Il sindaco Dario Allevi racconta i 365 giorni della pandemia

Un anno fa il Covid arrivò a Monza: "Le nostre vite cambiate per sempre"

"Abbiamo vissuto momenti drammatici, ma col vaccino si può iniziare a sperare"

Un anno fa il Covid arrivò a Monza: "Le nostre vite cambiate per sempre"
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Esattamente un anno fa, la telefonata che il sindaco Dario Allevi non avrebbe mai voluto ricevere. Il Covid era arrivato a Monza. "Lo ricordo come se fosse ieri. Erano le 7.30 di domenica 23 febbraio e il direttore dell’Asst Mario Alparone mi ha buttato giù dal letto - ha spiegato il primo cittadino - Mi disse che da Crema era arrivato al San Gerardo un primo paziente. E da quel momento tutto è cambiato, il mondo come lo avevamo sempre conosciuto è sparito, spazzato via da uno tsunami che mai ci saremmo immaginati".

Un anno fa il primo caso a Monza

Un virus che sembrava lontanissimo ha fatto il suo ingresso in città, portando con sé la paura, il silenzio del confinamento spezzato solo dal rumore incessante delle sirene delle ambulanze. Un anno terribile che ha visto Monza affrontare un primo, durissimo lockdown e una seconda ondata che si è portata via tantissimi concittadini.

"La prima ondata ci ha travolti. Ci siamo ritrovati in un inferno che sembrava non avere fine. All’inizio non c’erano mascherine, mancavano i dispositivi di protezione individuali. Per i primi due mesi non ho dormito più di tre ore per notte. Insieme ai membri della giunta e ai comitati tecnici, ero sempre al lavoro per cercare di prendere la decisione giusta".

"Momenti difficilissimi"

Un compito non semplice, per un amministratore. "E’ stato difficilissimo - ha ammesso - Ogni decisione doveva essere quella giusta e doveva arrivare nel momento giusto". Le immagini delle strade deserte, dei negozi con le saracinesche abbassate, del Parco chiuso, le ha ancora sotto gli occhi. "Una città spettrale, ma dietro le mura delle proprie case, i monzesi hanno saputo essere straordinari. Mi scrivevano per sapere come avrebbero potuto fare per rendersi utili, hanno donato laddove c’era bisogno".

In estate, una piccola tregua. Poi (soprattutto dopo Ferragosto, «quando in molti sono tornati dalle vacanze all’estero riportandoci qui il Covid»), la situazione è precipitata. E’ stato in autunno, infatti, che Monza ha pagato il suo tributo più pesante. "Se durante la prima ondata la maggior parte delle persone ricoverate al San Gerardo, arrivava da Bergamo, Brescia e Lodi, in autunno la situazione si è capovolta. Durante il picco della primavera abbiamo avuto un massimo di 603 persone ricoverate, delle quali l’80 per cento arrivava da altre province, tra ottobre e novembre la percentuale si è ribaltata e su un picco di 504 ricoveri, l’85 per cento arrivava da Monza o dalla Brianza. Da un certo punto di vista eravamo più preparati, perché avevamo mascherine, tamponi e le conoscenze dettate dall’esperienza. Ma certo non ci saremmo mai aspettati un’ondata così violenta".

"Coi vaccini si può iniziare a sperare"

Ondata che, prosegue Dario Allevi, "non è ancora finita". «Se tra giugno e luglio abbiamo potuto tirare un mezzo sospiro di sollievo, quest’inverno non lo abbiamo potuto fare. I ricoveri si sono mantenuti in media piuttosto alti e ora stiamo vivendo quella che io chiamo la coda della seconda ondata". La luce in fondo al tunnel, però, c’è. "Certo, è ancora molto lontana, ma l’arrivo del vaccino ha rappresentato davvero una speranza che, fino a pochi mesi sembrava decisamente più remota".

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