Rinchiuse una ragazza in casa, 71enne va a processo
Il muggiorese dà la colpa al suo timore del Covid e si proclama innocente

Prima era stato arrestato da dieci poliziotti che avevano fatto irruzione in casa sua ed era finito in carcere per sequestro di persona, poi tutto sembrava essersi chiarito: lui aveva ottenuto i domiciliari, aveva raccontato la sua versione della vicenda all’incidente probatorio e si aspettava un’archiviazione. Ma in realtà le cose non sono andate come Giuseppe Pino Zappalà, 71enne muggiorese, si aspettava. A settembre 2021, invece, è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio del pm Emma Gambardella e il 17 marzo è stata fissata l’udienza preliminare nel corso della quale è stato deciso il rinvio a giudizio.
Rinviato a giudizio per aver rinchiuso una 24enne
Una doccia fredda per Zappalà che ora si trova a processo per «aver privato della libertà personale una ragazza domenicana 24enne che teneva in casa sua impedendole di uscire e assicurandosi che non potesse allontanarsi nel momento in cui lui era assente inserendo un allarme con un codice di sblocco sconosciuto alla ragazza». Tutto era iniziato quando Naoly, la ragazza domenicana che Zappalà aveva conosciuto tramite un amico, allora 23enne, era arrivata in Italia con la promessa di un matrimonio. A quella prima giovane, di cui oggi Zappalà si dichiara ancora perdutamente innamorato e che vorrebbe ancora sposare, è poi seguita un’amica, coetanea, arrivata qualche tempo dopo sempre da Santo Domingo. E a quel punto la situazione è precipitata. Tanto che nel luglio 2020 Jennifer ha chiesto aiuto ai parenti in Centro America raccontando di essere prigioniera con l’amica di quell’uomo molto più anziano di loro.
Il blitz della Polizia di Stato
Il 18 luglio era scattato il blitz della Polizia di Stato che aveva liberato le due giovanissime straniere, arrestando per sequestro di persona Zappalà. Le ragazze, ascoltate a lungo dagli inquirenti, avevano raccontato di essere costrette in casa per diverse ore al giorno perché Zappalà le chiudeva dentro a chiave inserendo anche l’allarme perimetrale e impedendo loro di poter in qualsiasi modo uscire di casa senza di lui. Le ragazze avevano anche raccontato di essere state obbligate ad atti sessuali, ma alla fine quest’accusa è invece decaduta e ora Zappalà deve rispondere solo di aver «limitato la libertà personale» dell’amica di Naoly, Jennifer (ma non di Naoly). Zappalà non era di certo il classico anziano, era piuttosto arzillo e ha sempre amato le belle donne. Attivo sui social, in passato aveva cercato l’amore anche nel noto programma tv di Canale 5 «Uomini e donne» condotto da Maria De Filippi dove era stato corteggiatore nell’edizione «over» nel 2018. Dirigente di azienda rispettato, incensurato, non aveva mai avuto problemi con la giustizia e anche in questo caso si è sempre professato innocente e ora potrà chiarirlo in Tribunale. Qualche giorno fa, infatti, il giudice Silvia Pasini lo ha rinviato a giudizio stabilendo la prima udienza per maggio.
La versione del 71enne: "Avevo paura del Covid"
Convinto a oltranza di essere vittima di un’ingiustizia, Zappalà ha anche presentato una denuncia contro i poliziotti che lo avevano arrestato. Naoly, invece, dopo l’udienza probatoria era tornata a vivere da Zappalà, ma destinataria di due decreti di espulsione ora dovrà lasciare l’Italia. Prima di farlo però è stata dai Carabinieri di Muggiò e ha rilasciato una dichiarazione in cui ritratta alcuni dei precedenti racconti fatti agli inquirenti confermando invece di non essere mai stata «sequestrata o maltrattata». Una testimonianza però che nonostante fosse stata inserita nella memoria difensiva non è stata presa in considerazione in Aula in quanto Zappalà deve rispondere della limitazione della libertà dell’amica e non di Naoly stessa e quindi la sua posizione è stata giudicata inutile. «Sono solo un uomo innamorato e adesso sto rischiando davvero grosso. Quando mi hanno portato in carcere quel luglio 2020 ero vicino a tentare il suicidio, non posso nemmeno pensarci di ritrovarmi in quella situazione». E poi spiega: «Avevo solo paura del Covid. Avevo solo posto la condizione a Jennifer per ospitarla un mese di non uscire da sola. Io alla mattina andavo al lavoro comunque perché anche se in pensione svolgo una mansione richiesta e insostituibile - spiega Zappalà - Ma soffro di bronchite cronica e ho diversi problemi di salute per cui prendendo il Covid sarei potuto morire. Per questo sono stato chiaro con le ragazze perché conosco i domenicani: se avessero voluto uscire, andare a fare feste mettendosi a rischio contagio io non avrei potuto ospitarle. Avevano cellulari e computer ed erano libere di fare quello che volevano, ma preferivo accompagnarle io fuori per la spesa o altre commissioni per evitare situazioni di rischio per il coronavirus».
Ed è proprio per il periodo della pandemia, oltretutto, che secondo Zappalà il soggiorno delle ragazze si è prolungato fino all’estate. «Avevo già prenotato i biglietti di ritorno più volte, ma i voli continuavano a venire cancellati. Altro che prigioniere, io volevo che se ne andassero».