Medaglia d'onore al nonno del sindaco di Meda: in un diario raccontò gli orrori della guerra
Giulio Santambrogio, seregnese doc, ha lasciato una sorta di eredità spirituale.
Medaglia d'onore al nonno del sindaco di Meda: in un diario Giulio Santambrogio raccontò gli orrori della guerra.
Medaglia d'onore a Giulio Santambrogio
In famiglia non aveva mai parlato della guerra, forse perché non voleva riaprire le ferite dolorose che quell’esperienza gli aveva provocato. Ma Giulio Santambrogio, seregnese doc, nato e cresciuto nel quartiere di Santa Valeria, dove è morto nel 1999, ha messo nero su bianco la sua storia, scrivendo un diario ora diventato una sorta di eredità spirituale per i famigliari. Anche lui, deportato in Germania, è stato insignito della medaglia d’onore, che sarà ritirata dal figlio Cesare Santambrogio di Meda e conferita dal sindaco Luca Santambrogio, che è anche suo nipote.
Una doppia emozione per il sindaco di Meda
Una doppia emozione per il primo cittadino, che commenta con un sorriso: «Se mio nonno fosse stato ancora in vita penso che avrebbe accettato che gli consegnassi io questo riconoscimento solo perché sono suo nipote. Avrebbe preferito riceverlo dal sindaco di Seregno, era orgoglioso di essere seregnese e spesso “bisticciavamo” sulla contrapposizione tra le due città».
La sua storia
Nato il 9 gennaio 1912 in via Garibaldi, nel marzo 1933 partì per il servizio militare con destinazione Roma «Ottavo Corpo Genio Telegrafico». Congedato dopo 18 mesi, nell’agosto del 1934 ritornò a casa, ma nel 1935 dovette lasciarla di nuovo. Ritorni e partenze caratterizzarono sempre la sua gioventù e non appena poteva riassaporare un po’ di normalità, con la sua famiglia e il lavoro di falegname, ecco che veniva richiamato alle armi. Partecipò alla campagna d’Abissinia, alla battaglia delle Alpi Occidentali e alla campagna d’Albania. Nel 1942, mentre si trovava in Grecia, contrasse la malaria e miracolosamente si ristabilì. Fatto prigioniero nel marzo del 1943 venne deportato in Germania dopo un viaggio su vagoni bestiame da lui definito «umiliante e ai limiti dell’essere umano». Arrivato a Trier (attuale Treviri) e confinato nello «Stammlager XII F», ci rimase fino all’imminente fine della guerra e riacquistò la libertà grazie a un ufficiale tedesco diventato suo amico che gli consigliò di aspettare il momento propizio per fuggire. Tornò nella sua Seregno il 12 aprile 1945.
Toccante il finale del diario
Toccante il finale del diario, in cui è descritto il momento del suo rientro, con la via Garibaldi gremita di persone pronte ad accoglierlo, con saluti e pacche sulle spalle. Ma provò una sensazione indescrivibile quando tra la folla vide spuntare la futura moglie Rosa e la suocera Linda: «Dai loro sguardi percepivo il senso di compassione per quanto ho passato».
I figli: "E' stato un esempio di vita"
E i figli Cesare, Angelo e Renzo non possono che essere orgogliosi di aver avuto un papà così speciale che nonostante gli orrori sopportati in 12 anni da combattente della patria «ha saputo trasmettere dolcezza alla sua grande famiglia che tanto ha amato e che lo ha sempre ricambiato e rispettato. Caro papà, grazie per l’esempio di vita che sei stato e che ancora oggi sei per tutti noi».