Monza

Niente asta per il Delfino di Fontana: la scultura deve tornare nella piscina dello Sporting

Il Consiglio di Stato ha messo la parola fine a una vicenda iniziata nel 2016, quando la proprietà tentò di vendere la statua

Niente asta per il Delfino di  Fontana: la scultura deve tornare nella piscina dello Sporting
Pubblicato:

Dovrà tornare nella sua collocazione originaria, ovvero all’interno della piscina dello Sporting Club di Monza, il monumentale Delfino in ceramica che fu realizzato dal celeberrimo artista Lucio Fontana agli inizi degli anni Cinquanta e che la proprietà, oltre mezzo secolo dopo, ha tentato (invano) di vendere.

Niente asta per il (costosissimo) Delfino di Fontana

A mettere la parola fine a una vicenda dal sapore internazionale cominciata nel 2016 - quando la società che detiene l’esclusiva villa di viale Brianza decise di affidare la scultura a una casa d’asta con sede a Innsbruck - è stata la sentenza del Consiglio di Stato pubblicata il 31 gennaio.
Un pronunciamento che, di fatto, ha accolto quanto stabilito in precedenza dal Tar, respingendo di conseguenza le istanze della società ricorrente la Immobiliare Sporting Club Monza spa, rappresentata dall’avvocato Bruno Santamaria, che invece ha continuato a sostenere l’opportunità di una sua vendita. «Non potremo fare altro che recepire quanto stabilito dal Consiglio di Stato», il commento di Carlo Alberto Scotti, presidente dell’Immobiliare Sporting Club Monza. Salvo colpi di scena, dunque, la mastodontica scultura uscirà dal deposito sito in Brianza in cui è rimasta custodita in questi anni, per fare ritorno a Monza.

La scultura

Stimato tra i 500 e i 600mila euro (come riportano i maggiori portali d’arte), il Delfino in ceramica policroma di oltre tre metri di lunghezza fu commissionato nel 1951 all’artista italo-argentino Lucio Fontana direttamente da Ettore Tagliabue, esponente della facoltosissima famiglia di petrolieri, per la piscina della sua lussuosa dimora monzese.
Una villa con parco, espressione dell’alta borghesia dell’epoca, che nel secondo dopoguerra divenne luogo d’incontro del jet set internazionale e di cui la piscina dal profilo curvilineo (e che ospita tuttora anche una scultura astratta per giochi subacquei), fatta realizzare su progetto del maestro del razionalismo Giulio Minoletti, ne costituiva il cuore.
Cuore che non ha mai smesso di battere. Ma i tempi e le esigenze, nel frattempo sono cambiati.
La magione è diventata sede del prestigioso Club e, a un certo punto, la proprietà, anche a fronte di ingenti lavori di manutenzione che si erano resi necessari, aveva ravvisato la possibilità di vendere la pregiata scultura.

Il via libera da Verona

Questo, ovviamente, previa consultazione di avvocati e previa richiesta alla Soprintendenza di Verona che inizialmente diede il proprio benestare.
«Era stata inviata la richiesta a Roma, all’ente preposto, che si era pronunciato a favore della vendita - ha ricostruito l’avvocato Santamaria - Anzi, la caldeggiò, visto che una sua circolazione a livello internazionale avrebbe ulteriormente giovato alla fama dell’artista». Nel 2015 né la piscina (realizzata nel 1950), né il Delfino (realizzato nel ‘51) erano stati dichiarati di interesse culturale e dunque, ottenuti tutti i via libera del caso, senza alcun vincolo alla sua libera circolazione, la proprietà dello Sporting aveva proceduto di conseguenza.
Tutto era stato predisposto per consegnare l’opera alla società InnAuction di Innsbruck, incaricata della vendita all’asta. Fatto che era stato anche ripreso dalle principali riviste del settore che parlarono dell’«eccezionalità del lotto». L’appuntamento era già stato fissato. Base d’asta tra il mezzo milione e i 600mila euro.

Lo stop della Soprintendenza

Ma la procedura, a quel punto era stata improvvisamente e inaspettatamente bloccata. La Soprintendenza aveva ingiunto all’Immobiliare di riportare il Delfino a Monza visto che «la statua e la piscina sarebbero da considerarsi un tutt’uno inscindibile, sia dal punto di vista stilistico, che strutturale», si legge nella documentazione. Di qui il ricorso al Tar della Lombardia (era il 2018) che era stato respinto. La sentenza era stata impugnata ma, nel frattempo, era arrivato anche il passo indietro della Soprintendenza di Verona che aveva deciso di annullare d’ufficio l’attestato di libera circolazione che aveva precedentemente rilasciato. Non è tutto. Perché a ciò si era poi aggiunta, nel 2020, la dichiarazione di interesse storico sia della piscina che degli apparati decorativi, nonché la dichiarazione di pertinenza storica e artistica del Delfino e della scultura astratta al compendio immobiliare. Anche in questo caso era scattato il ricorso al Tar della Lombardia e anche in questo caso era stato respinto.
Una decisione, spiega la difesa dello Sporting, «basata sul presupposto che statua e piscina fossero un tutt’uno, quando in realtà la collocazione del Delfino era stata posteriormente valutata dalla proprietà, non rientrando nell’idea creativa e progettuale dei due artisti».

L'epilogo

Da un lato, dunque, c’era la piscina, fatta progettare all’architetto Minoletti alla fine del 1950, dall’altra la statua, commissionata direttamente dalla proprietà a Lucio Fontana. «Il Delfino - ha spiegato l’avvocato Santamaria - non era nei progetti originari di Minoletti, tanto che l’impianto che portava l’acqua alla statua era stato realizzato a posteriori».

La scultura, hanno sempre sostenuto dallo Sporting - «è un’opera con la sua valenza e importanza intrinseca e autonoma, sicché potrebbe ben essere posizionata in un’altra piscina o in un altro giardino, o all’interno di una casa». Tesi che non ha trovato appoggio in sede giuridica. Anche l’ultimo tentativo di andare a revocare i pareri del Tar rivolgendosi al Consiglio di Stato non ha avuto l’esito sperato dalla proprietà. E ora la statua, che in questi anni è rimasta custodita in un deposito, dovrà tornare laddove era originariamente stata collocata.

Seguici sui nostri canali
Necrologie