Afghanistan, 20 persone in volo verso l'Italia grazie a Selene Biffi
Intere famiglie sono riuscite a partire da Kabul mostrando una "S" scritta su un foglio o sul palmo di una mano.
Afghanistan, 20 persone in volo verso l'Italia grazie a Selene Biffi. Intere famiglie sono riuscite a partire da Kabul mostrando una "S" scritta su un foglio o sul palmo di una mano.
Un legame fortissimo con l'Afghanistan
Non si è mai fermata, lavorando giorno e notte per aiutare il "suo" Afghanistan, la "sua" Kabul. Una città dove per sette anni ha gestito la "Qessa Academy", la prima scuola che insegna ai ragazzi disoccupati come utilizzare le storie per insegnare a livello locale e su cui ha scritto un libro, "La maestra di Kabul". Lei è Selene Biffi, mezzaghese d'origine, ma afghana d'adozione. Costretta a tornare in Italia circa un mese fa, Selene non si è mai arresa davanti alla "riconquista" dei talebani, rientrati a Kabul ormai da sette giorni: la mezzaghese ha lavorato giorno e notte per aiutare alcuni cittadini a lasciare il Paese.
"Sono una semplice cittadina che, alle elezioni del 2013, ha rifiutato le offerte di vari partiti politici per un seggio in Parlamento e, invece, é partita da sola per Kabul per aprire una scuola e insegnare il mestiere di cantastorie a ragazzi disoccupati - ha scritto poche ore fa Selene sulla sua pagina Facebook, divenuto un vero e proprio "diario di bordo" aggiornato quotidianamente - Per sette anni, la Qessa Academy (l’Accademia delle Storie) ha offerto istruzione tecnica gratuita, ed insegnato a ragazzi e ragazze ad usare le storie - elementi privilegiato della cultura locale - per creare sviluppo e impiego a livello locale. Per l’unicità e l’impatto di questo progetto, ho ricevuto - come prima e unica donna Italiana ad oggi - il “Rolex Awards for Enterprise” e il “Mother Teresa Social Justice Award” in India, premio già assegnato al Dalai Lama e Malala. "Sorella, in nome di quanto hai di più caro e per Allah, ti prego, aiutami”. “Miss Selene, ho paura, portami via di qui”. “Sono stato un tuo studente, non abbandonarmi”. Negli ultimi giorni, ho perso il conto delle richieste di aiuto ricevute e mi sono rifiutata di stare con le mani in mano mentre il Paese che amo e che tanto mi ha dato - l’Afghanistan - sembrava tornare indietro alla parte più oscura della sua storia".
Una "S" come segno distintivo
Alle numerose richieste d'aiuto Selene Biffi ha deciso di rispondere nel modo migliore possibile, cercando di organizzare un trasferimento in Italia per alcune persone in arrivo da Kabul. Persone a cui è stato detto di avere come segno distintivo una "S", scritta su un foglio o sul palmo di una mano. In questo modo sono state riconosciute come facenti parte della "lista di Selene" e imbarcati su un volo diretto in Italia.
"Tutto é partito con un’offerta d’aiuto arrivata su Facebook da Andrea Pignataro, poi Giovanni Lattanzi di AOI (Associazione Ong Italiane) mi ha subito detto di fare una lista con i nomi di tutti quelli che dovevano partire. Giovanni e AOI hanno smosso per me mari e monti a Roma, rendendosi reperibili h24 - continua Selene - Sempre reperibile é stato anche un amico dell’Arma - conosciuto quando ancora lavoravo in Somalia anni fa - che ha prontamente chiesto ai colleghi a Kabul di aiutare me e le famiglie sulla mia lista. Pur non conoscendomi, hanno lavorato incessantemente, hanno rischiato e hanno fatto l’impossibile per recuperare "quelli con la S". Gli eroi di questa storia sono dunque tutti loro che, a Roma, Kabul e altrove, per senso di umanità e giustizia, mi hanno aiutata a portare via dall’Afghanistan 20 persone, tra cui molte ragazze. Dopo quasi due giorni d’attesa nell’hangar degli Italiani, le famiglie sono partite e, presto, dovrebbero arrivare in Italia. “Sorella, ti voglio bene, io e la mia famiglia non dimenticheremo mai né te né gli Italiani, siete stati gli unici ad aiutarci, ci sentiamo presto Inshallah”, mi scrive una ragazza. Intanto, il mio telefono non smette di suonare e vibrare, le richieste continuano ad arrivare da chi, dentro e fuori dall’Afghanistan, ha sentito raccontare dai parenti di “una ragazza in Italia e dei suoi amici che aiutano il popolo Afghano”. E, se le 20 persone ora in viaggio per l’Italia potranno presto cominciare una nuova vita, sono milioni quelli saranno costretti a rimanere in Afghanistan, quelli che diventeranno rifugiati in Pakistan e Iran, quelli che rischieranno la vita per cercare un futuro migliore in viaggi della speranza verso l’Europa o altrove. Ovunque si troveranno, non possiamo smettere di aiutarli".
Non smettere di aiutarli. Non volgere lo sguardo da un'altra parte. Ora è questa la missione più importante che tutti noi dobbiamo portare a termine.