Toulouse- Lautrec: la mostra merita una visita

Allestita in Villa Reale a Monza, è stata prorogata al 6 gennaio

Toulouse- Lautrec: la mostra merita una visita
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Un viaggio nel tempo, nella Parigi bohémienne di fine Ottocento, degli artisti di Montmartre, del Moulin Rouge, dei teatri, dei bordelli. Nel mondo accattivante di Toulouse-Lautrec "equivoco nei colori troppo accesi, nel trucco pesante, nelle grazie esibite, nei gesti eccessivi; eppure intensamente umano, capace di offrire, nonostante tutto, l’emozione pura della bellezza, i sentimenti sotto il cerone, il desiderio della tenerezza".
Lo spiega bene Stefano Zuffi, curatore della mostra "Toulouse-Lautrec. La Villa Lumière", allestita nelle sale della Villa Reale di Monza. Inaugurata il 10 aprile, è stata prorogata fino al 6 gennaio grazie al grande successo riscosso tra il pubblico. 150 opere divise tra manifesti, litografie, disegni, illustrazioni e acquerelli, provenienti dall’Herakleidon Museum di Atene che celebrano il percorso artistico di uno dei maggiori esponenti della Belle Époque.

La mostra merita una visita

Siamo andati a visitarla mercoledì pomeriggio. Utile compagna dell’ora trascorsa nella splendida cornice offerta dalle sale neoclassiche progettate dal Piermarini è stata l’audioguida. Costa un euro (da aggiungere al prezzo del biglietto, 12 euro l’intero) e offre uno spaccato interessante non solo sull’arte di Toulouse-Lautrec, ma anche sulla sua vita turbolenta e sul contesto storico che ne ha condizionato l’evolversi.
Lui - visconte di Lautrec, barone di Montfa, barone di Labruguière, barone di Farrats, barone di Puy-Saint-Pierre, barone di Castayrac, signore della Roquette - destinato a una vita aristocratica, rivoluziona un destino già scritto, spinto dalle sue gambe corte e storte per un difetto genetico aggravato da rovinose fratture. Lascia il castello di Albi per trasferirsi a Parigi. La Ville Lumière di Vincent van Gogh, del quale diviene amico; di Edgar Degas, suo vicino di studio. Dell’Esposizione universale del 1889, dell’inaugurazione Tour Eiffel, dell’apertura del Moulin Rouge, nel quartiere a luci rosse di Pigalle. Lì Henri attraversa la notte fra alcol e donne, fra serate in costume e autocaricature, fra coraggiose scelte di soggetti scabrosi e innovative ricerche espressive: la litografia a colori, il manifesto pubblicitario, le vignette satiriche, le illustrazioni per i giornali.
La mostra si apre con la massima passione artistica di Lautrec: la litografia. "Dopo l’assenzio, l’odore che gli piaceva di più era quello dell’inchiostro di stampa", diceva l’amico Jozsef Rippl-Ronai. Continua con le tre sezioni dedicate alle "Notti parigine", allietate dal sottofondo delle musiche del varietà. Ci sono i manifesti pubblicitari per il cantore Aristide Bruant che amava apostrofare come "maiali" i suoi clienti, quelli per il tour inglese di Jane Avril, stella del can can dai capelli fulvi. Linee essenziali, che catturano i tratti più significativi di ciascun soggetto. E poi, l’album di litografie su Yvette Guilbert, la diva dai lunghi guanti neri.
Trenta i disegni, realizzati dall’adolescenza a fine secolo. "Quando la mia matita si muove, basta lasciarla andare", ripeteva l’artista. Matita compagna fedele delle lunghe convalescenze giovanili, appiglio a cui aggrapparsi nella degenza in clinica psichiatrica.
C’è spazio anche per le collaborazioni per libri, copertine di spartiti musicali e riviste satiriche. Non può non strappare un sorriso una vignetta pubblicata sul settimanale "L’Escaramouche". Sotto la didascalia esplicita - "Un rozzo! Un autentico rozzo!" -, compare il padre di Toulouse Lautrec, il conte Alphonse, che trangugia un panino. Passando dai disegni dei cavalli - "Henri amava gli animali meno delle donne ma più degli uomini. Andava pazzo per i cavalli e non si era mai consolato di non poterli montare", raccontava l’editore Thadée Natanson - si arriva all’undicesima e ultima sezione: Toulouse e le donne. Ritrae prostitute ma senza la pruriginosa ricerca della volgarità. Donne sole, silenziose, desiderose di una vita migliore. Lui che visse in un bordello diceva: L’amore è un’altra cosa. Come quello provato solo per un attimo per la passeggera incontrata durante un viaggio verso Lisbona, evocato con delicatezza nella litografia "La passeggera della cabina 54".

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