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Il disegno della sua bimba commuove il papà medico

Lo ha fatto la piccola Bianca per il suo babbo in trincea che non vedeva da due settimane

Il disegno della sua bimba commuove il papà medico
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Non è un infettivologo, nè un pneumologo, ma un chirurgo pediatrico.  Ma come tanti colleghi è finito comunque, in un modo o nell’altro, a fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Lo sa lui, lo sa la sua famiglia e lo hanno capito anche le sue figlie che, sebbene piccole, hanno compreso che il papà come tanti colleghi della professione medica, è un po’ l’eroe del momento.

Il disegno di Bianca

E infatti, costretta a non vedere il babbo, Alessandro Raffaele, 36 anni, per due settimane, la piccola Bianca (che non ha ancora compiuto sei anni), dalla casa dei nonni a Muggiò ha realizzato un bellissimo disegno per il suo papà.
E quando lui lo ha visto il 19 marzo, non è riuscito a non commuoversi. «Papà ricovera una bambina con il Coronavirus», scriva Bianca a bordo del disegno. Ci si chiede cosa hanno capito i bambini? Forse abbastanza. Intanto sa che per tenerla al sicuro papà la ha mandata dai nonni con la sorellina, mentre lui continua a lavorare in un ospedale del pavese, il San Matteo, che ha gestito il caso del cosiddetto paziente 1, il maratoneta Mattia, ora guarito e dimesso. E ha forse visto papà che non può nemmeno abbracciare i nonni per non rischiare di contagiarli, loro che per età sono più vulnerabili.La testimonianza del papà

«A cosa serve un chirurgo? E ancor di più uno come me, un chirurgo pediatra? Me lo sto chiedendo da giorni, da quando è iniziata questa guerra - spiega Alessandro - A parte coprire le guardie, di reparti ormai semideserti, e gestire le urgenze indifferibili, in una quotidianità stravolta che ti toglie anche la possibilità di dare conforto con una mano sulla spalla di una mamma preoccupata, siamo quasi spettatori di questa guerra. Eppure ci sono figure in guerra che lavorano silenziosamente, nelle retrovie, per il miglioramento della qualità della vita delle truppe. Forse un chirurgo può servire a questo». E in che modo? Controvertendo una tradizione che vuole il chirurgo sempre in azione, lui, come tanti colleghi, si sta trasformando in comunicatore.

Occhio alle fake news

«Con tante fake news, bufale e complottismo che influenzano l’opinione pubblica, è necessario prodigarsi affinché emergano gli aspetti più rilevanti, si smontino false teorie, si attuino interventi di sanità pubblica e di prevenzione, sensibilizzando la popolazione senza gettare nel panico e nello sconforto - rivela - C’è anche il problema delle comunicazioni scientifiche, che riguarda più strettamente il personale sanitario. Sono già capitati casi di peer-lampo per correggere inesattezze che stravolgono di fatto il senso di tutto i lavoro. E la difficoltà ancora maggiore è rendere comprensibili i limiti di queste scoperte, sia tra colleghi che alle persone, più facilmente allettate da videoappelli sul web che non tengono conto di tutto».
Insomma, mani ferme e mente attiva anche per lui che, dopo la laurea all’Università Bicocca di Monza, si è spostato a Pavia.
«Nell’attesa che la contingenza richieda il nostro operato sul campo, spendiamo il nostro tempo per fare quello che i nostri colleghi in prima linea non possono fare. Leggiamo attentamente i lavori scientifici disponibili, filtriamo quel che è utile da quel che è superfluo. Traduciamoli per loro, riassumiamone le conclusioni evidenziandone limiti e criticità, per consentire alla nostra cavalleria di avere più informazioni a disposizione in questa guerra».

Meno rischi per i bambini

Una guerra che, per ora, sta risparmiando i bambini.
«Piccoli positivi ne ho visti, ma hanno percorsi più favorevoli degli adulti, la maggior parte sono trattati a domicilio, non vanno in terapia intensiva. Ma comunque restano dei vettori perché possono trasmettere il virus ai nonni, un virus che dà anche manifestazioni gravi come abbiamo visto», rivela. Ma la paura resta. «Perché per noi che lavoriamo in ospedale è facile infettarsi, non possiamo stare con i nostri affetti. Ho colleghi medici che non dormono con la moglie e sono soli da settimane. E’ dura».

Più risorse alla sanità

E nonostante la stanchezza, il muggiorese riesce anche a pensare al futuro, quando la battaglia sarà vinta.
«Quando tutto sarà superato, si potrà e dovrà ridiscutere sul ruolo fondamentale del Sistema sanitario nazionale e delle persone che lo compongono, valorizzandone risorse e compensi. Non si tratta di riconoscere eroi, ma di valorizzare chi, nel quotidiano, ha scelto di donare per gli altri la sua vita, il suo tempo, la sua quotidianità, in difesa di quello che oggi sembra essere nuovamente il valore più importante di tutti: la salute», ha chiosato.

 

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