Il Pd? Altro che a "Masterchef", siamo a "Cucine da incubo"

L'impietosa metafora del senatore vimercatese Rampi.

Il Pd? Altro che a "Masterchef", siamo a "Cucine da incubo"
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Il Pd? Altro che a "Masterchef", siamo a "Cucine da incubo". Una metafora al passo con i tempi,  che stride con la realtà di un partito che, soprattutto a livello nazionale, sembra invece fermo al palo.

Lo sfogo del senatore Rampi

Parole nette e forti scelte da chi il partito, dieci anni fa, ha contributo a fondarlo e poi a radicarlo sul territorio. Sono destinate a fare discutere le parole che il senatore vimercatese del Pd Roberto Rampi ha affidato nella giornata di oggi, mercoledì, ad un post sul suo profilo Facebook. Lo ha fatto, come detto, utilizzando una metafora al passo con i tempi, richiamando i programmi tv dedicati alla cucina che vanno per la maggiore.

Roberto Rampi, senatore del Pd

Serve un Gordon Ramsay per "rifondare" il Pd

In sostanza per il senatore, ex deputato ed ex vicesindaco di Vimercate, se in passato il Pd poteva essere paragonato ad un ristorante di primo livello, nel quale si servivano piatti di alta qualità, grazie anche a cuochi di grande fama e di capacità riconosciute, degni quindi di "Masterchef", ora quello stesso partito è ridotto ad una sorta di bettola, con piatti poco appetitosi e poco curati, dove i cuochi non fanno altro che litigare sulle scelte da fare, in presenza dei clienti. Come in ristoranti finiti su "Cucine da incubo"  ci sarebbe quindi bisogno dell'intervento drastico e spietato di un Gordon Ramsay (o un Antonino Cannavacciuolo della versione italiana) della politica. Una persona capace, e magari più di una, che non guardi in faccia a nessuno pur di ridare forza, dignità e appeal al partito. Insomma, che riscriva il menù (magari con pietanze meno elaborate e più vicine ai gusti degli italiani), rimetta a nuovo il locale e ingaggi nuovi cuochi.

Ecco le parole di Rampi

"Conosco un locale dove si cucinava molto bene - ha scritto il senatore su Facebook - Ottimi prodotti, belle proposte, buoni piatti. Dieci anni fa l’apertura aveva riunito chef molto bravi e una bella squadra. Aveva scaldato i cuori e attratto molto interesse. Sono cambiate un paio di gestioni. Ognuno ha portato il suo taglio e i suoi sapori, che son piaciuti più ad alcuni e meno ad altri. Ma il problema è che troppe sere i gestori litigavano tra loro. Sempre di più. Prima li sentivi dalla cucina, poi proprio ai tavoli, alla fine non si sapeva più bene nemmeno quale fosse il menù. Ora alcuni stanno cercando un nuovo chef. Va bene. Ma se prima non si ristruttura il locale, che ormai è scassato, non definiamo il menù e la proposta culinaria, ci chiariamo per non litigare più difronte ai clienti e magari intercettiamo anche un po’ di idee nuove io penso che le persone non si affacceranno di nuovo. Perché non si fidano più. E serve a poco cambiare l’insegna. Ora come ora più che a Masterchef siamo a Cucine da incubo".

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