Limbiate

Sopravvissuta al femminicidio, la testimonianza di Maria Stella «Ho vinto io, giustizia è fatta»

L'ex marito era arrivato da Bari a Limbiate per uccidere la ex moglie a coltellate: è stato condannato a 12 anni per tentato omicidio

Sopravvissuta al femminicidio, la testimonianza di Maria Stella «Ho vinto io, giustizia è fatta»
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«Ho vinto io, mi sono liberata dal male». Dopo qualche istante di stordimento è stato questo il primo pensiero di Maria Stella Tisti quando ha letto il messaggio del suo avvocato che le annunciava la condanna a 12 anni di reclusione per l’ex marito, Costanzo Carlone, 56 anni, che il 3 marzo 2022 aveva cercato di ucciderla a coltellate nel parcheggio di via Trieste a Limbiate.

Da Bari a Limbiate per uccidere la ex moglie a coltellate, condannato a 12 anni per tentato omicidio

In viaggio da Bari fino a Limbiate per appostarsi sotto casa della moglie, dalla quale si stava separando, che quasi ammazza a coltellate. Il gup di Milano Lorenza Pasquinelli ha condannato il 56enne Costanzo Carlone, al termine del processo celebrato con il rito abbreviato, a 12 anni di reclusione, e a 3 anni di libertà vigilata, una volta espiata la pena. Tentato omicidio con l'aggravante della crudeltà l'accusa contestata all'uomo che, il 3 marzo 2022, era arrivato dalla Puglia a Limbiate per aggredire la ex. L'agguato era avvenuto alle quattro del mattino in un parcheggio di via Trieste, quando la donna, la 50enne Maria Tisti stava uscendo per andare al lavoro. Secondo le accuse, aveva tentato di strangolarla, l'aveva colpita con calci e pugni e poi l'aveva accoltellata con diversi colpi al torace e alla testa. Si era salvata urlando, e attirando così l'attenzione di un vicino di casa che aveva chiamato i carabinieri, oltre che grazie all'abilità del personale del 118 e dei medici del San Gerardo di Monza.

«Finalmente ti ho preso. Adesso ti devo vedere morire», le aveva urlato lui. Dopo aver tentato di soffocarla e dopo averla accoltellata, le aveva messo, come si legge nel capo di imputazione, anche «un cappello di lana» davanti a naso e bocca per non farla respirare. E le aveva detto ancora: «Se rimani viva, non dire a nessuno che sono stato io». Lei, invece, era sopravvissuta ed era riuscita a farlo arrestare. La vittima si è costituita parte civile nel processo, ottenendo una provvisionale di risarcimento da 30mila euro. Il giudice non ha riconosciuto alcuna attenuante per l'imputato, confermando le aggravanti della premeditazione, della crudeltà, e dei motivi abietti.

Sopravvissuta al femminicidio, la testimonianza di Maria Stella «Ho vinto io, giustizia è fatta»

Maria Stella, 50 anni, quel giorno ha davvero rischiato di morire e di diventare l’ennesima vittima di femminicidio:

«Ero preoccupata per la sentenza, temevo che non gli avrebbero dato più di 3 o 4 anni, pensavo già a dove sarei dovuta sparire. Ora mi sento sollevata, secondo me la condanna a 12 anni è giusta, anzi, mi sento l’unica donna ad aver avuto giustizia e penso a tutte le donne che non ce l’hanno fatta, eppure ai loro assassini è stata data una pena di pochi anni».

Una personalità forte e determinata nonostante la vita l’abbia messa a dura prova, oggi Maria Stella racconta la sua dolorosa storia per dare coraggio ad altre donne che vivono una quotidianità di violenze fisiche e psicologiche.

Da Bari a Limbiate

Partita da Bari cinque anni fa per venire al Nord e allontanarsi una volta per tutte dal marito che la maltratta e cercare di rifarsi una vita, dopo aver trascorso un periodo in Svizzera, si è trasferita al Villaggio Giovi per vivere insieme al suo attuale compagno che in questi mesi difficili è sempre stato al suo fianco.

