Tribunale

Corruzione al comando dei Vigili del fuoco, il pompiere di Carate lascia il carcere

Quattro patteggiamenti e una richiesta di messa alla prova. Enrico Vergani ha già versato 10 mila euro all’associazione nazionale ci si occupa dei famigliari dei pompieri e ne verserà altri 50 mila a titolo di risarcimento.

Corruzione al comando dei Vigili del fuoco, il pompiere di Carate lascia il carcere
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Ha lasciato il carcere di Monza, dove era detenuto dallo scorso dicembre, il 57enne Enrico Vergani, residente a Carate Brianza e funzionario del Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Monza.

Ai domiciliari il vigile del fuoco di Carate Brianza

Così ha stabilito il gip del tribunale di Monza Marco Formentin, che nel fine settimana ha disposto per l’imputato gli arresti domiciliari, nell’ambito del processo che vede lo stesso Vergani e altre quattro persone accusate a vario titolo di reati quali corruzione e truffa.

Secondo quanto emerso, Vergani ha già versato 10 mila euro a titolo di risarcimento a favore dell’Ona - l’Opera Nazionale Assistenza per il perdonale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, ente con sede presso il Ministero degli Interni - con l’impegno di versarne prossimamente altri 50 mila. Tutti gli imputati coinvolti nell’inchiesta sarebbero orientati al patteggiamento. Anche Sergio Fortini, l’imprenditore bresciano a capo di un'azienda specializzata nelle riparazioni dei veicoli dei Vigili del fuoco e tornato a piede libero, si sarebbe impegnato a versare la somma di 65 mila euro.

Patteggiamenti e messa alla prova

Oltre a loro sono imputati anche il gommista di Giussano Martino Longoni, classe 1969, la moglie di Vergani Mariangela Braggiato, 54 anni e il collega vigile del fuoco Edoardo Correnti, residente a Giussano, che ha chiesto la messa alla prova, istituto che gli permetterebbe, in caso di esito positivo attraverso lo svolgimento di attività socialmente utili, di estinguere il reato.
Correnti, compagno di ufficio all’epoca del caratese Vergani, era finito nei guai in seguito agli sviluppi dell’inchiesta per il fatto di aver «falsamente attestato la propria presenza in ufficio», per un profitto complessivo pari a circa 4 mila euro, tra tutti e due (a Vergani precisamente sui 2300, mentre Correnti per circa 1600).

I presunti accordi illeciti oggetto dell’inchiesta ruotano sui contratti relativi alla manutenzione e alle forniture per il parco mezzi dei vigili del fuoco. Vergani aveva facoltà di procedere ad assegnazione diretta degli appalti di valore inferiore alla «soglia comunitaria», e all’acquisto di materiali.

I reati contestati dal pubblico ministero Nicola Balice sono quelli di induzione indebita a dare o promettere utilità, peculato, corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio, frode nelle pubbliche forniture, riciclaggio, truffa, commessi da luglio 2021 a marzo 2023.

Ora per gli imputati si profila l’ipotesi patteggiamento. Si tornerà in aula il prossimo 25 settembre.

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