La rabbia della madre

Morto in fabbrica a 25 anni, il titolare dell'azienda patteggia 11 mesi

Gabriele Di Guida è scomparso il 10 aprile 2019: "Questa non si può chiamare giustizia".

Morto in fabbrica a 25 anni, il titolare dell'azienda patteggia 11 mesi
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Morto in fabbrica a 25 anni, il titolare dell'azienda patteggia 11 mesi. Dopo oltre tre anni è arrivata la sentenza per la scomparsa di Gabriele Di Guida. La rabbia di mamma Ester: "Questa non è giustizia".

"Questo è quanto vale mio figlio per la giustizia italiana"

"Per la giustizia italiana la vita di mio figlio vale 11 mesi". In queste semplici parole c’è tutta l’amarezza di Ester Intini, mamma del giovane Gabriele Di Guida, scomparso il 10 aprile 2019 in seguito a un terribile incidente sul lavoro. Aveva solo 25 anni.

"Dopo oltre tre anni di attesa è arrivata la sentenza - spiega Ester - Il titolare dell’azienda per cui lavorava mio figlio, la “Silfa” di Sulbiate, Walter Cereda, e il responsabile della sicurezza, Alberto Brasioli, hanno patteggiato 11 mesi di reclusione. La pena è sospesa perché secondo la sentenza “l’azienda è stata collaborativa e ha recepito le indicazioni di Ats per migliorare la sicurezza nel reparto”. Peccato però che tutta questa attenzione si sia concretizzata dopo che mio figlio ha perso la vita...".

Assunto dalla «Silfa» a inizio 2019, Gabriele nel giro di 45 giorni era stato promosso a responsabile di linea. Una mansione per cui, secondo Ester, il 25enne non era preparato.

"In questi mesi non ho potuto parlare perché eravamo ancora in attesa della sentenza, ma adesso posso dire tutto. Gabry non aveva nemmeno le scarpe anti-infortunistiche, è morto con addosso quelle dell’azienda precedente. Non aveva fatto formazione, nel giro di pochi giorni è diventato responsabile della linea e si è trovato a lavorare su una delle macchine più pericolose. Il 10 aprile 2019, purtroppo, è successo l’irreparabile. E ci sono voluti 28 minuti prima che qualcuno si accorgesse che Gabry era rimasto schiacciato nella pressa. Non è accettabile".

Sentenza difficile da accettare

Proprio alla luce di tutto questo quella emessa dal Tribunale di Monza è una sentenza difficile da accettare.

"Tutti noi sappiamo benissimo che nessuna sentenza ci avrebbe mai restituito il sorriso di Gabriele - continua mamma Ester - Così però si aggiunge altro dolore a quello che proviamo già quotidianamente. Questa non può essere definita giustizia. E non penso solo a mio figlio, ma a tutte quelle famiglie che hanno perso qualcuno di caro sul posto di lavoro. Non è possibile andare avanti in questo modo".

Proprio per evitare che situazioni come quelle di Gabriele si ripetano in futuro, tutta la famiglia Di Guida è attiva nella promozione della sicurezza sul lavoro, in particolare tramite le iniziative dell’associazione "Gabry nel cuore", nata a inizio 2020.

"Dopo le prime ore di grande rabbia e delusione ho capito che anche questa sentenza è stato un messaggio che Gabriele ha voluto mandarmi - conclude Ester - Ho capito che stiamo camminando sul sentiero giusto, quello della sicurezza sul lavoro. Mi sto impegnando in prima persona per ottenere la maturità grazie a un progetto dell’Anmil (l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro), che mi permetterà di parlare in pubblico in modo ancora più consapevole ed efficace. Dobbiamo impegnarci tutti affinché la sicurezza sul lavoro diventi una priorità".

Il servizio completo sul Giornale di Vimercate in edicola da martedì.

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