Disturbi dell'apprendimento, numeri in aumento
Sala gremita al palazzo della Provincia per un convegno sulle difficoltà di apprendimento promosso da associazione La Fenice e dagli Stati Generali delle Donne sezione di Monza.
«In un mondo di parole e numeri...prevenire e affrontare le difficoltà di linguaggio e apprendimento». Questo il titolo del convegno che si è tenuto sabato mattina nella sala verde del palazzo della Provincia di via Grigna. Una mattinata di lavori promossa dalla cooperativa sociale «La Fenice» in collaborazione con gli Stati Generali delle donne, la cui sezione monzese venne inaugurata poco meno di un anno fa proprio nella stessa sala. Ad alternarsi al microfono su una tematica che sempre più richiede un approccio di rete e multidisciplinare, l’equipe di professioniste de La Fenice.
Gli organizzatori del Convegno
Il pubblico in sala
Le relatrici
Elisabetta Bacca neuropsichiatra infantile, Francesca Cozzaglio logopedista, Maria Esposito psicologa, Alice Covolan psicologa, Cecilia Angeli psicoterapeuta, e Erika Agazzi, logopedista, hanno sviscerato l’argomento offrendo punti di vista diversi ma caratterizzati da un approccio integrato che chiama in causa il mondo della scuola, della famiglia e, più in generale, degli adulti significativi che vivono a contatto con il bambino. A moderare gli interventi Barbara Rachetti, giornalista di «Donna Moderna» e disability manager. Presenti per i saluti istituzionali Silvia Sardone, consigliere di Regione Lombardia, Giovanna Amodio consigliere Provincia Monza e Brianza e Desirée Merlini, assessore alla Famiglia e Politiche Sociali del comune di Monza. In sala molti insegnanti ed educatori. «Oggi è il primo di una serie di eventi – ha dichiarato Mauro Ricci de La Fenice nei saluti introduttivi – vogliamo garantire alla cittadinanza luoghi di incontro e confronto». Un sodalizio efficace quello tra l’associazione e gli Stati Generali delle Donne. «È importante per noi essere partner di questo evento –ha spiegato Valeria Volpe del direttivo sezione monzese – questo argomento è importante in seno alla famiglia affinché i genitori siano pronti a riconoscere il problema e a imparare le strategie da mettere in campo per il benessere dei propri figli».
La «certificazione», punto d’arrivo?
Ma quali sono i disturbi dell’apprendimento più comuni? Dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia, più comunemente denominati DSA. Secondo i dati elaborati dal Ministero dell’Istruzione sono stati più di 250mila gli alunni con almeno uno di questi disturbi iscritti durante lo scorso anno scolastico, dato notevolmente in aumento rispetto al 2012. Un fenomeno che sempre più genitori, inseganti ed educatori stanno imparando a riconoscere. Bambini e ragazzi seduti sui banchi di scuola con la «famosa certificazione», documento che mette nero su bianco le funzionalità compromesse del soggetto valutato, come ha spiegato Covolan. «Ottenere la certificazione è un momento importante – ha proseguito – deve essere un punto di partenza per costruire un progetto ad hoc per il bambino. Spesso genitori e insegnanti si limitano al percorso per il rilascio del documento senza andare oltre».
Il ruolo dei genitori
E se è vero che le neuroscienze hanno dato contributi fondamentali per spiegare le ragioni di questo fenomeno, «le maggiori problematiche di apprendimento non sono dovute a cause neurobiologiche – ha spiegato Maria Esposito – l’ambiente esterno è fondamentale proprio perché le emozioni sono direttamente collegate all’apprendimento». Un distinguo fondamentale, per comprendere quali azioni possono essere messe in campo per un apprendimento sereno. «Dobbiamo ritornare ai fondamentali della comunicazione – ha proseguito Esposito – lo sguardo, il sorriso, il contatto sono importantissimi, cercando di favorire l’apprendimento senza giudizio e con ottimismo, creando alleanza educativa». E sono proprio i genitori che hanno necessità di alcuni «fattori di protezione» come li ha definiti Angeli, per vivere con maggior serenità il ruolo che sono chiamati a svolgere. «Le relazioni sociali sono fondamentali –ha spiegato la psicologa – l’essere supportati da amici e familiari, il concedersi degli spazi di piacere e favorire la comprensione sono elementi di protezione a sostegno delle mamme e dei papà».
La scuola
«Un bravo insegnante deve essere in grado di riconoscere i segnali di rischio già nella scuola dell’infanzia – ha spiegato Claudio Merletti dell’Ufficio Scolastico Regione Lombardia, ambito di Monza e Brianza – è necessario poi fare prevenzione e sottolineare l’importanza del supporto ambientale ovvero del ruolo centrale della scuola nella crescita del bambino». Questo avviene grazie ad un’osservazione sistematica del gruppo classe e dei bambini in difficoltà, in modo da individuare fragilità non emerse. «La scuola è fatta di ottimi insegnanti che possono diventare bravi leader. Sarà loro compito trasmettere ai “meno bravi” le giuste modalità di approccio ai bambini in difficoltà».