L’ex marito però l’aveva trovata lo stesso: «Non so come abbia fatto a sapere il mio indirizzo. Era già venuto sotto casa mia il 12 settembre 2021 e non mi aveva trovato, poi ancora il 19 gennaio. Quel giorno ho sentito suonare il citofono alle 17, ho guardato fuori ma non c’era nessuno, qualche ora dopo ancora il citofono ed era lui. Diceva che voleva parlare dei nostri figli ma io lo conosco e non ci ho creduto, anche perché me l’aveva giurata e ho subito chiamato i Carabinieri dicendo che era venuto ad ammazzarmi. Quando sono arrivati mi ha accusato di averlo abbandonato con i figli, ma adesso i ragazzi sono tutti grandi. Allora i Carabinieri gli hanno detto di andare via e di lasciarmi in pace ma lui dopo meno di due mesi è tornato».

Cosa è successo il 3 marzo 2022

Ed eccoci a quel drammatico 3 marzo dell’anno scorso. Maria Stella, che al tempo lavorava come addetta alla sicurezza per un istituto di vigilanza di Novara, si era alzata come sempre all’alba e dopo aver indossato la divisa, alle 4 si era recata nel parcheggio vicino casa per prendere l’auto e raggiungere il posto di lavoro. «Mentre stavo aprendo la portiera ho sentito qualcuno arrivare da dietro che mi metteva le mani sulla bocca ma sono comunque riuscita a urlare due volte e per fortuna qualcuno mi ha sentito e ha chiamato il 112» ha raccontato Maria.

Nonostante la violenta e improvvisa aggressione alle spalle, Maria Stella è riuscita a mantenere la lucidità e a reagire con prontezza e sangue freddo. «Mi ha colpito con dieci coltellate, sette alla schiena, di cui quattro abbastanza in profondità e una che ha perforato un pomone, poi mi ha ferito all’orecchio e alla testa, mi ha anche morso al volto per impedirmi di gridare. Io cercavo di non farmi prendere la giugulare e continuavo a dirgli di stare calmo, ma lui si arrabbiava sempre di più perché non morivo, mi ha messo anche un cappello in bocca per cercare di soffocarmi e mi diceva un sacco di parolacce».

L’aggressione è avvenuta accanto all’auto della limbiatese, dove c’è il lato del guidatore, ma poi Maria Stella si è ritrovata distesa davanti alla vettura, tra il muretto e la macchina, in un punto non visibile dalla strada. «Non so come sono finita lì, forse mi ha trascinata, ero lucida ma quei momenti mi sembravano interminabili. Ricordo dei flash, lui era seduto sopra di me che ero distesa a terra e mi colpiva, non riuscivo più a muovermi. Poi da sotto la macchina ho visto le scarpe di alcune persone, pensavo fosse qualcuno che era venuto con lui, invece erano i Carabinieri. Mi sono accorta che lui si alzava e si allontanava ma prima mi aveva lasciato in mano le chiavi della macchina, forse per far credere a chi mi avrebbe trovato che ero stata aggredita da uno sconosciuto. Ed è stato un bene perché i Carabinieri si guardavano intorno ma non mi vedevano, così ho battuto le chiavi sulla carrozzeria della macchina per farmi sentire».

La chiamata al 112

Poco prima al 112 era arrivata la chiamata da una residente della zona che quella notte era sveglia perché soffre d’insonnia e aveva sentito le urla disperate di Maria Stella: «Non so chi sia e non ho ancora avuto modo di ringraziarla ma mi ha salvato la vita» ha detto la limbiatese.

