Lesmo

«L’acqua è inquinata»: anziani truffati. Il malvivente scappa con migliaia di euro

Il raggiro venerdì della scorsa settimana a Lesmo: per carpire la fiducia, il ladro ha citato il nome della figlia.

«L’acqua è inquinata»: anziani truffati. Il malvivente scappa con migliaia di euro
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Il primo pensiero quando viene messa a segno una truffa a un anziano è «ai miei genitori non potrebbe mai capitare, se ne accorgerebbero subito del tentativo di raggiro». E per molti anziani, quando vengono a sapere di una truffa capitata a un amico, la reazione d’istinto è dell’ordine di un «ma come ha fatto a cascarci e a non accorgersene?».

«L’acqua è inquinata»: anziani truffati

E invece la truffa da 30mila euro messa a segno venerdì mattina della scorsa settimana in via 25 Aprile a Lesmo è la prova che quelle espressioni sono «solo» parole, che i truffatori non sono dei «semplici» ladri, ma che studiano le vittime (altrimenti come farebbero a conoscere il nome della figlia, usato come grimaldello per aprire la cassaforte della diffidenza?) e che sono in grado di mettere in atto una rappresentazione tale da spingere i malcapitati a eseguire le loro indicazioni come se improvvisamente fossero degli automi non in grado di discernere l’assurdità dei comandi (capacità immediatamente riacquistata quando si ripensa a cosa è successo).

Il campanello che suona e la scusa per entrare in casa

E così l’ennesimo episodio di furto con raggiro è stato consumato venerdì, poco dopo le 9. Una mattinata qualsiasi fino a quando il malvivente, un uomo sulla trentina, italiano, con gli occhiali e la barba curata, ha suonato il campanello dell’abitazione di Domenico e Giovanna Nicastro. Un suono insistente che ha spinto l’81enne ad avvicinarsi al cancelletto, ancora chiuso. L’uomo si è presentato come il nipote di un fantomatico vigile Colombo, di Arcore, e che era lì perché la falda acquifera era inquinata. Parole a vanvera, che probabilmente non avrebbero spinto nessuno ad aprire. Ma, come detto, i truffatori non sono dei sempliciotti e, a quel punto, il malvivente ha usato il jolly: «Sono amico di sua figlia Mariella, mi ha detto lei di passare per accertare che voi steste bene».

Il nome di un figlio, quello che di più caro ha qualsiasi genitore, e d’improvviso nel muro eretto dalla conoscenza indiretta di decine di truffe si apre quella breccia decisiva. Perché a quel punto non si pensa più all’assurdità della scusa di essere un nipote di un vigile, non si pensa più che se ci fosse davvero un inquinamento della falda verrebbero avvisati tutti i condomini e Comune, Brianzacque e Forze dell’ordine metterebbero in campo una task force massiccia. No, in quel momento si pensa solo alla preoccupazione di un figlio e che a sua volta si ripercuote sulla preoccupazione per la moglie in casa. E il cancello viene aperto: a questo punto la strada del malvivente è solo in discesa.

L'oro che si ossida

Perché la sceneggiata procede a ritmo tambureggiante, l’allarme assume toni sempre più forti («non aprite i rubinetti al momento, potrebbe essere pericoloso. Cosa fa signora? Si allontani»), c’è anche la prova: «Venite in cucina, sentite sentite». E dal rubinetto esce effettivamente un odore nauseabondo. E poco importa se fino a un secondo prima, quando il malvivente non era in casa, da quello stesso rubinetto usciva «solo» acqua. No, ormai la truffa è servita, l’automazione è meccanica. «Andate a prendere l’oro, dobbiamo salvaguardarlo mettendolo in frigo altrimenti si ossida». L’oro che si ossida, una assurdità per la stessa vittima, purtroppo solo dopo, a mente fredda quando si riannodano i fili di quei concitatissimi venti minuti.

Il malvivente scappa con migliaia di euro

L’oro, tutti i ricordi di famiglia o lavorativi, viene preso e messo in una busta in frigo, poi si obbedisce all’ultima raccomandazione: «Ora dobbiamo aprire finestre e rubinetti». E quando ci si sposta, il malvivente completa l’opera: apre il frigo, arraffa tutto e scappa con un bottino (tra gioielli, orologi, oro) da circa 30mila euro.

Il momento della consapevolezza

A quel punto tutto torna lucido. La consapevolezza di essere stati truffati, la chiamata ai Carabinieri che raccolgono, oltre alla denuncia, l’identikit del malvivente. Che scappa in fretta e furia e si sposta verso Besana: in località Brugora dopo poche ore vengono trovate le scatoline vuote e un buono fruttifero postale che non avrebbe mai potuto riscuotere.
Dietro non lascia solo l’ammanco economico, ma qualcosa di più perfido che si insinua nella mente di chi pensava che non avrebbe mai potuto cadere in una trappola del genere e quella domanda asfissiante: «Ma come è potuto accadere?»

Sergio Nicastro

Scrivere, parlarne, organizzare incontri: non sarà mai troppo per cercare di fronteggiare il crimine delle truffe agli anziani. Ai quali va solo una preghiera: non aprite mai agli sconosciuti. Anche se in divisa, perché a un vero carabiniere o poliziotto non disturberà attendere qualche minuto, il tempo di una chiamata al 112. Anche se citano il nome di un figlio o di un parente, che se fosse preoccupato per voi chiamerebbe o verrebbe di persona, senza mandare nessuno.

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