Caso anziani morti a Villa Gioia, un’altra famiglia ha sporto denuncia
Dopo Paolo Tucci e Giuseppe Castronovo, un’altra scomparsa da chiarire

Si allargano le accuse ai titolari di Villa Gioia, la casa comunità alloggio per anziani di San Biagio, a Monza, chiusa dopo un’ispezione del Nas, sulla quale la procura sta indagando in relazione a una serie di decessi di anziani.
Caso anziani morti a Villa Gioia: un'altra denuncia
I familiari di un altro uomo, un brianzolo ultraottantenne deceduto con sintomi di infezioni e disidratazione dopo la chiusura della residenza di via Cattaneo, si sono rivolti all’avvocata Marta Cerliani, che ha depositato un’altra querela presso gli uffici giudiziari. Dopo quella dei famigliari di Paolo Tucci e una presentata dai legali di Giuseppe Castronovo.
I parenti vogliono capire a fondo cosa possa essere successo al loro familiare, e si sarebbero messi a disposizione degli inquirenti (l’indagine è coordinata dal pm Francesca Gentilini) per essere eventualmente ascoltati. Con questa le denunce dovrebbero essere quattro, mentre nel complesso i decessi su cui i pm starebbero facendo chiarezza sono almeno cinque. Tutto questo in pochi mesi di vita della casa alloggio, aperta lo scorso autunno, gestita da madre e figlio, e pubblicizzata sui social network. Nel frattempo, il lavoro degli investigatori procede nel segreto istruttorio. Non è escluso che la procura abbia disposto approfondimenti per capire se agli anziani ospitati in via Cattaneo fossero anche stati somministrati sedativi in eccesso.
Il sopralluogo dei Nas
Lo scorso aprile al cancello di via Cattaneo si sono presentati i militari del Nas, che hanno provveduto alla chiusura per inadeguatezza della struttura al tipo di cure di cui avevano bisogno gli ospiti. Secondo la denuncia dei familiari, gli anziani sono usciti gravemente debilitati, per poi morire dopo pochi giorni in altre strutture. Un uomo di 83 anni, per esempio, Tucci, ex presidente dell'Associazione nazionale reduci e combattenti di Meda, sarebbe entrato a ottobre 2024, dopo la rottura di un femore, per un programma di fisioterapia che avrebbe dovuto portare a un recupero della mobilità. Circa due mesi dopo, a dicembre, le sue condizioni di salute presentavano un peggioramento eclatante. «Il signore in questione è entrato in quella struttura, che prevedeva una retta mensile di oltre 2mila euro, camminando sulle proprie gambe, reggendosi soltanto a un deambulatore. La figlia, mia assistita, doveva prendere appuntamento per andarlo a trovare. In poche settimane, lo ha visto deperito, visibilmente dimagrito e disidratato. A dicembre ha deciso di levarlo da quella casa. Non si muoveva più, aveva piaghe da decubito sul corpo, come certificato da foto e video che abbiamo allegato alla querela depositata a Monza», ha raccontato l’avvocata Cerliani.
Protetta da un’alta cancellata, la struttura sarebbe stata gestita da due persone, madre e figlio, attraverso una srls il cui nome compare ancora iscritto al citofono del civico 16. Qui, una voce maschile, nelle scorse settimane, ha negato sbrigativamente ogni coinvolgimento nella vicenda, limitandosi a dire che «gli anziani non ci sono più».