Colpo di scena

Rinviata a giudizio la mamma del baby killer

Omicidio di San Rocco - E’ accusata, insieme ad altre tre persone, di falsa testimonianza

Rinviata a giudizio la mamma del baby killer
Pubblicato:

Ora anche la mamma di uno dei due baby killer di San Rocco a Monza è finita nei guai.

Rinvio a giudizio per la mamma del baby killer

Il processo a Giovanni Gambino, il 44enne prima condannato a 30 anni e poi assolto in forma definitiva dall’accusa di essere stato il mandante dell’omicidio di Cristian Sebastiano, vive una coda con il rinvio a giudizio di quattro persone accusate di aver reso falsa testimonianza durante il dibattimento.

La decisione del gup è della scorsa settimana, e tra gli imputati figura anche la mamma di R. uno dei due esecutori materiali dell’omicidio, all’epoca del fatto (il 29 noevmbre 2020) appena 14enne. Gli altri sono un vicino di casa e un altro conoscente sia della vittima, che dei minorenni e infine la fidanzata di un parente dello stesso Gambino, le cui testimonianze sono state ritenute reticenti o addirittura fuorvianti dai giudici di primo grado, che nel dispositivo della sentenza avevano disposto la trasmissione degli atti in procura nei loro confronti. Accuse negate dai diretti interessati, che hanno scelto di difendersi in giudizio.

Per i due ragazzi che hanno materialmente compiuto l’omicidio di Sebastiano, ammazzato a coltellate sotto i portici delle case popolari di via Fiume durante un appuntamento per una cessione di droga, nei giorni scorsi la Cassazione ha sancito in maniera definitiva la condanna a 12 anni e 10 mesi, dopo un processo molto combattuto, soprattutto sul tema della capacità di intendere dei due al momento del fatto. Per

Il resto del processo

Gambino, invece, la vicenda giudiziaria si è conclusa con l’assoluzione, pronunciata dalla corte d’appello e ribadita dalla Cassazione, anche se, in primo grado era stato condannato a 30 anni. La sentenza dei giudici di secondo grado, invece, avevano ribaltato la sentenza monzese con motivazioni molto nette.

Il ruolo di Gambino mandante sostenuto dalla procura di Monza, era stato definito «implausibile» dal tribunale d’appello milanese. Nelle fonti probatorie, «non vi è nessuna traccia della presenza di Gambino», a casa del quale si trovava uno dei killer prima dell’omicidio. A carico dell'imputato «circolavano (solo) voci», oppure «dicerie senza costrutto».

Molti indizi, insomma (il giudice ne conta 14), ma nessuna prova concreta. Nella chat dei ragazzi della montagnetta di San Rocco in via Fiume, davanti al luogo dell’omicidio, si diceva che «Cristiani il tossico (visti i suoi problemi di dipendenza e la sua attività di spacciatore di quartiere ndr) «fosse stato ucciso perché aveva fatto una ‘cosa brutta’ che non si poteva dire ma che — se nota — avrebbe spiegato se non addirittura ‘giustificato’ l'omicidio. Ma questa, come anche la circostanza che i due esecutori materiali dell’omicidio, i minorenni R. ed S., fossero stati pagati, risultano appunto solo «chiacchiere» smentite in aula. Il delitto è avvenuto per questioni di droga e rancori personali da parte di R. contro la vittima. Gambino era stato accusato prima di concorso morale, poi diventato materiale nel corso del dibattimento. Per questa accusa dalla quale è stato scagionato ha trascorso un lungo periodo in carcere.

 

Commenti
Lascia il tuo pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici sui nostri canali
Necrologie