Così è stata inviata in via Trieste una pattuglia per un controllo, i primi ad accorrere sono stati i Carabinieri di Cesano Maderno, arrivati nel parcheggio a sirene spente, cogliendo così sul fatto il 56enne, che aveva cercato di allontanarsi e di far credere di essere estraneo all’aggressione, invece è stato subito tratto in arresto. Ma il provvidenziale intervento degli uomini dell’Arma ha permesso anche di salvare Maria Stella che è stata subito soccorsa da un’ambulanza e accompagnata all’ospedale San Gerardo di Monza dove è rimasta ricoverata per 25 giorni. «I soccorritori per tenermi sveglia continuavano a chiedermi come mi chiamo e quando sono arrivata in ospedale ho pensato davvero che sarei morta - ha continuato Maria Stella - mi sono addormentata e al mio risveglio, quando ho guardato l’orologio, pensavo fossero passate solo due ore invece erano tre giorni».

Un trauma che non guarisce

Ma se le ferite fisiche possono guarire, il fortissimo trauma vissuto continua ad accompagnare Maria Stella: «Come ho fatto a salvarmi non lo so, per fortuna sono viva ma tutte le sere rivedo sempre l’immagine dell’aggressione, cerco di distrarmi ma non è facile. Prima col buio andavo in giro senza problemi, adesso sono più sospettosa, mi guardo intorno, è come se sentissi sempre una presenza alle spalle. La notte ho gli incubi, vedo lui che cerca di colpirmi con un bisturi».

Una vita difficile

La limbiatese aveva conosciuto l’ex marito quando aveva solo 16 anni, poi il matrimonio, da quale sono nati quattro figli e una vita familiare tormentata da violenze e soprusi: «Per me quel giorno non era la prima aggressione, quando vivevamo insieme a Bari una volta ha cercato di soffocarmi con una spugna del bagno, un’altra mi ha spaccato il setto nasale. Vivevo nell’incubo, dormivo con un coltello sotto al cuscino, lo chiamavo “diavolo”. Ho provato più volte a denunciare ma nessuno mi ascoltava. Così, quando i figli sono diventati grandi ho deciso di andarmene. Quando tornavo a Bari non volevo vederlo, stavo a casa di mia figlia».
Lui però non la lasciava in pace: «Mi telefonava sempre, giorno e notte, con la scusa di parlare dei nostri figli, mi minacciava di morte e alla fine ci è quasi riuscito ad uccidermi. Dopo tutto quello che è successo sono state riprese in considerazione tutte le mie denunce che avevo fatto quando ero a Bari e adesso c’è aperta una causa per maltrattamenti in famiglia».

Maria Stella, anche se non vuole darlo a vedere, porta dentro cicatrici profonde: «Con la gente cerco di non far capire quello che sto provando, preferisco star male da sola, racconto la mia storia ma solo io so cosa sto passando. Vorrei cambiare casa perché tutto quello che ho intorno mi ricorda quel giorno. A partire dal parcheggio, dove non riesco più a lasciare la macchina. Non ci voglio più neanche entrare».

Il risarcimento

Contestualmente alla sentenza, il giudice ha stabilito per Maria Stella un risarcimento di 30mila euro: «A parte che non me li darà mai perché non ha nulla ma quale cifra potrà mai ripagare i danni morali per quanto ho subito?»
Solo ora che ha saputo della condanna dell’ex marito, la limbiatese inizia a sentirsi un po’ più tranquilla. E spera che raccontare la sua terribile storia, possa dare forza ad altre donne che stanno attraversando lo stesso incubo che ha vissuto lei.

«Anche io, per paura, ho nascosto un uomo aggressivo ma il consiglio che posso dare è parlatene con chi vi sta vicino e non abbiate paura di denunciare, anche al primo schiaffo. Lui chiederà scusa e dirà che non lo farà più ma non credeteci, la donne non devono aver paura di parlare ma è anche importante che il loro grido di dolore venga ascoltato, le donne vanno aiutate quando hanno bisogno».

 

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