Una vita per la giustizia

Va in pensione Salvatore Bellomo, il magistrato delle maxi inchieste

Da Briantenopea e Clean City, alla lotta contro la 'ndrangheta: "Lascio dopo 40 anni"

Va in pensione Salvatore Bellomo, il magistrato delle maxi inchieste
Pubblicato:

Si è sempre definito siciliano di «Enna Brianza». A Salvatore Bellomo non ha mai fatto difetto l’umorismo. Un rimedio quello dell’ironia, da considerare imprescindibile per fare fronte allo stress accumulato in anni di inchieste in prima linea, contro trafficanti di droga, malavita organizzata, rapinatori, corruzione e malaffare negli affari pubblici.

Salvatore Bellomo va in pensione

Ora però è arrivato il tempo di passare la mano. Il veterano dei pubblici ministeri lascia Monza dopo praticamente 40 anni di servizio, tra inchieste, arresti, processi. Una vita con la toga vissuta in prima linea. Bellomo ha preso possesso dell’incarico nel dicembre 1987, due anni prima della riforma del codice di procedura penale, che ha segnato una svolta epocale, segnando il passaggio dal processo inquisitorio a quello accusatorio, e quindi un cambiamento del ruolo del pubblico ministero. Da parte sua si è sempre sentita una frase ricorrente, nei corridoi del palazzo: «Basta, sono stanco, dopo questa mi ritiro». Ma si sono rivelate sempre parole al vento. A farlo abbandonare in realtà, sono stati i sopraggiunti limiti di età.

Lascia dopo 40 anni dedicati alla giustizia

Di lui, al di là dei modi schietti e, quando serviva, decisi, si ricordano le valanghe di arresti, retate, scandali di malaffare portati alla luce del sole. Negli anni sono davvero numerose le operazioni delle forze dell’ordine avvenute sotto il suo coordinamento. C’è stato il periodo dei maxiblitz antidroga contro trafficanti di peso attivi in Brianza, e nell’hinterland nord milanese, tra sequestri di stupefacente, armi, soldi, beni di lusso, immobili.

Le maxi inchieste

L’Operazione Ambrosiana, Sunrise (citata anche dalla Commissione parlamentare antimafia) con decine di arresti in Brianza per usura, estorsione, droga, sono solo i primi nomi che vengono alla mente. Sono gli anni della scoperta di un micidiale arsenale di armi da guerra nascosto in un carrello da campeggio e nascosto in un garage di un’anonima palazzina di Seregno, riferibile in realtà a Salvatore Mancuso, esponente dell’omonima famiglia calabrese di Limbadi, conosciuta in tutto il mondo per attività dello spaccio di droga gestito nei porti del sud e in America latina. Prima ancora, la parte finale degli ottanta e i novanta, ci furono delle faide nel vimercatese e delle sparatorie, della malavita aggressiva.
«A fine anni ottanta la Brianza e la periferia milanese (il territorio della procura di Monza comprende anche la parte nord dell’hinterland ndr) erano terra di conquista sotto tanti profili. Le radici delle mafie avevano già attecchito. Ricordo le infiltrazioni di Cosa Nostra a Sesto e Cinsello, mentre la ‘ndrangheta era ancora sotto traccia – racconta - Potrà sembrare un’esagerazione, in questi termini, ma davvero si raccoglievano i morti per strada. Non era solo malavita organizzata; la cosiddetta criminalità comune era molto agguerrita e pericolosa. Ricordo La Faida del Gargano e il sangue versato negli anni novanta nelle zone del vimercatese, per la quale mi assegnarono la scorta. Le rapine, i traffici di droga, o la ex Snia, quell’enorme area industriale che si estende su più comuni in Brianza, ribattezzata ‘il cimitero della mala’. A seconda della zona in cui trovavano il cadavere, la competenza passava a me o a Milano. Ricordo la banda degli incappucciati, un gruppo stupratori che aveva seminato il terrore tra la bassa lombarda e che colpì anche in Brianza».

La lotta alla 'ndrangheta

C’è stato il lavoro di anni contro la ‘ndrangheta del monzese, attiva, agguerrita e forte soprattutto nel triangolo Desio, Seregno, Giussano. Un’inchiesta in trincea sfociata nella madre di tutte le operazioni, quella dell’indagine Crimine-Infinito, di cui Bellomo ha coordinato la parte brianzola. «L’indagine Infinito ha dato forma a quello che emergeva in anni di inchieste precedenti su traffici di droga, o casi di estorsione, o usura. C’era sempre la sensazione che ci fosse altro dietro, ma non gli si dava la forma. Ho vissuto anni nelle caserme di Desio e Seregno. Oggi le mafia hanno cambiato strategia. Sicuramente dei colpi duri li hanno subiti, in questi anni ma c’è da fare attenzione all’ascesa delle organizzazioni straniere».

Briantenopea e Clean City

Ci sono altre indagini che hanno svelato le attività di una banda di malavitosi di origine campana, e la sua influenza in comune a Monza (Briantenopea). Quella che ha alzato il velo sulla corruzione nel mondo degli appalti per i servizi ambientali in città (Clean City). La prima aveva portato in carcere il napoletano Giuseppe Esposito, detto Peppe o’ Curt e l’ex assessore monzese Pdl al Patrimonio e all’Ambiente Giovanni Antonicelli. Lì è partita anche l’inchiesta Clean City per corruzione sugli appalti pubblici per i rifiuti in odore di tangenti della Sangalli & C., dove Bellomo si è anche occupato di rimettere in piedi la società con amministratore e custode giudiziario per salvare i dipendenti, dopo che le banche volevano fare marcia indietro.

"Attenzione alle gang giovanili"

Tutto sino ai «botti», degli anni recenti. Dall’indagine sul malaffare a Seregno, che ha portato agli arresti domiciliari il sindaco, a Domus Aurea, sulla colossale bancarotta del Gruppo Malaspina, che ha fatto tremare diversi professionisti del vimercatese. Inchieste vissute fianco a fianco con le forze dell’ordine, che lo hanno sempre considerano un po’ come uno di loro. Bellomo è stato inoltre uno dei primi in Italia a chiedere nel 1991 il programma di collaborazione dei pentiti per sgominare con le operazioni «Arcobaleno»e poi «Iride» una banda specializzata in rapine commesse in banche, uffici postali, gioiellerie e supermercati in Brianza e mezza Lombardia che aveva portato a 44 arresti. «Lascio dopo 40 anni, con il pensiero a tante persone fondamentali nella mia vita. Mia madre, che mi ha convinto a provare il concorso in magistratura, mia moglie che mi è stata a fianco quando facevo praticamente vita da caserma e quando avevo la scorta sotto casa. La polizia giudiziaria con cui ho avuto l’onore di lavorare. Pino Airò e Walter Mapelli (entrambi scomparsi prematuramente) a cui mi legava amicizia fraterna», ha detto ai tanti che hanno partecipato al suo saluto. Ora lascia un territorio più tranquillo, con il numero dei reati in calo, anche se lancia un monito: «Attenzione alla criminalità economica, e al fenomeno delle gang giovanili, un fenomeno che rischia davvero di esplodere».

Necrologie