La storia

Da ginecologa ai reparti Covid, la nuova sfida

Claudia Calienno, è uno dei professionisti in prima linea agli Istituti Clinici Zucchi di Monza

Da ginecologa ai reparti Covid, la nuova sfida

Lavorare per anni come professionista in un campo che ben si conosce e poi, durante un’emergenza, essere pronti a imparare qualcosa di diverso e in qualche modo reinventarsi.
E’ quanto è capitato a Claudia Calienno, 40 anni, monzese, ginecologa alla Clinica Zucchi. La quale, chiamata in supporto ai colleghi che stanno gestendo i pazienti con il Covid-19 in via Zucchi, non si è tirata indietro, anzi si è rimboccata le maniche.

Una nuova sfida

«Io aiuto nella parte burocratica, con noi anche ortopedici e un anestesista di 71 anni che è tornato in servizio. Ci siamo messi tutti a disposizione, è un’emergenza e fa paura, soprattutto per chi come me alla sera torna da suo figlio, ma era la cosa giusta da fare».
Eppure nessun medico, infermiere o Oss si è tirato indietro e tutti, nonostante la paura e la fatica, stanno mostrando un impegno incredibile. «Gli anestesisti e gli internisti sono in prima linea ormai dall’inizio dell’emergenza – aggiunge la monzese – Io sono subentrata come altri specialisti in un secondo tempo quando i malati sono continuati ad aumentare per cui si è reso necessario aprire nuovi reparti. La difficoltà è la tristezza nel vedere un cambiamento così radicale in una clinica dove fino a poco fa vivevo la mia quotidianità lavorativa. È cambiato tutto, i malati sono estraniati, chiusi nelle loro camere e ci vedono bardati. Gli occhi che si incrociano tra sanitari e pazienti sono gli unici motivi di conforto. Proprio noi abituati a dare coraggio e a stare vicini in tutti i modi possibili ai pazienti, ci sentiamo impotenti».

La paura e la fatica

Non è facile nemmeno resistere per ore con le tute anti contagio e i primi giorni anche lei arrivava a sera distrutta. «Ci vuole anche 15 minuti a indossarle, non si può bere nè andare in bagno, si suda e ogni azione diventa difficilissima», spiega. Poi c’è il timore di vedere colleghi ammalarsi e di cercare di stare lontano dai propri cari. «Stiamo facendo anche degli studi per capire come mai le donne siano meno colpite da conseguenze gravi e forse si tratta di un fattore di protezione ormonale, ma è ancora un virus sconosciuto».
Diverse sono anche le manifestazioni. «Abbiamo avuto una donna arrivata in Pronto soccorso con un forte dolore all’addome, una volta avremmo pensato a un appendicite e invece era Covid, ora è intubata.E’ come se fossimo tornati sui banchi».