Testimonianza shock in Tribunale

Lega la fidanzata incinta a un albero e la picchia

La 27enne di Muggiò è stata ascoltata in Tribunale: «Non potevo uscire. Dovevo stare in casa con le imposte chiuse»

Lega la fidanzata incinta a un albero e la picchia
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«Mi ha legata a un albero, e mi picchiava, fino a farmi sanguinare». E tutto solo perché non aveva «bevuto correttamente» da una bottiglietta d’acqua.

Sevizia la ex incinta

La protagonista del racconto choc, reso in aula davanti ai giudici del Tribunale di Bergamo, è una 27enne di Muggiò, parte offesa in un processo con accuse di maltrattamenti e violenza sessuale a carico di Giancarlo Mastropasqua, 36enne di Casirate d’Adda già noto alle cronache dopo che, nel maggio 2023, è finito in carcere per quattro rapine organizzate nella zona di Treviglio, tre delle quali ai danni di sale slot con le pistole spianate e la maschera da clown calata sul volto.

Il calvario della donna

Mentre i Carabinieri indagavano sui colpi, vennero a galla le vicende di presunta violenza domestica, costati a Mastropasqua un’ulteriore misura cautelare e l’attuale processo. La donna, all’udienza celebrata il 3 aprile, ha raccontato il suo calvario protrattosi fra agosto 2022 e aprile 2023. Si è costituita parte civile, con la tutela dell’avvocato Giancarlo Cainarca. La 27enne ha raccontato che, durante la relazione, le era vietato tutto.

«Non potevo uscire, né avere amicizie»

«Non potevo mettere i tacchi o truccarmi. Potevo indossare solo biancheria che voleva lui e la maglietta della salute sotto le altre maglie.
E ancora: «Non potevo uscire, né avere amicizie. Dovevo stare in casa con le imposte chiuse. Ci eravamo conosciuti in Facebook, mi fece cancellare tutti i profili, anche quello che avevo per il lavoro». Secondo quanto riferito, lui si infuriava per qualsiasi cosa, anche se la tavola era apparecchiata male, o se rideva davanti a uno spettacolo in tv.

Le botte quando era incinta

E poi, le botte:

«Mi aveva insegnato come bere dalla bottiglietta d'acqua, dovevo inserire entrambe le labbra. Quando ero incinta, eravamo da McDonald e io sbagliai, il labbro sotto rimase fuori. Allora mi portò a Treviglio, in una zona senza lampioni, senza niente, mi fece uscire dalla macchina tirandomi per i capelli, mi legò a un albero e iniziò a picchiarmi. Diceva “ti ammazzo” e continuava a picchiare. Poi mi sono accorta che avevo perso sangue e, a casa, mi mise a letto e mi curò».

In seguito, la ragazza riuscì a recarsi in ospedale al San Gerardo di Monza, decise di abortire e una psicologa, che si rese conto della situazione, fece partire una segnalazione, arrivata ai carabinieri.

«Dovevo sempre chiedere scusa»

«Dovevo sempre chiedere scusa», prosegue. Dice di essersi messa in ginocchio e di avere baciato i piedi all'ex dopo il presunto stupro, l’11 maggio 2023, per convincerlo a portarla in un locale pubblico, dove lei poi lo lasciò definitivamente. Corse alla cassa, fece chiamare la madre, il barista l’accompagnò in caserma e dalla caserma la portarono in ospedale. Uscì con 25 giorni di prognosi. Quel pomeriggio, prima di incontrarsi, con Mastropasqua si scambiarono molti messaggi, anche spinti, come rimarcato dalla difesa: «Io volevo assecondarlo perché mi aveva detto che poi mi avrebbe ridato le mie cose e la mia macchina».

L’udienza ha vissuto alcuni momenti di tensione quando la difesa ha rivolto alla donna molte domande esplicite sui loro trascorsi, sottolineando particolari di natura intima e sessuale.

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