Allarme

Sette aggressioni in poche settimane

E’ allarme violenza nella casa circondariale di via Sanquirico. A denunciarlo è l’Osapp che rivendica la necessità di azioni concrete

Sette aggressioni in poche settimane

Un pugno in pieno visto sferrato da un detenuto. E questo, non è che l’ultimo di una serie di violenze che si sono registrate in carcere di Monza.
Nelle ultime settimane sono ben sette le aggressioni perpetrate ai danni di agenti della Polizia Penitenziaria in servizio presso la presso la Casa Circondariale di via Sanquirico.

Sette aggressioni in poche settimane

La denuncia arriva dall’Osapp, l’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria, che ha voluto esprimere la propria solidarietà e vicinanza al personale vittima delle aggressioni commesse da detenuti, alcuni dei quali con disturbi di natura psichiatrica importanti, altri noti per le loro azioni violente e già trasferiti da altri istituti proprio per precedenti atti aggressivi.
L’ultima violenza si è verificata lunedì, quando un ospite, così come riferito dall’Osapp, ha colpito con un pugno in pieno volto un Assistente capo in servizio.

«Questo è lo scenario estremamente complesso che si registra quotidianamente nella Casa Circondariale di Monza – ha osservato Giuseppe Bolena, Segretario Regionale Osapp – Nonostante la violenza subita, tutti gli agenti coinvolti hanno dimostrato un alto senso del dovere. Come spesso accade il personale, dopo aver subito un’aggressione, ha completato regolarmente il proprio turno. Accade spesso che, nonostante i giorni di prognosi dati dai medici, gli agenti scelgano volontariamente di rientrare in servizio. E questo, sia per senso di responsabilità, che per non aggravare ulteriormente la già gravissima carenza di organico che affligge l’Istituto».

Comportamenti, quelli assunti da alcuni ospiti, aggiunge il Segretario Bolena, «che dovrebbero far riflettere, ma ch spesso sembrano passare inosservati. La situazione presso la struttura di via Sanquirico è ormai divenuta insostenibile». Anche per via del numero di agenti insufficiente. «Non si può continuare a chiedere sacrifici a un personale già messo a dura prova, costretto a turni massacranti e a gestire, spesso in solitudine, situazioni ad altissimo rischio, aggravate dalla presenza crescente di detenuti problematici, molti dei quali che manifestano gravi patologie psichiatriche o trasferiti da altri istituti per comportamenti violenti».

A rendere ancora più complesso questo contesto, ha evidenziato, «è la scelta, della Direzione dell’Istituto, di assegnare mansioni lavorative a detenuti non adatti, spesso gli stessi autori di episodi di violenza o comunque privi dei requisiti comportamentali previsti. Una decisione incomprensibile e pericolosa, che mortifica il lavoro del personale e alimenta un clima già fortemente compromesso». Come sindacato, ha evidenziato il Segretario Osapp, «chiediamo l’immediato trasferimento dei detenuti resosi protagonisti di atti violenti, anche in virtù di quanto previsto dalla circolare ministeriale in materia, a tutela del personale di Polizia Penitenziaria. È inaccettabile che agenti continuino a subire aggressioni da detenuti già noti per la loro pericolosità, senza che vengano adottati tempestivamente provvedimenti adeguati».

“Servono interventi urgenti”

L’Osapp ha quindi voluto ribadire come siano necessari «interventi urgenti e concreti come il potenziamento dell’organico, l’introduzione del taser, l’adeguamento delle strutture e l’attivazione di reali percorsi di tutela per il personale devono diventare priorità assolute. Non possiamo permettere che episodi di tale gravità vengano accettati come una triste normalità. Ai poliziotti penitenziari aggrediti va il nostro più sentito ringraziamento e il pieno sostegno», ha concluso Bolena.

«Situazione limite sia per gli agenti che per i detenuti»

Che la situazione all’interno della casa circondariale di via Sanquirico sia al limite lo aveva denunciato anche la delegazione di politici brianzoli (di Pd, Più Europa e il consigliere Paolo Piffer) che a età agosto aveva visitato la struttura insieme a Nessuno Tocchi Caino e alla Camera Penale. Un sopralluogo dal quale era emerso come le tensioni colpissero ambe le parti, sia i detenuti (in numero ben superiore alla capienza massima e dunque costretti a vivere in celle sovraffollate) che gli agenti della penitenziaria, cronicamente sotto organico.

Più di 700 detenuti per una capienza massima prevista di 411, aveva spiegato il consigliere Piffer. «La metà sono tossicodipendenti e circa 250 sono presi in carico dall’area sanitaria per disturbi psichiatrici».

Ma non solo: «Il 46% dei detenuti sono stranieri e c’è una forte carenza di mediatori linguistici e culturali. Se non ci si capisce non si può creare una relazione e tentare una rieducazione. Coloro che lavorano sono poco più di 200, pochi, troppo pochi se si considera che la recidiva in Italia in caso di percorso lavorativo durante la pena si riduce dal 70% al 3%». Senza scordare, aveva rimarcato il consigliere, che gli agenti penitenziari lavorano sotto organico e sono chiamati a gestire situazioni delicate che vanno anche oltre la loro professionalità.

A metà luglio anche la Cgil aveva segnalato la situazione complessa della casa circondariale di via Sanquirico, così come di tutte le carceri italiane dove «ci sono quasi 8 persone ogni 4 posti disponibili. Una situazione dura da sostenere – aveva denunciato Silvia Papini, segretaria della Fp Cgil Monza Brianza – Gli spazi sono ridotti e strapieni, il caldo è insopportabile, il drammatico aumento dei suicidi, 39 tra le persone ristrette in tutta Italia e 2 tra gli agenti penitenziari dall’inizio dell’anno, rende le condizioni negli istituti penitenziari estremamente pesanti, anche per la salute, fisica e mentale. Dentro e fuori le sbarre».

Il problema strutturale è l’assenza di un meccanismo che adegui l’organico all’aumento delle presenze, aveva proseguito. «Sulla carta ci sono 296 unità, ma in servizio effettivo sono 278. Turni, sicurezza, relazioni, tutto è sotto stress» Il personale pedagogico «deve seguire decine di persone detenute e, al tempo stesso, elaborare i progetti, occuparsi delle relazioni per i tribunali. Così non ci sono le condizioni per seguire adeguatamente tutti i detenuti e si è costretti ad agire, anche rispetto all’intervento riabilitativo, in costante emergenza».