Tribunale

Carate, l'incubo delle assistenti sociali chiede la messa in prova

Il 36enne era stato raggiunto a dicembre dal divieto di avvicinamento a quattro operatrici e alla responsabile del settore comunale

Carate, l'incubo delle assistenti sociali chiede la messa in prova
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Chiede la messa in prova «l’incubo» delle assistenti sociali del Comune di Carate Brianza.

A dicembre il provvedimento a Carate

Si tratta del papà di 36 anni, di origini campane, raggiunto a dicembre dal divieto di avvicinamento a quattro operatrici dei servizi alla persona del Comune di Carate e arrestato, neanche una settimana dopo l’esecuzione del provvedimento della magistratura, per minacce e resistenza nei confronti di carabinieri prima di una perquisizione del suo appartamento.

Nel processo nato da questo arresto, all’udienza celebrata ieri, lunedì, l’imputato ha chiesto di avvalersi dell’istituto della messa in prova, concesso per certi reati, che gli consente di sospendere il processo e, in caso di esito positivo, di beneficiare dell’estinzione del reato attraverso l’esecuzione di lavori di pubblica utilità.

Dovrà risarcire anche ai Carabinieri

Il processo è stato rinviato a febbraio, per verificare la fattibilità del progetto. L’uomo dovrà anche versare un risarcimento all’Arma dei Carabinieri. Resta indagato per stalking nei confronti delle funzionarie dei servizi sociali. «colpevoli», a suo dire, di avergli portato via i figli nell’ambito di un’indagine per presunti maltrattamenti in famiglia. In realtà, la decisione di allontanarlo dalla famiglia è stata presa dal Tribunale dei minori.

Il 36enne ha alle spalle un curriculum di vari reati contro la persona, commessi anche in ambito domestico. Il Tribunale dei minori, a febbraio, ha disposto che venisse allontanato dalla compagna, e dai loro quattro figli minori, incaricando l’ufficio comunale di condurre un’indagine sul nucleo familiare in merito ai maltrattamenti, e quindi di programmare eventuali incontri protetti tra l’indagato e i figli.

Ma l’uomo ha cominciato a imperversare negli uffici, pretendendo di ottenere colloqui con le addette a suo piacimento, facendo valere le proprie ragioni con la violenza e l’intimidazione («Ti faccio perdere il lavoro, potete andare a morire tutti», una delle frasi riportate dalle vittime ai Carabinieri), irrompendo tra urla e bestemmie e, una volta, mostrando un coltello da cucina lasciato su un tavolo. Condotte che hanno portato le impiegate a essere costrette a farsi accompagnare all’entrata e all’uscita dal lavoro e a vivere nell’angoscia.

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