Tribunale

Droga venduta su Telegram: patteggiamenti e riti abbreviati per i 13 imputati

Tra i coinvolti c’è anche un 20enne monzese

Droga venduta su Telegram: patteggiamenti e riti abbreviati per i 13 imputati
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Patteggiamenti, riti abbreviati e una richiesta di messa alla prova per i 13 imputati coinvolti in un’indagine della Squadra Mobile di Monza su un traffico di stupefacenti venduti via Telegram.

Droga venduta su Telegram

Questo l’esito che verrà definito nelle prossime settimane, nel processo davanti al gup Marco Formentin. Al centro delle accuse figura un ragazzo di 20 anni, figlio di un trafficante, già finito nei guai per droga. Il ragazzo si era adeguato ai tempi, diventando artefice di un fiorente traffico di marjiuana gestito attraverso appositi “meet up” su Telegram, ma era finito lo stesso nella rete degli investigatori della Mobile, lo scorso ottobre. Oltre al giovane monzese, erano finite in carcere altre sette persone, una ragazza e cinque immigrati marocchini (più un ottava persona sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria). Oltre a questi ci sono altri imputati a piede libero.

Patteggiamenti e riti abbreviati per i 13 imputati

Le droghe erano esposte in foto come al mercato, con tariffario e caratteristiche di qualità su canali Telegram, nei quali avvenivano brevi incontri tra spacciatore e cliente. Qui si poteva trovare, per esempio, la Gorilla Glue, “erba potentissima per deboli di cuore”, venduta a 100 euro per dieci grammi, con sconti progressivi in caso di acquisti maggiori. A maggio 2022, gli investigatori avevano cominciato a ricostruire la rete di vendita. La modalità di acquisto avveniva dunque tramite sistema di messaggistica, dove compratori e venditori agivano dietro l’anonimato di un nickname, collegandosi ad alcuni canali social che rimandavano a link specifici.

Gli investigatori erano riusciti a risalire all’amministratore di questi gruppi, rappresentato dal ventenne di Monza, e a scoprire che venivano offerti anche altri servizi , come la vendita di documenti falsi, e la possibilità di scoprire l’identità di un contatto internet anonimo (attività definita con l’espressione “doxare”). In realtà, accadeva spesso che questi servizi non venivano mai effettuati, anche a fronte dell’invio del denaro richiesto. Solo attraverso queste truffe, il ventenne avrebbe guadagnato 60mila euro in sei mesi. Sempre facendo accertamenti sulla figura del giovane, gli investigatori avevano individuato il gruppo di fornitori di stupefacenti, una banda di marocchini che, a loro volta, spacciavano al dettaglio (ma con metodi più tradizionali) muovendosi a bordo di eleganti Mini Cooper a Monza e in provincia.

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