Maxi truffe con il fallimento di aziende, arrestata avvocatessa di Giussano
L'indagine partita da Rovigo ha portato al sequestro di 1,8 milioni di euro
Accuse pesanti per Laura Rosalba Lorenzon con studio in viale Rimembranze a Giussano, considerata la mente del gruppo fermato dalla Guardia di Finanza di Rovigo.
Sei misure cautelari
Facevano fallire società in grave dissesto economico per creare proventi illeciti. Tra le sei misure cautelari - una in carcere, due ai domiciliari e tre interdittive - eseguite dalla Guardia di Finanza di Rovigo, una riguarda un’avvocata con studio in viale Rimembranze a Giussano, la 63enne Laura Rosalba Lorenzon, originaria della provincia di Teramo. Secondo quanto appreso, la professionista è stata raggiunta da ordinanza restrittiva agli arresti domiciliari, e da un sequestro patrimoniale molto ingente. Associazione a delinquere, bancarotta, autoriciclaggio, truffa ed esercizio abusivo dell’attività bancaria le accuse ipotizzate.
Sequestrati 1, 800 milioni di euro
Il provvedimento di sequestro ha riguardato nel complesso fondi per 1 milione e 800mila euro, e 16 conti correnti. Al vertice di questo gruppo c’era un imprenditore della provincia di Parma di 60 anni. Al di sotto era gerarchicamente inserita l’avvocata giussanese, considerata tra i promotori dell’organizzazione oltre che consulente legale del gruppo e con un ruolo centrale nella gestione degli enti riferibili agli indagati. Nei confronti degli altri 3 presunti membri dell’organizzazione, tra cui un ragioniere commercialista, il Tribunale veneto ha disposto invece l’applicazione del divieto dell’esercizio di ragioniere commercialista o di esercitare attività di impresa e ricoprire la carica di amministratore di società. Si tratta di un 52enne di Torino residente in provincia di Pavia, di un 46enne della provincia di Cremona, e di un 54enne di Arezzo.
Due associazioni senza fini di lucro avevano la funzione di vere e proprie «banche»
Il gruppo sgominato dalle Fiamme Gialle avrebbe operato appropriandosi di aziende in forte difficoltà, spogliandole del proprio patrimonio e sottraendo i ricavi prodotti dalle stesse. Gran parte di questi venivano dirottati sui conti di due associazioni senza fini di lucro che ricoprivano la funzione di vere e proprie «banche». Enti che sfuggivano ai normali controlli della Banca di Italia, e attraverso i quali gli indagati avrebbero svolto una vera e propria attività creditizia, aprendo conti nominativi nei confronti di persone in difficoltà economiche ed erogando prestiti, alla sola condizione di aderire all’associazione previo versamento della quota associativa di almeno 500 euro. Secondo quanto riferito, era impossibile uscire dal giro, chi entrava nell’associazione non avrebbe potuto recedere, visto che il conto corrente finiva nella disponibilità della no-profit, se non pagando penali, ricevendo minacce, diffide dell’avvocato. Vengono ipotizzate anche diverse truffe messe in atto ai danni di imprenditori che erano intenzionati ad acquistare macchinari per la realizzazione di mascherine prodotti da società fallita con sede a Occhiobello (Rovigo). Durante l’emergenza Covid molti imprenditori cercavano di attrezzarsi per produrle. L’organizzazione gliele vendeva incassando i pagamenti e consegnando macchinari inservibili, come verificato dalle Fiamme Gialle a Genova.