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Il caso
Treno "fantasma" deragliato: chiesto il rinvio a giudizio per i sei imputati
Secondo quanto ricostruito dai pm di Monza, sarebbero coinvolti in presunti reati, contestati a vario titolo, di disastro ferroviario e depistaggio
Chiesto il rinvio a giudizio per i sei imputati coinvolti in presunti reati, contestati a vario titolo, di disastro ferroviario e depistaggio, in relazione al deragliamento del treno "fantasma”: il convoglio regionale Milano Porta Garibaldi-Paderno D’Adda che, fermo al binario di Paderno, il 18 agosto 2020 si avviò da solo, a seguito di un guasto al sistema frenante, dopo essere stato lasciato incustodito dal macchinista e dal capotreno. Il treno venne poi fatto deragliare in stazione a Carnate causando un solo ferito lieve.
Chiesto il rinvio a giudizio per il treno "fantasma"
Oltre a questi due (Mauro Zorzan e Massimiliano Torre, macchinista e capotreno) sono coinvolti anche due membri della squadra manutentiva (Francesco Cirillo e Livio Romano) che avevano sottoposto a revisione l’impianto frenante, senza essersi accorti di un malfunzionamento dello stesso, nonché due figure dirigenziali di Trenord, Giorgio Colombo (direttore della manutenzione) e Giancarlo Devichic (responsabile del deposito locomotive Milano Fiorenza). Per Colombo e Devichic l’accusa è di "frode in processo penale e depistaggio" poiché, “intuita la causa del guasto, al fine di ostacolare le indagini sul disastro ferroviario”, avrebbero fatto “rimuovere”, e poi avrebbero “occultato” i pezzi malfunzionanti del sistema frenante.
Il deragliamento
Il treno era stato condotto da remoto, ed era stato fatto deragliare su un binario morto a Carnate, nel vimercatese. Il bilancio fu di un solo ferito (un nordafricano che si era addormentato sul treno) che aveva riportato lesioni lievi. Dalle analisi della "scatola nera" del treno, era emerso un "trafilamento" del rubinetto del freno, che faceva passare aria in una condotta, aumentando la pressione all'interno e quindi "sfrenando" il convoglio. Anomalia verificatasi nello stesso periodo anche a un altro treno alla stazione di Brescia.
Il depistaggio
Secondo quanto ricostruito dai pm di Monza, inoltre, quando ci si è resi conto che una delle cause avrebbe potuto essere ricondotte al malfunzionamento dei componenti del sistema frenante (i cosiddetti “rubinetti del freno e di intercettazione”) i consulenti tecnici nominati dagli inquirenti non avrebbero trovato i pezzi da sottoporre ad accertamenti, letteralmente spariti dal “treno fantasma”. Gli stessi componenti, che effettivamente nelle prime fasi dell’inchiesta non erano stati oggetto di sequestro, sarebbero “spuntati” solo successivamente. Come se – è la tesi dell’accusa – i responsabili del servizio manutenzione avessero capito subito quale avrebbe potuto essere la causa, andando a prelevare dal treno proprio i pezzi rotti, senza esibirli agli investigatori.