Un mese fa la strage in Congo

"Luca Attanasio era una voce autorevole, è stato fermato"

Il focolarino Damien Kasereka, direttore del Centre Medical di Kinshasa, non crede alla tesi del rapimento

"Luca Attanasio era una voce autorevole, è stato fermato"
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"Luca Attanasio era una voce autorevole, è stato fermato". Il focolarino Damien Kasereka, direttore del Centre Medical di Kinshasa, non crede alla tesi del rapimento

"Luca Attanasio era una voce autorevole, è stato fermato"

"In questi anni abbiamo perso vescovi e persone che come Luca Attanasio andavano contro corrente e avevano una voce autorevole per denunciare, ma qualcuno, che non si ferma davanti a niente, ha voluto fermarli". Non si è trattato di un rapimento finito male secondo Damien Kasereka, focolarino e direttore del Centre Medical Moyi mwa Ntongo. L’ambasciatore 43enne è stato ucciso il 22 febbraio in Congo durante un attacco al convoglio Onu su cui stava viaggiando. Nell’agguato sono morti anche il carabiniere della sua scorta Vittorio Iacovacci e l’autista congolese Mustapha Milambo. L’ospedale diretto da Kasereka si trova a Kinshasa ed è molto caro alla città di Desio, tanti cittadini hanno contribuito alla sua realizzazione insieme alla Fondazione Onlus Giancarlo Pallavicini.

Le serate all’Ambasciata

Kasereka aveva conosciuto il diplomatico limbiatese quattro anni fa, quando era arrivato in Congo come capo missione e subito ne era rimasto colpito: "Luca Attanasio ha subito cercato di creare una grande famiglia con gli italiani e la popolazione locale".  Il movimento dei Focolari, essendo nato in Italia, aveva rapporti stretti con l’Ambasciata guidata da Attanasio. "Il 2 Giugno per la Festa della Repubblica venivamo sempre invitati, altre volte invece siamo stati alla residenza con altri amici per guardare insieme un film e mangiare qualcosa insieme - ha continuato Kasereka - L’ambasciatore ci teneva a organizzare queste serate culturali. Conoscendolo abbiamo scoperto non solo un buon diplomatico ma anche una persona che voleva vivere insieme alla popolazione".

La "missione" diplomatica

Parlare con lui era sempre un piacere. "Trasmetteva il suo desiderio di essere portatore di un messaggio di pace, giustizia e amore. A noi che siamo missionari diceva che anche il suo impegno diplomatico era una missione", ha aggiunto il direttore del centro medico.  Attanasio era stato invitato dai focolarini a visitare l’ospedale Moyi mwa Ntongo, ma per vari impegni non era stato possibile. "Era comunque venuto a inaugurare una nostra iniziativa, la corsa Run for unity - ha aggiunto Kasereka - L’ultima volta ci siamo visti a ottobre, in occasione di una manifestazione ufficiale".

Un conflitto "immaginario"

La notizia dell’uccisione di Attanasio, del carabiniere della sua scorta e dell’autista in un assalto armato a pochi chilometri da Goma ha profondamente addolorato il focolarino. "Da 27 anni in quella regione si commettono violenze, ogni giorno si contano i morti, in un anno ce ne sono stai seimila, non si fa in tempo a elaborare un lutto che se ne aggiungono altri - ha ricordato il direttore del centro medico - C’è in atto un conflitto che non ha niente a che vedere con noi congolesi e non sappiano quando finirà. E’ una guerra creata fuori, una guerra di occupazione e sfruttamento da parte delle multinazionali per accaparrarsi risorse come coltan e cobalto. Tante istituzioni sono complici e lo sono anche i congolesi che hanno accesso alle ricchezze. In tutti questi anni più di ventimila caschi blu non sono riusciti a mettere fine a questo conflitto “immaginario”.

"Sacrificata una persona buona e autorevole"

Kasereka non crede all’ipotesi del rapimento andato male: "All’inizio sembrava così ma da quelle parti dicono che in questo attacco c’è la complicità del vicino Rwanda. Forse sapevano che l’ambasciatore era a conoscenza di informazioni che per qualcuno erano scomode. Attanasio era vicino alla gente, aiutava la popolazione e forse questo non piaceva. E’ stata sacrificata una persona buona e autorevole".

Il punto sulle indagini

Dalla ricostruzione dei Carabinieri del Ros, dopo aver ascoltato i testimoni oculari dell’agguato del 22 febbraio, tra cui il vicedirettore del Pam in Congo, Rocco Leone, Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci sarebbero stati uccisi nel conflitto a fuoco tra Rangers del parco Virunga e sequestratori.  Il sopravvissuto ha riferito agli inquirenti che il militare ha tentato di allontanare il diplomatico 43enne dalla linea del fuoco nella sparatoria. A quel punto gli assalitori avrebbero sparato, uccidendoli. Nell’indagine la Procura di Roma ipotizza anche il reato di omicidio colposo, oltre al tentativo di sequestro con finalità di terrorismo. La settimana scorsa invece, è stato trasmesso alle autorità italiane l’esito l'inchiesta delle Nazioni Unite ma le conclusioni "dovranno restare riservate". Anche le autorità congolesi stanno conducendo delle indagini sull’attacco del 22 febbraio.

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