Andrea La Rosa ex ds del Brugherio Calcio ancora vivo quando fu messo nell'acido
ella nota di riepilogo degli inquirenti sulle indagini sarebbe emerso che il 35enne, ucciso a novembre, era ancora vivo quando i suoi assassini lo avevano chiuso in un bidone per far sparire il corpo.
Quando Raffaele Rullo e la madre, Antonietta Biancaniello, lo chiusero in un bidone pieno d’acido per far sparire il corpo, Andrea La Rosa, ex ds del Brugherio, era ancora vivo. Lo si legge nella nota di riepilogo delle indagini condotte dai carabinieri della Omicidi.
La terribile fine di Andrea La Rosa
E’ morto per “l’azione combinata dell’inalazione dei fumi dell’acido e del confinamento nel bidone”. E’ quanto è scritto nella nota di riepilogo delle indagini condotte dai carabinieri della Squadra Omicidi del nucleo investigativo del comando provinciale.
La ricostruzione dell’omicidio
Dalla perizia sul corpo è dunque emerso che l’ex ds del Brugherio non è morto per le ferite inferte nella cantina in via Cogne a Milano dove ha incontrato i suoi assassini, ma soffocato dai fumi dell’acido che avrebbe dovuto far sparire il suo cadavere. Rullo lo aveva attirato in via Cogne con la scusa di presentargli sua madre, gli avevano somministrato dei narcotizzanti che lo avevano stordito. Dopodiché era stato trascinato nelle cantine. I due lo avevano infilato nel bidone e gli avevano poi versato almeno sei flaconi di acido e, infine, avevano sigillato il tutto con del nastro.
La ferita ininfluente
Gli inquirenti averebbero quindi stabilito che la ferita al collo, che finora si pensava avesse determinato la morte del 35enne, potrebbe essere invece stata inferta dopo. Il bidone con il corpo era stato poi trovato dai carabinieri il 14 dicembre 2017 nell’auto di Biancaniello, che lo stava trasportando nel box del figlio per distruggerlo utilizzando 24 flaconi di acido.
“Ucciso con crudeltà”
Secondo la procura, Andrea La Rosa fu ucciso con «crudeltà» e «premeditazione» perché era diventato un creditore «pericoloso» in quanto «a conoscenza delle truffe» commesse da madre e figlio e da altri «in danno di assicurazioni» di auto. Raggiri al centro di un’altra inchiesta per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, che ha portato nelle scorse settimane alla firma di una nuova ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per i due. La Rosa già vantava un credito con Rullo da «30 mila euro» e che avrebbe dovuto elargire un ulteriore prestito da «8000 euro», fu uccisa con «particolare efferatezza».
Rullo avrebbe tentato di uccidere pure la moglie
Dal documento degli investigatori, emergono anche nuove accuse rivolte ai killer di Andrea La Rosa. Rullo, infatti, avrebbe anche tentato di uccidere la moglie simulando il suo suicidio dopo averla drogata (con la complicità della madre) per intascare la polizza sulla vita da 150 mila euro che aveva fatto sottoscrivere alla consorte. I militari hanno ricostruito la vicenda di cui è vittima la moglie, partendo dal ritrovamento in casa di medicinali narcotici di cui la donna non conosceva l’esistenza.
C’è anche un terzo indagato
C’è anche un terzo indagato, per favoreggiamento: è il 72enne Sante Cascella, proprietario della rimessa dove è stato custodito per una decina di giorni, nel dicembre 2017, il fusto in cui era contenuto il corpo del giovane. Lo si legge nell’avviso di conclusione delle indagini, firmato dal procuratore aggiunto di Milano, e notificato, oltre che a Rullo e alla madre, anche a Cascella. L’uomo avrebbe provato a contattare Raffaele Rullo nei giorni precedenti e successivi alla soppressione del cadavere e avrebbe provato a «eludere le indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano», in quanto «non forniva alcuna spiegazione in ordine ai tentativi, da lui intrapresi, di entrare in contatto con Rullo, proprio nei giorni antecedenti (16 novembre) e successivi (4 dicembre) al collocamento presso la sua rimessa del cadavere di La Rosa». Inoltre, si legge nell’atto, l’uomo avrebbe negato ai carabinieri di «aver parlato con Rullo del predetto fusto».