Carate Brianza

Tenta il suicidio nel box, salvato in extremis

Lunedì mattina il provvidenziale intervento a un uomo di 44 anni in una palazzina di Costa Lambro

Tenta il suicidio nel box, salvato in extremis
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Questione di attimi: quelli che hanno fatto la differenza tra la vita e la morte per un uomo di 44 anni che, in preda a un momento di debolezza, aveva scelto di farla finita.3

Tenta il suicidio nel box, salvato in extremis

Gli «angeli» che lo hanno salvato sono state la donna per la quale lavorava da qualche tempo come collaboratore domestico e Silvia Ciotta, una operatrice Asa caratese. A lanciare il grido d’allarme è stata la prima quando, appena rientrata da una commissione e dopo averlo invano cercato tra le stanze di casa, si è precipitata nel box dello scantinato ritrovandolo ormai già privo di sensi. Si è sfiorata la tragedia nella mattinata di lunedì l’altro, 22 gennaio, nella frazione di Costa Lambro.

Solo la prontezza e la determinazione della donna, mamma di due figli, che si è avventata sull’uomo sollevandolo di peso per poi chiamare aiuto, hanno evitato il peggio. Provvidenziale il successivo intervento dell’operatrice Asa richiamata dalle sue urla disperate. Attimi interminabili, «di quelli che lasciano il segno», racconta ancora sotto shock al giornale la caratese.

«Al di là del gesto, la persona che l’ha fatto era un caro amico. Per questo non riesco a sentirmi felice per avergli salvato la vita, ma mi sento provata e delusa per non essere stata pronta ad avvertire le sue debolezze e di potergli dare una mano prima di quello che è poi accaduto. Era il minimo che potessi fare di fronte a quella scena per quanto le braccia mi facciano ancora male. Ma quello che mi fa più male è il cuore, perché davanti a un gesto così forte e disperato e soprattutto di una persona che conosci, ci si rende conto di quanto sia importante vivere la vita nel vero senso della parola, interrogarsi sul senso di un’esistenza che ci mette di fronte a prove e ostacoli che magari non riusciamo ad affrontare da soli e di quanto sia importante fermarsi davvero a riflettere. Non è il primo, non sarà l’ultimo purtroppo...», ha aggiunto ancora nel suo lucidissimo e sofferto racconto di quei minuti interminabili.

«Quando lo tenevo sollevato con tutte le mie forze ho gridato “aiuto” più volte e la prima persona che ha raggiunto il box ci ha messo un po’ ad arrivare, quasi forse intimorita dalla mia richiesta disperata. Sono ancora provata a giorni di distanza da quel dramma che mi si è materializzato in un attimo sotto gli occhi raggiungendo lo scantinato. Cosa mi resta? Un dolore profondo che mi logorerà dentro a lungo e che mi ha fatto prendere consapevolezza, ancora una volta, del fatto che dovremmo imparare tutti ad essere meno indifferenti verso le persone. Che spesso dietro ad un sorriso si nasconde tanta solitudine. No, non mi sento un’eroina, non riesco a gioire per avergli salvato la vita, non riesco proprio... La mia unica consolazione ora è forse di essere riuscito a metterlo in sicurezza, nella speranza che si rimetta e che possa riabbracciarlo presto», ha concluso la mamma caratese.

Per il 44enne, che aveva già stretto un doppio lenzuolo attorno al collo per farla finita, si è trattato di questione di istanti. L’uomo è stato sollevato di peso dall’amica che lo ha trovato nel garage e poi liberato con l’aiuto dell’operatrice Asa che era appena arrivata nella palazzina per assistere un’anziana e che aveva sentito le grida disperate provenire dagli scantinati. Sul posto, oltre ai Carabinieri, è stato chiesto l’intervento dei soccorritori del «118» che lo hanno preso poi in carico per trasferirlo al pronto soccorso del San Gerardo di Monza, prima del trasferimento al «Bassini» di Cinisello Balsamo.

La richiesta di aiuto

Le urla disperate di aiuto che provenivano dal garage le ha sentite di prima mattina, quando era appena arrivata per assistere un’anziana che abita nelle palazzine dove si stava per consumare la tragedia.

«Non so ancora dove ho trovato la forza...», racconta raggiunta dal Giornale di Carate Silvia Ciotta, caratese da trentacinque anni assistente socio-assistenziale per il Comune alle dipendenze di una cooperativa. E’ stata lei a riuscire a tagliare con le forbici il doppio lenzuolo con il quale il 44enne si era impiccato nello scantinato per poi praticargli il massaggio cardiaco in attesa dei soccorritori.

La caratese Silvia Ciotta, operatrice Asa

«Quando sono arrivata ho sentito delle urla disperate provenire dalla zona dei garage - ci ha raccontato - Non riuscivo, però, a capire da dove arrivassero con precisione. Mi sono fatta avanti e quelle urla femminili diventavano sempre più nitide e insistenti. “Le forbici, le forbici, aiuto!”. Ho pensato inizialmente a una donna in pericolo, magari vittima di qualche violenza domestica e ho avuto anche paura non sapendo cosa potessi trovarmi di fronte. Per questo mentre mi avvicinavo ho provato a rassicurare quella voce disperata dicendo che avevo già allertato i Carabinieri. Quando ho girato l’angolo dei garage, mi sono trovata davanti una scena agghiacciante: una donna che teneva sollevato un giovane già cianotico. Ho chiamato allora la mia collega Monica Morgueto e insieme abbiamo preso contatto con il 118».

Il massaggio cardiaco al telefono con l’operatore del 118

«Da lì in poi è successo tutto senza quasi che me ne rendessi conto... - ha proseguito l’operatrice caratese - Mentre sono andata a recuperare un paio di forbici, la mia collega ha aiutato la donna a tenere sollevato quel corpo praticamente senza vita. Quando sono tornata nel box c’era già una coppia di anziani che avevano provato a tagliare le lenzuola con una forbicina senza però riuscirci. Mi sono messa con pazienza e fortunatamente sono riuscita a liberarlo e ad adagiarlo a terra... Poi in collegamento con l’operatore del 118 - ha aggiunto Ciotta - sono rimasta al telefono e ho iniziato su sua indicazione a praticargli il massaggio cardiaco. Ecco, devo tutto a quella voce, ferma, decisa, che mi ha accompagnato ogni secondo nelle manovre di rianimazione con fermezza, anche quando dopo le prime compressioni sul torace non vedevo risultati. Ero disperata, ma quell’operatore al telefono è stato straordinario: mi sono concentrata solo sulle mie mani che mi sembravano piccole e inutili e invece, grazie a lui, che ha saputo guidarmi, come se facesse con me il massaggio cardiaco, sono andata avanti con i ritmi che mi indicava a voce fino a quando non ho visto che quell’uomo che era steso a terra ha ripreso finalmente a respirare. Siamo riusciti a salvarlo, grazie alla collaborazione di tutte le persone che in qualche modo si sono rese disponibili. Ma posso dire di essere felicissima di avere saputo che di mio ho salvato la vita a una persona».

«So - ha concluso la caratese - che ora è affidato alle cure di una struttura e spero che possa davvero riprendersi. Io un’eroina? No, ho fatto solo quello che l’istinto mi ha detto di fare in quel momento. Avevo seguito un corso di rianimazione cardiopolmonare anni fa, ma avevo provato solo su un manichino: era la prima volta che mi capitava una situazione così. Davvero mi sento di dire che la voce ferma dell’operatore del 118 al telefono è stata determinante: mi piacerebbe poter conoscere un giorno quell’uomo per dirgli a mia volta il mio grazie».

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