambito in cui si trova la sede, salvaguardando i diritti di riunione, associazione ed eventualmente di preghiera. Se sotto il profilo urbanistico non vi sono ragioni per impedire l’attività, occorre considerare la necessità di salvaguardare i diritti fondamentali sanciti, in primo luogo dalla Costituzione».

Per l’avvocato, infine, «occorre sottolineare che le decisioni sulle questioni concernenti i centri culturali e i luoghi di culto devono rispondere in primo luogo alla Carta fondamentale e alle previsioni urbanistiche e non possono in alcun modo subire limitazioni ideologiche o politiche alla ricerca del facile consenso elettorale».

Per il Tar «compromessa» la libertà religiosa

In primo grado il Tar, nella sentenza del 19 novembre 2020, aveva già dato torto al Comune sul caso del centro islamico di via Milano, l’immobile alle spalle dello scalo ferroviario identificato come produttivo nel Pgt.

Il Tribunale amministrativo della Lombardia aveva accolto il ricorso dell’associazione islamica Anasr, che si opponeva all'ordinanza dell'Amministrazione (in data 19 dicembre 2019) per il ripristino della destinazione d’uso dello stabile a laboratorio artigianale. All’origine della contesa legale la Legge regionale del 2005, che assimila le attività di un centro culturale a quelle di culto e impone il preventivo rilascio del permesso di costruire qualora si cambi la destinazione d'uso di un immobile che diventa un luogo di culto.

Nella sentenza di allora si evidenziava che «la norma e di conseguenza il potere amministrativo si applicano a fronte di un effettivo e sostanziale incremento del carico urbanistico. In caso contrario le esigenze urbanistiche possono diventare il viatico di indebite compromissioni delle libertà riconosciute ai singoli e alle formazioni sociali».
Secondo il Tar, alla luce dei controlli della Polizia locale, la sede di Anasr «non si può considerare un luogo di culto collettivo bensì un luogo nel quale si esercita la libertà costituzionale di culto in modo individuale o finanche "occasionalmente" collettivo».

Il provvedimento del Comune, scrivevano i magistrati, rappresenta una «compromissione» della dimensione sociale della libertà religiosa, «senza una effettiva esigenza urbanistica tale da legittimare il potere di intervento».
Il Consiglio di Stato si è allineato alla sentenza della giustizia amministrativa di primo grado.

Ma il Comune valuta nuove possibili azioni

L'Amministrazione ha preso atto della decisione del Consiglio di Stato - si apprende da fonti comunali - Le motivazioni della sentenza, giuridicamente molto complesse, sono al vaglio dell'Avvocatura civica e dei consulenti legali incaricati per la vicenda. Nei prossimi mesi, verranno valutate ed adottate nuove possibili azioni».

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