Tribunale

Omicidio Vivacqua: Barba risarcito per ingiusta detenzione, ma ottiene solo 76mila euro su 670mila richiesti

L’entità del risarcimento, ben più modesta rispetto alle richieste, l’hanno stabilita i giudici della quinta sezione della Corte d’Appello di Milano

Omicidio Vivacqua: Barba risarcito per ingiusta detenzione, ma ottiene solo 76mila euro su 670mila richiesti

Ne ha ottenuti 76mila, a fronte di una richiesta di 670mila euro per aver trascorso oltre sei anni in carcere con l’accusa di essere mandante dell’omicidio di Paolo Vivacqua nel 2011. L’entità del risarcimento, ben più modesta rispetto alle richieste, l’hanno stabilita i giudici della quinta sezione della Corte d’Appello di Milano per Diego Barba, imputato  e assolto dopo una lunghissima vicenda processuale.

Omicidio Vivacqua: Barba risarcito per ingiusta detenzione, ma ottiene solo 76mila euro su 670mila richiesti

La Corte di Cassazione, a luglio 2022, dopo otto  anni di processi aveva stabilito che è «impossibile rinvenire appaganti conferme alle accuse mosse a Diego Barba e Salvino La Rocca (che ha ottenuto un risarcimento dei danni per ingiusta detenzione pari a 241mila euro, la metà del massimo previsto per legge ndr)».

Conclusione a cui si era arrivati dopo sette sentenze, tra pronunce di condanna e assoluzioni. Rispetto all’omicidio era stata stabilita l’identità degli esecutori materiali (Antonino Giarrana e Antonino Radaelli), ma non il movente, e nemmeno i mandanti. La Suprema Corte aveva assolto in maniera definitiva Diego Barba, difeso dall’avvocato Manuela Cacciuttolo, e Salvino La Rocca (avvocato Salvatore Manganello), dall’accusa di essere rispettivamente l’uomo che commissionò il delitto, e quello che assoldò i killer che il 14 novembre 2011 fecero irruzione nell’ufficio di Vivacqua, in via Bramante, a San Giorgio, e di avergli sparato 8 colpi. Per i  due si è passati dalla condanna a 23 anni, all’assoluzione.

Davanti alla quinta sezione penale della Corte di Appello di Milano, gli avvocati di Barba hanno ribadito le ragioni della richiesta di risarcimento, mentre la Procura generale di Milano ha chiesto di non concedere al 56enne alcuna somma per non avere accettato di farsi interrogare al processo, evitando quindi di chiarire compiutamente la sua posizione. Per Barba i giudici hanno stabilito un indennizzo solo per i giorni di carcere oltre la scadenza dei termini cautelari, sostenendo che durante il procedimento penale ha tenuto «comportamenti gravemente colposi» perché, in quanto investigatore, era «in contatto con le Forze dell’ordine» ma anche con «ambienti malavitosi» utili a «influire sulle indagini».