Punti deboli

"Cure più rapide per il Covid", i medici scrivono al Ministro

L'appello di 100mila professionisti per migliorare la gestione dell'emergenza

"Cure più rapide per il Covid", i medici scrivono al Ministro
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Si sono riuniti su Facebook in un gruppo chiuso accessibile solo ai medici per scambiarsi consigli, materiale scientifico e confrontarsi.
Quindi 100mila medici italiani, tra cui moltissimi brianzoli, hanno scritto al ministro della Salute Roberto Speranza un lungo appello, una volta passata la fase acuta della pandemia, per migliorare la risposta sanitaria e salvare più vite.

Le indicazioni dei medici

Loro guardano, sostanzialmente, alla Germania che ha saputo con la sua medicina territoriale mandare medici con dispositivi di protezione a domicilio dai pazienti, riducendo di molto il numero dei morti. Trattandoli, quindi, tempestivamente, con farmaci e antivirali specifici, per evitare che insorgessero le complicazioni e che quindi i malati arrivassero in ospedale già in condizioni disperate, ingolfando le terapie intensive e rischiando di essere troppo compromessi per essere salvati.
Ecco in sostanza quello che spiegano e chiedono i medici. Tra loro anche quelli di Medicina generale, lasciati in queste settimane senza i presidi di protezione per poter visitare i pazienti in sicurezza (come racconta anche Matteo De Rosa di Monza), evitando di essere loro stessi contagiati e quindi veicolo di contagio. Molti (sopratutto tra i più anziani) hanno pagato con la vita lo svolgimento del servizio. E ancora troppo pochi oggi possono trattare i pazienti a domicilio, anche se in questi ultimi giorni stanno prendendo piede gli Usca e gli Adi promossi da Ats.

Cure tempestive

«Da quasi 2 mesi ormai scambiamo informazioni sull'insorgenza della malattia causata dal Coronavirus e siamo pressoché giunti alle stesse conclusioni: i pazienti vanno trattati il più presto possibile sul territorio, prima che si instauri la malattia vera e propria, ossia la polmonite interstiziale bilaterale, che quasi sempre porta il paziente in Rianimazione».
Dagli scambi intercorsi e dalla letteratura mondiale, si è arrivati a capire probabilmente la patogenesi di questa polmonite, con una cascata infiammatoria scatenata dal virus attraverso l'iperstimolazione di citochine, che diventano tossiche per l'organismo e che aggrediscono tutti i tessuti anche vascolari, provocando fenomeni trombotici e vasculite dei diversi distretti corporei, che a loro volta sono responsabili del quadro variegato di sintomi descritti.

I punti deboli

Tra i firmatari c’è anche anche Alessandro Raffaele, chirurgo pediatrico di Muggiò di stanza al San Matteo di Pavia. «Proprio per non vanificare l'abnegazione di medici e personale sanitario, oltre ai dispositivi di Protezione e ai tamponi chiesti finora (di cui ribadiamo anche noi l’importanza) - spiega Raffaele - Chiediamo di rafforzare il territorio, vero punto debole del Servizio Sanitario Nazionale, con la possibilità per squadre speciali, cosiddette Usca, di essere attivate senza eccessiva burocrazia, avvalendosi dell'esperienza di noi tutti nel trattare precocemente i pazienti, anche con terapie off label, alcune delle quali peraltro già autorizzate dall'Aifa. Siamo giunti alla conclusione che il trattamento precoce può fermare il decorso dell'infezione verso la malattia conclamata e quindi arginare, fino a sconfiggere l'epidemia».

Diagnosi veloci

Insomma il riconoscimento dei primi sintomi, anche con tamponi negativi (che può avvenire nel 30% dei casi) è di pura pertinenza clinica. «E pertanto chiediamo di mettere a frutto le nostre esperienze cliniche, senza ostacoli burocratici nel prescrivere farmaci, tamponi, Rx e/o Tc, ecografia polmonare anche a domicilio, emogasanalisi, tutte cose che vanno a supportare la clinica, ma che non la sostituiscono - hanno chiosato - Lo chiediamo perché tutti gli sforzi fatti finora col distanziamento sociale, non vadano perduti, paventando una seconda ondata di ricoveri d'urgenza dei pazienti tenuti in sorveglianza attiva per 10-15 giorni, ma che non sono stati visitati e valutati clinicamente e che ancora sono in attesa di tamponi. La mappatura di questi pazienti è indispensabile per evitare ondate di ritorno a fine lockdown».

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