Seregno e Cesano

Centri massaggi hot, le titolari tornano in libertà

Il Tribunale del Riesame ha disposto anche la restituzione di una parte dei proventi dell'attività in merito al reato contestato di riciclaggio.

Centri massaggi hot, le titolari tornano in libertà
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Lasciano gli arresti domiciliari e tornano a piede libero le due donne indagate per sfruttamento della prostituzione nei centri massaggi di Seregno e Casano e accusate di riciclaggio. A settembre erano state raggiunte dalla misura cautelare.

Centro massaggi hot, le titolari in libertà

Revocati gli arresti domiciliari, tornano a piede libero le due donne indagate per sfruttamento della prostituzione nei centri massaggi di Seregno e Cesano e accusate di riciclaggio, raggiunte da una misura cautelare a settembre. Nei giorni scorsi il tribunale del Riesame di Monza, presieduto dal giudice Ottone De Marchi, ha rimesso in libertà una delle due, una 39enne peruviana, difesa dall’avvocato Crippa. La donna, tramite il difensore, ha ottenuto anche la restituzione di oltre due terzi degli oltre 300mila euro che le erano stati sequestrati in merito al reato di riciclaggio. L’altra indagata aveva ottenuto una misura più lieve dopo l’arresto, poi revocata.

L'operazione della Guardia di Finanza

L’operazione che aveva portato all’arresto delle due donne era stata condotta dai militari della Guardia di Finanza di Monza, che avevano scoperto un giro vorticoso di clienti dietro alle due sale massaggi. C’era chi pagava per la prestazione singola - dai 150 ai 200 euro – e chi era disposto anche a sborsare mille euro per quattro ore in compagnia di una massaggiatrice. I clienti venivano dalle province di Monza, Milano e Como (tra loro anche imprenditori e professionisti) in un viavai continuo così come il flusso di denaro, che era ininterrotto, e finiva al 50 per cento nelle tasche delle due donne.

Il sequestro dei centri massaggi hot

Erano due anche i centri massaggi finiti sotto sequestro, uno a Cesano Maderno, l’altro a Seregno, in provincia di Monza, non collegati fra loro e condotti rispettivamente da una trentasettenne marocchina e da una trentanovenne peruviana. L’indagine era nata da una segnalazione al numero di pubblica utilità “117”. I finanzieri di Seveso avevano scoperto l’esistenza dei due centri, che si pubblicizzavano come "sale per trattamenti olistici" via internet, dove le donne gestivano appuntamenti e orari, trattenendo per loro la metà dei guadagni delle giovani che si prostituivano all’interno, italiane e straniere.

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