Il caso

Moschea abusiva a Lentate, il Tar dà ragione al Comune

L'associazione culturale Milad ha continuato a usare un capannone per pregare nonostante la diffida del Comune.

Moschea abusiva a Lentate, il Tar dà ragione al Comune
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Moschea abusiva a Camnago, il Tar dà ragione al Comune di Lentate sul Seveso e fissa un’udienza per il 5 febbraio 2025 per entrare nel merito della querelle.

Ennesima puntata della querelle tra Comune e Milad

Ennesima puntata dell’annosa diatriba tra l’Amministrazione comunale e l’associazione culturale pakistana Milad relativa all’utilizzo del capannone di sua proprietà in via Po 4, a Camnago. Una struttura a destinazione industriale che in più occasioni i membri del sodalizio, di fede islamica, hanno utilizzato per pregare, in occasione della fine del Ramadan o del sacrificio di Ismaele, alcune delle feste musulmane più sentite. Il tutto senza alcuna autorizzazione.

 

Moschea abusiva: il caso scoppiato nel 2017

Il caso era scoppiato nel settembre 2017, dopo che Milad aveva organizzato un momento di preghiera in occasione della «Pasqua musulmana». Circa 250 islamici si erano riuniti nel capannone di Camnago per la celebrazione, quando erano stati sorpresi dagli agenti della Polizia Locale. Per evitare problemi, si erano allontanati in fretta e furia, anticipando la chiusura della manifestazione di circa due ore. Già allora l’assessore all’Urbanistica Matteo Turconi Sormani aveva tuonato:

«Non hanno rispettato le normative in materia di diritto urbanistico né la legge regionale sui luoghi di culto, pregando in una struttura che ha una destinazione totalmente diversa, nonostante ci fossimo incontrati e avevo spiegato loro che se volevano trasformarla in un centro culturale avrebbero dovuto presentare un progetto e illustrare in maniera dettagliata cosa intendevano fare».

La diffida del Comune

A seguito di quell’episodio il Comune aveva diffidato l’associazione a utilizzare il capannone per celebrare riti religiosi e momenti di culto e Milad non aveva presentato alcun ricorso. Ma nel giugno 2018, nonostante il veto del Comune, 200 musulmani si erano nuovamente ritrovati nello stabile per pregare, mandando su tutte le furie il sindaco Laura Ferrari. Da lì in poi gli islamici avevano chiesto all’allora parroco don Italo Miotto di poter utilizzare l’oratorio Sant’Angelo per i loro riti religiosi e in diverse occasioni si erano infatti riuniti in via Garibaldi.

Una nuova diffida e il ricorso di Milad

Dopo una «quiete» di qualche anno, lo scorso aprile il responsabile del Settore territorio e ambiente del Comune ha nuovamente diffidato Milad, dopo aver appreso che i suoi membri erano tornati a usare in modo improprio il capannone. Stavolta l’associazione ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia per richiedere l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento. Il Comune si è costituito in giudizio e nelle scorse settimane è arrivata la sentenza del Tar, che ha respinto la richiesta dei pakistani.

Il Tar dà ragione al Comune

«L’immobile ha destinazione produttiva ed è stato dunque autorizzato l’uso esclusivo conforme a questa finalità - si legge nell’ordinanza della Camera di Consiglio del Tar - La ricorrente (Milad, ndr) non risulta aver presentato all’Amministrazione alcuna domanda per ottenere il cambio di destinazione d’uso dell’immobile e la compatibilità con la disciplina urbanistica di zona delle attività culturali e di culto esercitate dall’associazione non può essere predicata a priori, ma deve essere oggetto di una valutazione da parte dell’Amministrazione», per eventuali esigenze di sicurezza e adeguatezza dei luoghi.

Udienza fissata per il 5 febbraio 2025

Dato che, invece, Milad ha continuato a utilizzare l’immobile per le proprie attività anche dopo la diffida impugnata, il Tar ha deciso di respingere il ricorso e di fissare un’udienza il 5 febbraio 2025 «per la trattazione del merito della causa» e la sentenza definitiva.

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