Chiesti 12 anni per l'architetto Massimo Gentile
L'ex dipendente del Comune di Limbiate è accusato di aver prestato l'identità al capomafia Matteo Messina Denaro
Chiesti 12 anni per l'architetto Massimo Gentile. L'ex dipendente del Comune di Limbiate è accusato di aver prestato l'identità al capomafia Matteo Messina Denaro
Procura chiede 12 anni per Gentile
La procura di Palermo invoca 12 anni di reclusione per l’architetto Massimo Gentile. E’ la richiesta del pm pronunciata durante la sua requisitoria nel corso dell’udienza di venerdì mattina in Tribunale.
L'accusa di essere il prestanome del capomafia
Alla sbarra nel processo con rito abbreviato, il 52enne nato a Erice, nel Trapanese, residente a Solaro e dal 2019 dipendente dell’Ufficio tecnico del Comune di Limbiate. Era stato arrestato a marzo dell’anno scorso con l’accusa di aver prestato l’identità al boss mafioso Matteo Messina Denaro per dieci anni (dal 2007 al 2017), al fine di consentirgli di acquistare un’auto Fiat 500 e una moto Bmw. A giudizio, insieme a Gentile, il tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo Cosimo Leone e il bracciante Leonardo Gulotta, anche loro accusati di aver favorito la latitanza del capomafia di Castelvetrano.
Il presunto furto d'identità
L’avvocato Antonio Ingroia, legale di Gentile, ha sempre sostenuto l’innocenza del 52enne evidenziando il fatto che l’identità gli sarebbe stata sottratta, a sua insaputa, da Andrea Bonafede (anche lui accusato di essere un prestanome al boss) nel periodo in cui l’architetto aveva lavorato presso alcuni terreni di sua proprietà durante alcune campagne olearie. Bonafede, ascoltato in Aula durante la fase preliminare del procedimento, ha ammesso che l’architetto aveva lavorato per lui ma solo nel 2017 ed ha negato di avergli rubato l’identità.
La perizia grafologica
E’ stata anche depositata agli atti una perizia grafologica secondo la quale non appartengono a Gentile le firme sulle pratiche dei veicoli acquistati e utilizzati dal latitante, comprese quelle relative alla rottamazione della moto che secondo l’accusa sarebbe stata effettuata proprio dall’architetto per conto del boss. Ulteriori atti depositati confermano poi che Gentile non ha mai portato in detrazione nella dichiarazione dei redditi l’assicurazione del veicolo usato da Messina Denaro, come accertato con l’Agenzia delle Entrate.
Il documento smarrito
Riguardo il presunto furto d’identità, Gentile aveva denunciato lo smarrimento della carta d’identità nel 2007, giorno dell’acquisto della moto che sarebbe stata utilizzata da Messina Denaro: una «circostanza anomala» secondo i magistrati che hanno redatto l’ordinanza di custodia cautelare, i quali ritengono l’atto un modus operandi dei fiancheggiatori del boss «allo scopo di dissimulare la propria condotta criminale».
L'istanza di scarcerazione
L’avvocato Ingroia aveva già presentato istanza scarcerazione per Gentile al Tribunale del riesame ma era stata respinta, quindi è stato promosso un ricorso in Cassazione e si attende il responso dei magistrati. Ieri mattina, lunedì 13 gennaio, è stata fissata l’udienza per le arringhe difensive degli avvocati dei tre imputati, quindi a breve il giudice dovrebbe pronunciare la sentenza di primo grado.