Cade in una buca spaccandosi naso e denti, ma è lui a dover risarcire il Comune

Il monzese Maurizio Soldani aveva chiesto 15mila euro di danni. Il giudice lo ha condannato a pagare le spese legali della controparte

Cade in una buca spaccandosi naso e denti, ma è lui a dover risarcire il Comune
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Cade in una buca spaccandosi naso e denti, ma è lui a dover risarcire il Comune

Inciampare, rompersi naso e denti nella caduta e, dopo tre anni, non solo non ricevere alcun indennizzo, ma essere anche condannati a pagare le spese legali sostenute dalla controparte, che altri non è se non il Comune di Monza.

E’ l’assurda vicenda che vede protagonista Maurizio Soldani (nella foto in apertura insieme alla moglie Grazia), monzese di 67enne ex funzionario di un’azienda farmaceutica ora in pensione, che da quasi tre anni cerca giustizia. Senza, finora, ottenerla.

La ricostruzione dei fatti

I fatti risalgono al 17 ottobre del 2015, giorno in cui Soldani, non vedendo una buca piuttosto profonda che si trovava sul marciapiede di via Canesi, a Monza, era caduto riportando ferite di una certa entità. «Quella sera era buio e piovigginava - ha raccontato l’uomo - La visibilità era quindi limitata. Mi trovavo proprio sotto casa e avevo attraversato la strada per gettare un pacchetto di sigarette nel cestino».

Una volta riattraversata la strada, per raggiungere il marciapiede, l’uomo è dovuto passare in mezzo a due auto parcheggiate e schivare una bicicletta legata a un palo. «Non mi ero accorto della buca - ha proseguito nella ricostruzione - Sono inciampato e, cadendo, mi sono ferito».

Immediatamente era stato portato al Policlinico dove era stato medicato. Nell’incidente aveva riportato una frattura composta al setto nasale, due costole incrinate e la rottura di un ponte dentale frontale, nonché un taglio sul labbro. Complessivamente, i medici gli avevano dato una ventina di giorni di prognosi. Oltre a ciò, l’uomo aveva dovuto sborsare 4mila 700 euro dal dentista per sostituire il ponte, non più sostenuto dal dente fratturato, con un impianto osseo.

La richiesta di risarcimento

«Successivamente all’accaduto, mia moglie ed io avevamo contattato l’Ufficio Tecnico Manutenzione Strade del Comune, segnalando la presenza della buca. I tecnici, nel sopralluogo effettuato, avevano constatato l’esistenza e la pericolosità della buca, con “substrato bituminoso ammalorato” e l’avevano fatta coprire nella giornata stessa».

Del sopralluogo hanno redatto una relazione tecnica. A quel punto Soldani, forte anche della perizia favorevole di controparte, aveva denunciato il sinistro all’assicurazione del Comune (copertura fino a 25.000 euro per sinistro), chiedendo un risarcimento pari a 15mila euro, fornendo la puntuale documentazione richiesta.

«Sembrava tutto a posto - ha aggiunto Soldani - Confidavo perciò in una liquidazione in tempi ragionevoli. Dopo ripetuti solleciti, mi era stato comunicato che il Comune aveva respinto la mia richiesta, non riconoscendo le proprie responsabilità sull’evento e costringendomi a ricorrere alle vie legali, respingendo anche la proposta di transazione arbitrale e decidendo di resistere in giudizio».

Al via la causa

«Premetto che erano più di 5 anni che, periodicamente, segnalavamo al Comune tramite mail e colloqui con i vari assessori responsabili delle varie Giunte succedutesi, lo stato di degrado e pericolosità del marciapiede - ha tenuto a precisare - E il mio senso civico è poi stato l’elemento determinante per la sentenza a mio carico».
Era iniziato così il processo in Tribunale a Monza, conclusosi il 5 giugno di quest’anno con la condanna a carico di Soldani con esecuzione immediata a pagare le spese legali della controparte che ammontano a circa 5.900 euro più la registrazione della sentenza (altri 250 euro).
Una vera e propria beffa per il 67enne che, oltre alle ingenti spese mediche (perizia medico legale, visite ed esami vari, odontoiatriche, fisioterapia), a quelle per l’onorario del suo avvocato difensore, ora deve pagare anche le spese degli avvocati del Comune.

«Nel primo grado di giudizio, il giudice ha rigettato le prove senza motivazione, compresa la perizia (redatta peraltro dalla controparte) e i due testimoni oculari - ha proseguito Soldani appoggiato dalla moglie Grazia - In questo modo mi è stato impedito di dimostrare, come invece prevede la legge, l’esistenza dell’insidia o del trabocchetto, vale a dire tutte quelle situazioni di pericolo non facilmente visibili con l’ordinaria diligenza». Ed è su questo che si è basata la motivazione del giudice. «Sostanzialmente si dà la colpa a me. Avrei dovuto sapere che c’era la buca ed evitarla». La sentenza infatti parla chiaro: «La situazione dei luoghi non era solamente visibile ed evitabile, ma già soggettivamente conosciuta dall’attore (Soldani, ndr) - si legge - Il luogo del sinistro si trova infatti in prossimità della sua abitazione e le condizioni di degrado di quel tratto di marciapiede gli erano ben note avendo segnalato più volte la situazione al geometra del Comune e all’allora assessore alle Opere Pubbliche Antonio Marrazzo».

Il ricorso in Appello

Una motivazione che proprio non convince Soldani. «In sostanza avrei dovuto fare una mappatura delle buche, avvallamenti, cordoli ammalorati e sporgenze varie, ed evitarle. Cosa per altro impossibile visto il percorso obbligato per entrare in casa. Mentre il Comune è sollevato da ogni responsabilità, anche in concorso di colpa, per omesso controllo, mancata manutenzione, segnalazione e messa in sicurezza del pericolo, nonostante ne fosse a conoscenza da anni».

Per questo i coniugi hanno annunciato il ricorso in Appello, «anche a costo di indebitarci».
Anche perché una recente sentenza ha dato ragione a una signora che si era trovata in una situazione simile alla sua. «Quello che ci preme è evitare che altre persone si trovino nella nostra stessa condizione - ha voluto sottolineare la moglie del 67enne - Penso soprattutto alle persone più anziane e più fragili e indifese".

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