Monza, cala il numero delle slot machine: in tre anni -25%
Allevi: "Numeri che confermano la bontà delle nostre azioni nel contrasto al gioco d'azzardo patologico".
Monza, cala il numero delle slot machine: in tre anni -25%. Allevi: "Numeri che confermano la bontà delle nostre azioni nel contrasto al gioco d'azzardo patologico".
Monza, cala il numero delle slot machine: in tre anni -25%
Cala a Monza il numero delle slot machine che in tre anni passano da 572 a 429. Così come cala la spesa pro capite che nello stesso lasso di tempo è passata da 823 euro a 238,33.
Sono i numeri ufficializzati dall'Amministrazione comunale che ha fatto un'analisi degli ultimi 36 mesi relativa all'applicazione del Regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie legate al gioco d'azzardo e del progetto "Attenti al Gap", finalizzato alla prevenzione e repressione del gioco d'azzardo.
E' passato poco più di un anno da quando il sindaco Dario Allevi ha firmato un'ordinanza per limitare l'orario delle sale slot, che hanno così dovuto spegnere le macchinette per 15 ore di fila, dalle 23 alle 14.
"Un percorso iniziato che, con questi primi risultati, ci conferma di essere sulla strada giusta per combattere una vera e propria piaga sociale com’è quella della ludopatia", spiega il Sindaco.
I numeri
A Monza nei bar e nelle tabaccherie sono presenti le cosiddette «AWP» («Amusement With Prizes») che accettano solo monete, mentre in locali dedicati ci sono le «videolottery» (o «VLT») che accettano anche banconote e consentono giocate e vincite più alte.
A fine 2017 sul territorio della nostra città il numero complessivo di «slot» era di 572 (446 «AWP» e 126 «VLT») per una spesa pro - capite di 823 euro. Tre anni dopo la presenza delle macchinette è scesa a 429 (317 «AWP» e 112 «VLT») con una contrazione della spesa pro capite di ben 548 euro (da 823 a 238,33 euro). A Monza sono solo 7 le «videolottery», mentre sono 89 i bar e le tabaccherie in cui sono installate le «macchinette».
Esercenti favorevoli a una scelta etica
"Questi numeri sono il risultato della nostra lotta senza quartiere alle macchinette: le “slot” sono sempre meno grazie al lavoro di contrasto e di prevenzione fatto in questi anni, spiegano Dario Allevi e l’Assessore al Commercio Massimiliano Longo. In particolare sono state fissate norme rigide per l'apertura delle sale da gioco e definite le cosiddette “aree sensibili”, creando di fatto una vera e propria “no slot zone”. Un’operazione di “bonifica” resa possibile anche grazie all’impegno di alcuni esercenti che per una scelta etica hanno deciso di rinunciare ad un guadagno sicuro».
"Dobbiamo avere la capacità però di fare rete su tutto il territorio per rendere sempre più incisiva la nostra azione, spiega Dario Allevi. L’unico modo, infatti, per prevenire il gioco patologico è portare avanti un’azione comune, una sorta di “class action” contro la ludopatia. Per questo alla prossima Assemblea dei Sindaci il Consigliere Martinetti presenterà al Presidente della Provincia l’esperienza monzese con l’obiettivo di estenderla a tutti i Comuni brianzoli al fine di rendere omogenee le regole e, soprattutto, i divieti".
Controlli e sanzioni
In due anni, nel 2018 e nel 2019, gli agenti del Nucleo Polizia Annonaria e Commerciale hanno effettuato 367 controlli contestando un centinaio di violazioni (per poco meno di 150 mila euro). Inoltre sono stati messi i «sigilli» a una quarantina di «macchinette» e, di queste, solo una decina sono state restituite.
Ciò è stato reso possibile anche grazie all’adesione al progetto «SMART» («Statistiche, Monitoraggio e Analisi della Raccolta Territoriale del gioco fisico»), il sistema per il monitoraggio delle «slot». Inoltre per due settimane all'anno sono stati predisposti controlli ministeriali congiunti tra Polizia Locale, Agenzia Dogane - Monopoli di Stato e Questura. Il mancato rispetto delle limitazioni d’orario è punito con una sanzione amministrativa di 166 euro.
