La famiglia vuole la verità e, soprattutto, che sia fatta chiarezza sulle cause della morte di Mamadou. A lanciare l’appello, nelle ore scorse, è stato il segretario Fiom Cgil Monza Brianza Pietro Occhiuto che ieri, martedì, è anche andato a trovare la vedova e i quattro figli della vittima, residenti a Lesmo, per portare loro conforto e parole di vicinanza.
Abitava a Lesmo l’operaio morto in fabbrica ieri a Monza
Erano circa le 11 di lunedì mattina quando Toure, che in quel momento stava lavorando al tornio, è rimasto vittima di un gravissimo infortunio: secondo quanto emerso una barra metallica lo avrebbe colpito al volto.
Sul posto sono subito intervenuti i soccorritori con un’ambulanza di base e un mezzo di soccorso avanzato, ma per l’uomo non c’è stato nulla da fare: il medico non ha potuto far altro che constatare il decesso.
L’uomo, cittadino italiano originario della Guinea, viveva a Lesmo dal 2012, assieme a tutta la sua famiglia: la moglie e i quattro figli.
Lavorava nell”azienda di Monza da 25 anni
“Mamadou lavorava da oltre 25 anni nella stessa azienda metalmeccanica di Monza – ha scritto Occhiuto sui Social – È morto ieri sul lavoro, lasciando una moglie e quattro figli. Un uomo che ha dedicato la vita al lavoro, e che il lavoro gli ha tolto. Ho incontrato la sua famiglia: il dolore è straziante, ma ancora più forte è la loro dignità e la loro richiesta di verità. E questa verità non potrà essere negata. Le morti sul lavoro non sono mai eventi inevitabili: sono il risultato di scelte precise, di omissioni, di controlli insufficienti, di un sistema che considera la sicurezza un costo e non un diritto. Questo è un crimine sociale”.
“Basta con questa strage silenziosa”
Occhiuto ha proseguito il suo intervento lanciando un appello alle istituzioni: “Basta con questa strage silenziosa – ha continuato il segretario Fiom – È inaccettabile che nel 2025 si continui a morire di lavoro, mentre troppe aziende e istituzioni si girano dall’altra parte. Siamo al fianco della sua famiglia, a cui garantiremo tutta l’assistenza e la tutela legale necessaria. E stiamo valutando di costituirci parte civile, perché la ricerca della verità e della giustizia è un dovere nei confronti non solo della famiglia, ma di tutti i lavoratori. Non ci fermeremo: continueremo a denunciare e a lottare fino a quando il diritto alla sicurezza non sarà garantito a tutti”.