Monza

I colori che "curano": il progetto dell'Hospice per la serenità dei pazienti

Succede nella struttura "S. Maria delle Grazie” di Monza. L'iniziativa punta a regalare un po' di leggerezza in un momento molto delicato e fragile per le persone assistite all'interno della struttura.

I colori che "curano": il progetto dell'Hospice per la serenità dei pazienti
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Esprimere le proprie emozioni attraverso l'uso del colore. Succede all'Hospice "S. Maria delle Grazie” di Monza nell'ambito dell'iniziativa "I colori che curano" che punta a regalare un po' di leggerezza in un momento molto delicato e fragile per le persone assistite all'interno della struttura.

I colori che "curano": il progetto dell'Hospice per la serenità dei pazienti

Agli ospiti che lo desiderano viene infatti proposto di completare un disegno prestampato o un “mandala” con linee curve, attraverso l’uso dei colori, incoraggiando l’espressione delle proprie emozioni. Il ricordo di momenti di vita spensierati e la comunione con i propri cari (spesso il colorare viene eseguito con l’aiuto dei figli e dei nipoti) aiuta a ridare un senso al tempo che resta e a recuperare il senso di appartenenza al proprio contesto.

Un modo per alleviare la sofferenza emotiva e spirituale

«È determinante in hospice – spiegano gli operatori – alleviare anche la sofferenza emotiva e spirituale dei pazienti, che spesso si sentono di peso per gli altri, perdono il senso della propria vita e della propria malattia, non riescono a perdonare e non si sentono compresi».

«La costante presenza dell’idea di morte e la perdita di capacità e ruoli – spiega la responsabile sanitaria dell’Hospice, Adriana Mapelli - appesantisce la situazione e può portare a perdere il senso della propria vita, anche negli ultimi tempi. Colorare è allora un esercizio, un gesto semplice che aiuta le persone a raggiungere uno stato di tranquillità interiore che permette di allontanarsi dai problemi quotidiani, riassaporando attimi di fanciullezza. Lasciare un proprio disegno ai familiari costituisce in alcuni casi un vero e proprio lascito fatto di ricordi di vita e di emozioni condivise. Anche con persone deteriorate cognitivamente siamo riusciti ad ottenere, seppur per brevi momenti, una maggior serenità e una connessione con la realtà che hanno permesso scambi relazionali anche intensi con il proprio familiare».

La capacità di ascolto, di accompagnamento e il considerare gli aspetti spirituali e religiosi della sofferenza come un segno vitale hanno un impatto decisivo sul benessere dei malati: migliora l’adattamento alla malattia, diminuiscono ansia e depressione, viene favorito il mantenimento delle relazioni sociali.
Tutto questo in linea con l’orizzonte operativo delle cure palliative, così delineato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità:

“Un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicofisica e spirituale”.

Così il colore – come definito da Kandinsky – diventa davvero «il mezzo che ci consente di esercitare un influsso diretto sull’anima. Il colore è il tasto, l’occhio è il martelletto, l’anima è il pianoforte dalle molte corde…».

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