Sono un gestore di apparecchi da gioco legali A.W.P. o NEW SLOT comma 6/a del 110 T.U.L.P.S. ovvero terzo incaricato della raccolta, regolarmente iscritto al RIES elenco dei soggetti di cui all'art.1, com.533, della legge n. 266/2005, come sostituito dall’art. 1, com.82, della legge n. 220/2010, in possesso del certificato antimafia così come previsto e che opera con la propria azienda nel settore del gioco legale di stato da moltissimi anni premetto che: La mia è una richiesta a tutela di comuni necessità d’imprese che operano nel settore del gioco riconosciuto legale dallo Stato. Oltre che una battaglia da PMI imprenditore del gioco legale dello Stato di chi si sente emarginato, accusato, privato delle minime garanzie formali e sostanziali in ambito lavorativo dalle amministrazioni locali e nazionali, dalla politica, dai media e additato come impresa, o meglio come “mala-impresa” che si arricchisce rovinando famiglie o evadendo chissà quali imposizioni, oggetto della presente petizione è il riconoscimento VERO della libertà di fare impresa, della dignità e del rispetto di ogni mio collaboratore o dipendente, della legalità della mia impresa non solo a parole ma anche nei fatti. Oggi nei fatti assisto al continuo accanimento da parte di chi, governando, dovrebbe promuovere le condizioni per garantire l'effettivo diritto al lavoro ed invece promuove azioni che facilitano unicamente le lobby del “Gioco” assecondandole nel loro strapotere. Mi spiego. Noi non abbiamo bisogno di simpatia. Abbiamo bisogno di rispetto da parte di tutti per le nostre imprese. Una sottile ma perversa e costante comunicazione ci tratteggia come imprese che “delinquono”, come il male assoluto mascherato dalla “legalità”, imprese che si arricchiscono rovinando famiglie all'interno delle quali il giocatore sperpera il denaro. Questo messaggio è ormai predominante. Sono impotente, siamo impotenti , quasi senza speranza. Le attuali imposizioni sono veri e propri furti alle imprese (somigliano a furti di un mestiere!) e vengono mascherati come rimedi contro il dilagare del gioco che se pur legale si insinua essere fuorviero di chissà quali inganni, che chissà come è gestito dagli “imprenditori”, ecc, ecc. Percepisco sempre quell'aria di sospetto e supponenza quando mi presento e presento la mia attività. Ciò che sta accadendo in verità è uno Stato che sta rendendo impossibile l'effettivo diritto al lavoro che la Repubblica dovrebbe riconoscere. Io sono un imprenditore e gestore del gioco legale dello Stato, io lavoro e do lavoro nel rispetto della legalità. La guerra alle sole imprese di gestione di apparecchi da gioco deve terminare. Per me imprenditore, per i miei dipendenti e per la mia e le loro famiglie non ci sono più diritti? Attraverso un collaudato sistema d’imposizione assistiamo a continui aumenti del Prelievo Erariale Unico (PREU), l’abbassamento delle vincite o pay out, e' a discapito dei giocatori sempre e comunque, solo le casse dello stato ne traggono enorme beneficio. Tutto ciò accompagnato da misure draconiane sulle distanze dai c.d. luoghi sensibili, da limitazioni di orari di accesso ai giochi solo per le AWP. Si aggiungano poi tutte quelle limitazioni imposte dalle Autorità locali che diventano veri e propri ostacoli al libero esercizio delle attività di gioco. Il sistema regolatorio già estremamente complesso è stato così ulteriormente gravato, vincoli su vincoli aggiunti a macchia di leopardo in modo iniquo e disomogeneo. L’art. 4 e l’art. 32 della Costituzione non vanno contrapposti ma vanno contemperati: la libertà di fare impresa e la salute pubblica devono rimanere sullo stesso piano tutelandosi a vicenda. Attualmente assistiamo alla presunzione di tutelare la salute pubblica colpendo sempre e solo un tipologia di gioco – giochi AWP - comunque legale e autorizzato dallo stato. È da considerarsi razionale questo modo di governare? I dati del Ministero della Salute dicono che circa 13 mila italiani sono ufficialmente in cura per guarire dal Disturbo da Gioco d'Azzardo (DGA). L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce i “ ludopatici ” come coloro che sono affetti da gioco-dipendenza intendendo nel gioco sia i giochi elettronici che quelli d'azzardo. Col passare del tempo tale termine ha assunto sempre più il significato ristretto di un comportamento caratterizzato dal desiderio compulsivo di tentare la fortuna al gioco e ciò sulla spinta di comunicazioni dettate da una certa politica e da mass media c.d. NO SLOT. Cito a titolo esemplificativo come tra le diverse forme di dipendenza che affliggono la specie umana oltre al gioco patologico ci sia l’alcolismo. Gli esperti che si occupano della dipendenza da bevande alcoliche, e in questo caso abbiamo dati certi del pericolo legato al fenomeno che produce migliaia di morti all’anno e numeri 10 volte superiori alla dipendenza da gioco, non se la prendono con il prodotto in sé. Curano ma al contempo (semmai concordano nell’esaltazione) esaltano le capacità nella viticoltura e nell'enologia del Bel Paese quando la distribuzione e l'uso sia in linea con il benessere. A nessuno viene in mente di vietare la somministrazione di un determinato vino o birra rispetto ad altri. A nessuno viene in mente di vietare la somministrazione di alcolici, ne tantomeno superalcolici , vicino a una chiesa o a una scuola! Qui si può bere ma non si può giocare! Quindi si possono bere grandi quantità di alcolici ma non si dovrebbe poter giocare. E la salute? Perché in questo caso non ci si preoccupa di tutelare la salute? Il problema è il prodotto o l’uso che ne viene fatto? “Non voglio negare o ignorare il problema del gioco patologico, ma" occorre educare al gioco , qualsiasi esso sia. Il vizio del gioco e' antico. Proibire non risolve. Serve educare all'uso del libero arbitrio. Tutto qui." Col proibizionismo non si è mai risolto nulla, ancor meno se mascherato e che serve solo a fare cassa. Siamo in presenza di uno Stato biscazziere che attraverso distorte comunicazioni falsa la realtà del nostro modo di fare impresa!
Nelle parole del Sindaco sono presenti, però, due gravi inesattezze. Come spesso accade a chi parla del settore gioco legale senza averne approfondito le specifiche e i numeri, anche il Sindaco Allevi finisce per confondere la spesa dei giocatori con la raccolta, sostenendo che la spesa pro capite fosse di 823 euro a testa prima del suo intervento. Il Sindaco però sbaglia, perché dimentica di considerare quelle che sono le vincite dei giocatori. La spesa effettiva dei giocatori, infatti, è sempre il giocato meno il vinto. Con questa semplice operazione è infatti possibile avere il dato reale della spesa, senza correre il rischio di lanciare dati sballati e fuorvianti, che saranno anche efficaci nella logica della propaganda politica, ma che purtroppo per chi li riporta sono anche falsi. Ci si accorgerebbe infatti che la spesa effettiva media del giocatore è una percentuale molto bassa dell’intero giocato, perché semplicemente gran parte del giocato torna per legge proprio nelle tasche dei giocatori. Pertanto il dato sulla spesa pro capite, di 823 prima e di 238 poi, è errato. L’altro errore che commette il Sindaco in questa dichiarazione è quello di prendersi i meriti per la riduzione del numero di slot nel suo paese. Vogliamo informare il Sindaco che in seguito ad una legge nazionale le slot in Italia hanno subito una riduzione del 35% nei primi 4 mesi del 2018 su tutto il territorio italiano. Pertanto la riduzione del 25% in 3 anni a Monza non solo non è avvenuta grazie al Sindaco, ma è anche inferiore alla media nazionale. Nulla di nuovo insomma. Siamo abituati ad amministratori locali che pensano ad accaparrare facile consenso prendendo di mira l’unico settore che viene ritenuto sacrificabile, dimenticando le migliaia di addetti che ne fanno parte e la funzione di queste aziende, cruciale ed insostituibile per la raccolta per conto dello Stato e per il mantenimento della legalità. Quello che non è accettabile però è la mistificazione della realtà e la scarsa conoscenza delle dinamiche di un settore che si è chiamati a regolare.